Pagina a cura DI DUILIO LUI
La principale preoccupazione per il sistema economico internazionale, nel 2013, sarà legata alle insolvenze. Cioè all’incapacità delle aziende debitrici di onorare le obbligazioni contratte. Situazione che porta, quando i creditori si rivolgono al tribunale fallimentare, al fallimento dell’impresa stessa. A delineare lo scenario è uno studio realizzato da Euler Hermes (società di assicurazione del credito del gruppo Allianz), che Italia Oggi Sette è in grado di anticipare, secondo il quale non si può ancora parlare di inversione di rotta verso la ripresa. Anche se c’è molta differenza da paese a paese. Scenario in peggioramento. Nel suo complesso, il 2012 dovrebbe chiudersi con il Global Index Insolvenze in crescita del 4%, a indicare un deterioramento della capacità di pagamento, dopo un biennio di moderate cadute (-10% complessivo nel 2010 e nel 2011), che ha fatto seguito all’impennata dei fallimenti visti tra il 2007 e il 2009 (+58% nel complesso). E le cose dovrebbero ulteriormente peggiorare nel 2013, con la stima di un incremento delle insolvenze nell’ordine del 3% (+4,6% a considerare i soli paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo). Se il quadro generale indica un tendenziale peggioramento del quadro relativo alle insolvenze, analizzando in profondità la ricerca emergono sensibili differenze tra i vari paesi. Il trend delle insolvenze risulta in miglioramento in Francia, Paesi Bassi, Russia, Svezia e Brasile, mentre il trend al rialzo prosegue in Italia, Australia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Spagna e Svezia. Più in generale, il grande malato resta l’Eurozona (+17% a livello annuale), in particolare a causa dell’impatto dei paesi mediterranei (4,6 punti a +27%), che, nel loro insieme, hanno registrato nel primo semestre un tasso di insolvenza record, dopo cinque anni consecutivi di insolvenze in aumento. Al contrario, i dati annuali di insolvenza sono attesi in leggera discesa in Asia (-1%) e in forte calo nel continente americano (-9%, con gli Stati Uniti a -10% e il Brasile a +28%). Ripresa nel secondo semestre. Le prospettive economiche per il 2013 non suggeriscono alcun miglioramento generale sul fronte delle insolvenze mondiali, spiegano gli autori dello studio, con il ritorno alla crescita previsto solo nella seconda parte del 2013, in particolare nella zona euro che non sarà in grado di produrre effetti visibili sul tessuto economico nel corso del prossimo anno visto nel suo insieme. Così nel 2013 il Global Insolvency Index di Euler Hermes dovrebbe mostrare un aumento del 3% rispetto a un anno già diffi cile come quello che sta per concludersi, per raggiungere un totale di fallimenti a quota 327 mila, un dato in forte crescita rispetto al 2007 (ultimo anno pre-crisi), quando era stata toccata quota 250 mila, ma meglio del picco negativo del 2009, quando era stato toccato il livello di 345.800 fallimenti. Pil in caduta libera per l’Italia. Un capitolo della ricerca è riservato all’evoluzione del prodotto interno lordo tra l’inizio del 2008 e la metà del 2012, un indicatore utile a capire quanto la grande crisi ha impattato sulle economie nazionali. Anche in questo caso il dato principale che salta all’occhio è relativo alle grandi differenze che si registrano tra le varie aree del globo. L’Italia spicca in negativo in questa classifi ca, con una contrazione della ricchezza pari al 6,9%; peggio di noi hanno fatto solo l’Irlanda e la Grecia, in calo rispettivamente del 7,2 e dell’11,2%. L’Eurozona nel suo complesso ha lasciato sul terreno il 2,4%, un calo tutto sommato contenuto se si considerano le difficoltà che l’area ha dovuto affrontare in questi anni. Il merito è soprattutto della Germania (+1,7%), che ha benefi ciato non solo della forte vocazione delle sue imprese all’export, e in particolare il legame con la Cina, ma anche di ridotti tassi di fi nanziamento per il suo settore produttivo, considerato che la fuga dal rischio degli investitori internazionali ha portato i rendimenti delle emissioni sovrane tedesche in terreno negativo (almeno per le scadenze a breve e medio termine). Ha tenuto la Francia (-0,8%), mentre le cose sono andate peggio nel Regno Unito (-4,3%) e in Spagna (-5,4%). All’estremo opposto, è cresciuto sensibilmente il Pil dell’Australia (+9,2%), che ha staccato la Svezia (+5,2%) e la Norvegia (+4,9%). Gli Stati Uniti hanno fatto poco meglio della Germania (+2,2%), mentre il Giappone ha confermato le sue difficoltà strutturali cedendo l’1,9%. © Riproduzione riservata