Quanto pesa l’aumento dei prezzi sulla tenuta sociale e su quella del ceto medio, in vista degli appuntamenti elettorali del 2024? Il costo della vita sta esacerbando il rischio sociale a livello globale e sta ulteriormente ampliando il divario tra economie avanzate e mercati emergenti.
Quest’anno l’Indice di Resilienza Sociale (SRI) calcolato da Allianz Trade testimonia come sia aumentato il valore relativo alla vulnerabilità complessiva dei 185 Paesi analizzati. Si tratta di un indice che combina 12 indicatori di misurazione economica e sociale. La vulnerabilità è aumentata dal fatto che il valore complessivo di questo indice è diminuito di 2,1 punti rispetto ai 45,7 di dicembre 2021. Questo risultato è in gran parte condizionato dalla svalutazione dei mercati emergenti, dall’aumento dei costi di importazione del cibo e del carburante in percentuale al PIL e dal calo della partecipazione complessiva alla forza lavoro.
Risposte fiscali differenziate
Il divario nella resilienza sociale si è ampliato anche a causa delle risposte (fiscali) differenziate tra i diversi Paesi che hanno avuto un differente impatto sul costo della vita e sulla crisi energetica.
La Danimarca è nuovamente in cima a questa speciale classifica, seguita da Finlandia (+3, rispetto al 2021) e Svizzera (+1). L’America Latina è l’unica regione che fa riscontrare un calo del rischio sociale negli ultimi due anni e si colloca ora meglio dell’Asia emergente. Al contempo i Paesi importatori netti di cibo e benzina hanno registrato i maggiori aumenti del rischio sociale perché sono quelli più in difficoltà a controllare la propria stabilità alimentare, specialmente se anche la valuta nazionale è storicamente debole. Allo stesso tempo gli esportatori di materie prime sono balzati in classifica, come gli Emirati Arabi Uniti (undicesimo in classifica, +31), o il Qatar (diciassettesimo, +7).
I risvolti politici
La conflittualità è in aumento e ciò potrebbe influenzare il fitto calendario elettorale del 2024 e potrebbe preparare il terreno per l’aumento del rischio sociale e la crescita dei movimenti populisti. L’aumento dei disordini ha ripercussioni economiche, perché è in grado di bloccare gli investimenti privati necessari alle infrastrutture. Il 75% del PIL globale va infatti al voto il prossimo anno, tra cui gli Stati Uniti, l’Unione europea e l’India. Ci sono alcuni Paesi da tenere d’occhio come Senegal e Ghana, con un rischio sociale già elevato e un recente aumento dei disordini.
Guardando in prospettiva al di là di solide politiche economiche e di redistribuzione, l’aumento dell’indice di resilienza sociale significa maggiore partecipazione civica e maggiori capacità politiche di gestire la rivoluzione dell’intelligenza artificiale che può portare alla perdita di posti di lavoro. I governi hanno iniziato a introdurre regole per evitare la disoccupazione tecnologica e proteggersi da altri rischi che potrebbero compromettere la stabilità sociale. Ma le economie dovranno adattarsi per tenere il passo con lo sviluppo tecnologico. Le conseguenti tensioni globali sull’approvvigionamento di cibo ed energia nel 2022-2023 ha portato ad un aumento dei prezzi in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi importatori netti di prodotti alimentari. Il successivo rallentamento economico ha fatto aumentare la disoccupazione. L’aumento dei tassi di interesse ufficiali negli Stati Uniti e altre economie avanzate per combattere l’inflazione galoppante hanno innescato il deprezzamento della valuta nella maggior parte delle economie, soprattutto nei mercati emergenti.
Il rischio sistemico
Dopo un periodo di luna di miele dal 2015 al 2021, compresi i primi 18 mesi dell’emergenza Covid-19, il rischio sociale sistemico è aumentato anche nelle economie avanzate. Durante la pandemia i prezzi relativamente stabili di cibo e carburante, insieme a massicci stimoli fiscali, hanno mantenuto una certa coesione sociale. Ma mentre lo stimolo fiscale è rimasto sostanziale nell’ultimo anno la spesa sociale in percentuale del PIL non è aumentata, anzi. La Germania è scesa al nono posto nel 2023 rispetto al settimo del 2021 (1,9 punti a un punteggio di 77,0). La Francia è salita in classifica al tredicesimo posto, anche se il suo punteggio è sceso di 0,5 punti a 72.
La situazione italiana
L’Italia scala tre posizioni nella classifica degli indicatori di rischio sociale posizionandosi alla 31esima posizione e raggiunge il Giappone, ma rimane fanalino di coda tra i principali paesi UE, sopravanzata anche dalla Polonia. Tra le principali criticità per il Belpaese, spiccano la bassa partecipazione al lavoro in diverse regioni e per genere e la crescita del Pil, che dopo un riavvio post-pandemico a ritmo accelerato rispetto ai partner europei, potrebbe tornare a ridursi nei prossimi trimestri di pari passo alla capacità di finanziare famiglie e imprese. Al contempo, l’agitazione sociale nel Paese, intesa come manifestazioni pubbliche e dimostrazioni anche violente di discontento, si è ridotta del 56% nei primi nove mesi del 2023 rispetto alla media degli anni 2019-2022.