LAVORI IN CORSO L’industria del risparmio gestito si attiva per sostenere il debito italiano. A fare da apripista è stata Azimut che la lanciato una nuova iniziativa: per la prima volta in Italia ha presentato un fondo che investe soltanto in titoli di Stato italiani e che punta a rendimenti tra il 7 e l’8 per cento. E per l’occasione ha deciso di dimezzare anche le commissioni di gestione, che passano dall’1,2 allo 0,6 per cento. Il fondo, denominato Solidity, in segno di fiducia del sistema Italia, «risponde alla forte domanda avanzata dai clienti affinchè Azimut partecipasse a un’iniziativa a sostegno del Paese», commenta Pietro Giuliani, presidente e ad del gruppo, che si attende di raccogliere, con questo prodotto, qualche centinaio di milioni di euro. «E risponde – aggiunge Giuliani – a un’analoga sollecitazione espressa qualche settimana fa dal presidente di Assogestioni, Domenico Siniscalco», che in occasione di un incontro con le associate aveva invitato i gestori a incrementare il peso dei titoli di Stato, e in particolare di Btp, nei propri portafogli. Dal canto suo, la stessa Assogestioni propone di introdurre, nel sistema di classificazione dei fondi, una categoria denominata «Fondi obbligazionari Italia» riservata, a quei prodotti che investono la maggior parte delle proprie risorse (70%) in emittenti del nostro Paese e che si specializzano, in alternativa, nelle emissioni del Tesoro ovvero in quelle delle imprese nazionali (banche o altri emittenti corporate). Possibile, quindi, che anche altre società del risparmio, nei prossimi giorni, escano allo scoperto con strumenti simili a quello lanciato da Azimut, che in sole due settimane ha rivisto la politica di gestione di un fondo già esistente, modificandone il pricing e il relativo portafoglio.
«Non abbiamo intenzione di realizzare un prodotto simile, ma stiamo per lanciare un nuovo comparto che si chiamerà Target e avrà come obiettivo quello di distribuire un alto dividendo, perché in questa particolare situazione finanziaria ci sono le condizioni ideali per investire in obbligazioni corporate investment grade, con cedole e rendimenti elevatissimi», anticipa a B&F, Davide Pasquali, presidente di Pharus Sicav. L’attuale situazione Italiana è molto delicata e nessuno ha la certezza di come se ne potrà uscire. «Quello che notiamo è che adesso c’è il giusto premio per il rischio, infatti fino a qualche mese fa i titoli di Stato italiani rendevano 120-140 basis point sopra il Bund, mentre ora rendono circa 500 punti base», aggiunge Pasquali, che da poco è tornato a investire sui titoli di Stato italiani «Abbiamo effettuato dopo anni qualche investimento in Btp sulle scadenze brevi, 4-6 mesi, perché riteniamo che non ci sia la probalità di un default dell’Italia nel breve periodo, ma sul lungo termine non ci sbilanciamo per il momento», prosegue il presidente di Pharus Sicav, che poi aggiunge che gli unici titoli di Stato italiani a lunga scadenza che hanno comperato sono i «Btp strippati, che di fatto sono degli zero coupon che a fronte di un investimento nominale elevato richiedono investimenti finanziari molto minori».
Anche Sella Gestioni sta guardando con estrema attenzione al movimento che sta partendo e sta ragionando se fare dei cambi di denominazione di fondi già esistenti o lanciare una campagna di comunicazione per dare maggiore rilievo alla italianità della mission della stessa Sgr. «Nei nostri fondi obbligazionari abbiamo importanti investime nti sui titoli di Stato italiani che riflettono la nostra convinzione che, nonostante la fase complicata dei mercati, ci sono profili di rischio/rendimento interessanti che vogliamo cogliere», dichiara Leonardo Cervelli, direttore commerciale di Sella Gestioni, che invita a effettuare un ragionamento più ampio sull’andamento del risparmio gestito in Italia e soprattutto sulla perdita di flussi delle Sgr domestiche. «Negli ultimi anni, il risparmio degli italiani è stato canalizzato su una pluralità di prodotti, soprattutto esteri, che hanno un atteggiamento meno partecipativo di quelli italiani sull’inserimento di titoli del debito nazionale all’interno dei loro portafogli», conclude Cervelli.