Marina Calderone. Il presidente del Cup e del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro ha puntato il dito contro i continui attacchi alle professioni da parte del governo Berlusconi prima e Monti poi. «Nelle ultime quattro manovre», ha detto, «gli ordini professionali sono stati sempre sotto attacco. Prima avevamo in corso un progetto di riforma con il ministero della giustizia, poi da luglio è iniziato un percorso diverso e gli ordini hanno iniziato a essere considerati non più come una risorsa per l’economia del paese ma come qualcosa di imbarazzante per l’assetto normativo italiano». «Basti pensare», ha continuato, «al tema delle tariffe professionali, affrontato fino a oggi solamente in chiave ideologica, e oltretutto come se esistesse ancora qualcosa che invece era stato già abolito dal decreto Bersani, e mi riferisco alle tariffe minime. Da tempo chiediamo una riforma delle professioni che dia una spinta di crescita decisiva al nostro comparto, ma prima bisogna sgombrare il campo dalle posizioni ideologiche». Sulle società tra professionisti, invece, Calderone ha evidenziato che «il socio di capitale è un grosso rischio, perché in questo modo le imprese possono fare shopping all’interno del mercato professionale.
Claudio Siciliotti. Secondo il presidente del Cndcec, invece, la riforma delle professioni esiste già ed è contenuta nella manovra bis. Ora si tratta di attuarla. «È necessario specificare che la riforma delle professioni già è stata scritta», ha detto, «e sono i principi indicati dalla manovra di agosto. Ma la riforma non si può completare né intimando agli ordini di farla, né minacciando di abrogare gli ordinamenti professionali. L’ultima previsione diciamo che allontana questo spauracchio, a questo punto bisogna mettere in pratica quanto previsto dalla manovra bis». «Quello che manca invece è la disciplina delle società tra professionisti», ha sottolineato, «e a questo riguardo ribadiamo la nostra contrarietà al socio di capitale di maggioranza. In questo modo si vuole permettere alle imprese di entrare nel mondo delle professioni. In più, la disciplina sulle società tra professionisti permette in questo momento a un soggetto radiato dall’ordine di aprire uno studio professionale, e questo è molto pericoloso». «Riguardo invece alla possibilità di una riforma delle professioni ben più drastica in futuro», ha concluso Siciliotti, «è chiaro che il rischio esiste ma non vedo proprio come il governo possa spingersi oltre quanto già fatto senza snaturare o abolire gli ordini. Noi comunque resteremo vigili».
Gaetano Stella. Il presidente di Confprofessioni ha confermato come il mercato professionale sia in questo momento «molto appetibile dagli altri poteri del sistema economico». «Una problematica, per esempio», ha spiegato, «è legata alle professioni non regolamentate che spingono per ottenere una disciplina utilizzando magari il vessillo delle liberalizzazioni per scardinare il sistema delle professioni. Detto questo, le ultime previsioni dimostrano come ormai tutti abbiano compreso che abolire gli ordini non è una mossa che va a vantaggio dei cittadini». Sulle previsioni che riguardano le Casse di previdenza, invece, a parere di Stella «il ministro Fornero deve assolutamente chiarire se il suo obiettivo è unicamente quello della sostenibilità di lungo periodo delle casse di previdenza o altro. A questo proposito posso testimoniare che le associazioni sanitarie sono molto preoccupate per il futuro delle proprie casse».
Maurizio de Tilla. Il presidente dell’Oua ha manifestato grande preoccupazione per tutti gli interventi del governo Monti, sia sulle professioni, sia sulle Casse di previdenza. «Le Casse possono contare nel bilancio tecnico sia sulle entrate contributive sia su quelle patrimoniali, se viene esclusa una delle due voci è chiaro che nessun Ente sarà in grado di garantire la sostenibilità a 50 anni entro giugno. In questo modo sembra che il governo voglia mettere mano sul patrimonio delle Casse, e per scongiurare questa ipotesi dovrà correggere il tiro. Quanto alle professioni, gli ordini uniti si devono ribellare contro l’Esecutivo e scendere in piazza come avevano fatto nel 2006 all’indomani del decreto Bersani».
Elio Lannutti. Il senatore dell’Italia dei Valori ha affrontato il discorso del sistema disciplinare degli ordini professionali, esprimendo la propria contrarietà sul modo in cui viene oggi esercitato. «In troppi casi la potestà disciplinare non viene esercitata, quindi è necessario un intervento che la renda realmente effettiva».
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