di Bianca Pascotto
Sono poche le vie di fuga concesse al detentore di un bene che sia stato il mezzo o l’occasione di un danno.
Il danno provocato da cose in custodia è oggetto di quotidiane pronunce giurisprudenziali e le fattispecie alla ribalta, pur diverse e variegate, sono tutte accomunate da un unico comune denominatore: la difficile prova liberatoria che incombe al custode per la responsabilità oggettiva posta a suo carico.
Perché è noto che detta prova liberatoria è tanto univoca quanto esclusiva: il custode deve dimostrare in concreto che il danno è stato provocato da un fattore esterno, imprevedibile, inevitabile e del tutto estraneo all’ambito/sfera del suo controllo sul bene.
Il “fattore esterno” è stato individuato dalla giurisprudenza in un elemento naturale, nella condotta del danneggiato e anche nella condotta di un terzo.
Ed è quest’ultima fattispecie che ha interessato la Corte di Cassazione, pronunciatasi nel settembre di quest’anno[1].
LA VICENDA
CONTENUTO A PAGAMENTOIl contenuto integrale di questo articolo è visualizzabile solo dagli abbonati a Non sei abbonato?
Scopri i piani di abbonamento
Sei già abbonato? Effettua il login nel modulo sottostante
© Riproduzione riservata