Il comparto assicurativo lamenta una eccessiva penalizzazione dal Ddl Bilancio. Lo ha ribadito mercoledì scorso la presidente Maria Bianca Farina in occasione dell’audizione presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato.
Il disegno di legge di bilancio 2025 – ricorda Farina – prevede un intervento di revisione complessiva e di limitazione delle detrazioni IRPEF. Tra le detrazioni oggetto di tale intervento rientrano anche quelle destinate ai contraenti di polizze assicurative per caso morte, invalidità permanente, long term care, oltre alla detrazione concessa per le polizze contro il rischio di eventi calamitosi sulle abitazioni.
“Questo giro di vite sugli incentivi – peraltro già modesti, considerati i tetti attuali dei premi detraibili dall’IRPEF – non è giustificato dato che colpisce sia le coperture degli individui con finalità previdenziali e/o assistenziali, in presenza di un sistema di welfare che avrebbe invece bisogno di essere rafforzato, sia gli incentivi per la protezione del patrimonio abitativo, sempre più vulnerabile agli eventi climatici estremi, come tristemente confermato da episodi recentissimi” sottolinea Farina che ammette che “facciamo fatica a comprendere perché il nostro sia stato il settore maggiormente impattato dal ddl in esame; ciò a maggior ragione se consideriamo che solo ora il ramo vita sta uscendo da una congiuntura fortemente negativa e che, nei rami danni, registriamo risultati modesti, quando non negativi”.
Le previsioni dell’art. 3 si applicano anche al settore assicurativo, sia pure con un impatto economico limitato. In particolare, si applicano al settore sia i commi 1 e 2, relativamente alle rettifiche di valore e svalutazioni dei crediti verso gli assicurati per premi, sia il comma 3, relativamente al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali a fronte del quale sono state iscritte in bilancio DTA. Tali misure presentano, comunque, natura temporanea, con effetti destinati a riassorbirsi al più tardi entro il 2029.
In aggiunta, la manovra prevede all’articolo 11 interventi pesanti a carico esclusivo del comparto assicurativo. In particolare, si interviene sulle modalità di versamento dell’imposta di bollo sulle comunicazioni periodiche alla clientela emesse dalle imprese di assicurazioni relativamente alle polizze sulla vita dei rami III e V.
Questa misura non è stata condivisa preliminarmente con l’industria. In particolare, Farina lamenta che la norma prevede al comma 1 che a partire dal 2025 l’imposta di bollo sia dovuta annualmente, ma il relativo ammontare deve essere versato ogni anno non dagli assicurati, come avviene per tutti gli altri strumenti finanziari (dai depositi bancari ai fondi comuni), ma dalle imprese di assicurazione. Soltanto alla scadenza del contratto o al momento del riscatto l’importo anticipato – che è infruttifero – sarà “computato in diminuzione della prestazione erogata”.
La misura prevista al comma 1 ha carattere permanente perché, a meno che le compagnie non interrompano l’offerta di questi prodotti, avranno sempre un credito infruttifero nei confronti degli assicurati, che con le attuali cifre è pari a 2,5 miliardi. Se poi il business dovesse crescere del 10% all’anno, come è avvenuto negli ultimi dieci anni, il debito degli assicurati e (il nostro corrispondente credito) arriverebbe a superare i 5 miliardi di euro nel 2034 e rimarrebbe tale, sempre a parità di nuova produzione, fino alla chiusura dell’attività di commercializzazione di questi prodotti da parte delle compagnie assicurative, spiega Farina.
Il comma 2 interviene sull’importo dell’imposta di bollo maturato fino al 31 dicembre 2024 relativamente alle comunicazioni periodiche riferite a contratti assicurativi in essere alla medesima data. Per tale importo viene previsto un meccanismo di versamento – sempre a carico delle imprese di assicurazione e analogo a quello del comma 1 – secondo le seguenti modalità: 50% nel 2025; 20% nel 2026; 20% nel 2027; 10% nel 2028.
Nella relazione tecnica è stimato essere pari a 1.883 milioni l’importo del bollo maturato e, quindi, l’impatto sui conti pubblici del 2025 stimato in 970 milioni deriverebbe in larghissima parte dall’effetto delle previsioni del comma 2.
Le stime ANIA dell’impatto sono invece più elevate: il valore del predetto stock alla fine del 2024 sarebbe nell’ordine dei 2.500 milioni.
ANIA ribadisce la richiesta che la misura abbia davvero un carattere “temporaneo”, limitandosi all’anticipo di quanto dovuto dagli assicurati al fisco per gli anni trascorsi dei contratti attualmente in vigore.
Farina sottolinea anche che le compagnie assicurative vita da ormai oltre vent’anni risultano obbligate a un’anticipazione infruttifera di liquidità, particolarmente onerosa, in favore dell’Erario a causa del credito maturato, e con complesse e incerte modalità di recupero, per l’imposta sulle riserve matematiche (“IRM”), che ha raggiunto un ammontare, di 9,7 miliardi.
“Per questi motivi, considerato che il semplice recupero dello stock del bollo accumulato al 31 dicembre 2024 permetterebbe al Governo di ricevere una cifra largamente superiore a quella stimata nella relazione tecnica in ciascuno dei prossimi quattro anni, si chiede di valutare lo stralcio del meccanismo previsto, a regime, dal comma 1. In alternativa, dovrebbe essere reso chiaro che, almeno con riferimento al meccanismo previsto dal comma 1, l’ammontare corrispondente all’imposta di bollo versato annualmente dall’impresa di assicurazione debba essere computato in diminuzione della prestazione spettante al beneficiario. Ciò si potrebbe ottenere riducendo le riserve matematiche senza richiedere provvista specifica all’assicurato” conclude Farina.