DI GABRIELE VENTURA
L’obbligatorietà della mediazione non è prevista dalla legge delega (69/09) né tantomeno la consiglia l’Europa. Per questo la Corte costituzionale ha bocciato il dlgs n. 28/2010, laddove prevede, per una serie di controversie civili e commerciali, l’esperimento del tentativo di mediazione come vincolo di procedibilità. È quanto emerge dalla lettura delle motivazioni della sentenza n. 272/2012 della Consulta, depositate ieri, che, con decisione del 24 ottobre scorso (diffusa con comunicato stampa) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, del dlgs. n. 28/2010, per violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione. Dalla prossima pubblicazione della sentenza in Gazzetta Uffi ciale, quindi, la mediazione sarà facoltativa, come specifi cato anche dal ministero della giustizia tramite circolare il 12 novembre scorso, e crolleranno così le fondamenta dell’istituto entrato in vigore il 21 marzo scorso. Unica speranza, per i quasi mille organismi di conciliazione, resta un futuro intervento governativo, reso possibile dal fatto che la Consulta si sofferma esclusivamente sul vizio formale derivante dall’eccesso di delega, facendo anche un richiamo ai principi dettati dall’Europa in tema di mediazione, ma senza entrare nel merito della disciplina. L’eccesso di delega. Secondo la Consulta, che prende in considerazione otto ordinanze di rimessione (giudice di pace di Parma, Tar Lazio, due del giudice di pace di Catanzaro, giudice di pace di Recco, di Salerno, tribunale di Torino e tribunale di Genova), «il denunciato eccesso di delega sussiste, in relazione al carattere obbligatorio dell’istituto di conciliazione e alla conseguente strutturazione della relativa procedura come condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie di cui all’art. 5, comma 1, del dlgs n. 28 del 2010. La legge delega, infatti (n. 69/09) «tra i principi e i criteri direttivi di cui all’art. 60, comma 3, non esplicita in alcun modo la previsione del carattere obbligatorio della mediazione fi – nalizzata alla conciliazione. Sul punto l’art. 60 della legge n. 69 del 2009, che per altri aspetti dell’istituto si rivela abbastanza dettagliato, risulta del tutto silente». «Eppure», specifi ca la Corte, «non si può certo ritenere che l’omissione riguardi un aspetto secondario o marginale. Al contrario, la scelta del modello di mediazione costituisce un profi lo centrale nella disciplina dell’istituto, come risulta sia dall’ampio dibattito dottrinale svoltosi in proposito, sia dai lavori parlamentari durante i quali il tema dell’obbligatorietà o meno della mediazione fu più volte discusso». Oltretutto, «tale vizio non potrebbe essere superato considerando la norma introdotta dal legislatore delegato come un coerente sviluppo e completamento delle scelte espresse dal delegante, perché in realtà con il censurato art. 5, comma 1, si è posto in essere un istituto che non soltanto è privo di riferimenti ai principi e criteri della delega ma, almeno in due punti, contrasta con la concezione della mediazione come imposta dalla normativa delegata». Cosa dice l’Europa. La Consulta si sofferma poi sulla disciplina europea, che non costituisce un appoggio per l’obbligatorietà. Sia la legge delega sia il dlgs n. 28/2010, infatti, si richiamano al rispetto e alla coerenza con la normativa Ue. Ma dalla ricognizione della Corte emerge che «dai richiamati atti dell’Unione europea non si desume alcuna esplicita o implicita opzione a favore del carattere obbligatorio dell’istituto della mediazione». «Il diritto dell’Unione», si legge nelle motivazioni, «disciplina le modalità con le quali il procedimento può essere strutturato ma non impone e nemmeno consiglia l’adozione del modello obbligatorio. Ne deriva che l’opzione a favore del modello di mediazione obbligatoria, operata dalla normativa censurata, non può trovare fondamento nella citata disciplina».