Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Una compagnia di assicurazioni ha diritto di accedere al contenuto delle telefonate effettuate alla centrale operativa di una Azienda Sanitaria concernenti un incidente. Lo ha sancito il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia – Brescia, Sezione prima, con la sentenza del 30 ottobre 2023, numero 802.
L’esser prestanome non salva dalla condanna per reati ambientali e di salute e sicurezza sul lavoro. Anche l’amministratore di diritto, infatti, può rispondere di quanto commesso dall’amministratore di fatto di una società se omette il doveroso controllo sulle attività di quest’ultimo. La colpevolezza del cosiddetto prestanome, in questi casi, non fonda su una responsabilità oggettiva (per il solo fatto, cioè, di ricoprire una carica formale), ma sull’assunzione consapevole della carica di amministratore e sui conseguenti obblighi che gravano sulla stessa.
I singoli condòmini sono risarciti dai tecnici anche se è prescritto il delitto di falso ideologico ascritto ai professionisti che si sono succeduti alla guida dei lavori nell’edificio. Compie reato, infatti, il direttore dei lavori che in sede di collaudo certifica opere che sono state fatte apparire come già esistenti nell’immobile al momento in cui è stata presentata la Scia, la segnalazione certificata di inizio attività necessaria per l’intervento edilizio. Saranno dunque liquidati in sede civile i danni patiti dai tre proprietari esclusivi degli appartamenti, costituitisi parti civili nel processo penale, dopo i lavori protrattisi per anni nello storico palazzo del centro cittadino: dalla ricostruzione dei fatti compiuta dai giudici del merito emerge comunque una prova, per quanto sommaria, che sussiste un danno risarcibile. I professionisti hanno attestato la conformità al titolo di interventi in realtà non autorizzati. È quanto emerge dalla sentenza 43299/23, pubblicata il 3 novembre dalla quinta sezione penale della Cassazione.
A livello globale, nei primi sei mesi di quest’anno, sono stati registrati 1.382 attacchi, il numero più alto di sempre. Di fatto si tratta di un rallentamento della crescita di attacchi, che si ferma all’11% rispetto al 21% del 2022. In controtendenza, però, è l’Italia: nel primo semestre c’è stato un aumento del 40% negli incidenti (quasi quattro volte più del dato mondiale). Allargando l’analisi agli ultimi cinque anni, da un punto di vista quantitativo, la situazione è nettamente peggiorata anche nel resto del mondo: nel primo semestre 2023 rispetto al 2018 la crescita è stata dell’86% (da 745 a 1.382). Nello stesso periodo la media mensile di attacchi gravi è passata da 124 a 230 (quasi 8 al giorno). Italia ancor più nel mirino: nello stesso arco di tempo la crescita complessiva ha toccato il 300%. Nel complesso dei cinque anni, 505 attacchi noti di particolare gravità hanno coinvolto realtà italiane, di cui 132 (26%) nel primo semestre 2023. In questo periodo, nel nostro Paese è andato a segno il 9,6% degli attacchi mondiali. Il picco massimo, del semestre e di sempre, si è registrato ad aprile, con 262 attacchi. A raccogliere le cifre è Clusit, Associazione italiana per la sicurezza informatica, che ha presentato l’edizione di fine anno del rapporto, giunto al suo dodicesimo anno, nell’ambito del Security summit streaming edition.
Le aziende italiane sono consapevoli di essere soggette ogni giorno al rischio di attacchi informatici. Per questo la strategia di difesa non sta tardando, tuttavia spesso gli investimenti non sono sufficienti. Rispetto alla spesa per Ict, in percentuale, quella per cybersecurity è stata del 7% in media nel 2022 e in previsione è stimata al 9% nel 2023: una quota molto bassa e con valori dai 3 ai 5 punti percentuali inferiori rispetto ad altri Paesi europei. È un quadro con luci e ombre quello tratteggiato nell’ultima edizione del rapporto annuale “Digital Italy 2023” realizzato da The Innovation Group, società di servizi di consulenza manageriale e di ricerca indipendente, presentato al Digital Italy Summit, che si è tenuto a Roma dal 14 al 16 novembre 2023. L’indagine rivela come, da un lato, l’attenzione dei vertici aziendali stia crescendo, così come la cultura di sicurezza in tutta l’organizzazione. Inoltre, la capacità di risposta sta migliorando: i tempi della reazione sono più veloci, diminuisce, anche se leggermente, la quantità di incidenti dovuti ad attacchi cyber con conseguenze rilevanti per il business. Dall’altro lato, però, rimangono dei nodi: il tema della vulnerabilità dei dipendenti, poco accorti, che lasciano in un certo senso “le porte aperte” agli attaccanti. E, ancora, le grandi aziende risultano più mature, mentre le pmi sono molto esposte.
Impostare che il pagamento a un proprio fornitore, per esempio, avvenga solo quando ci sono determinate condizioni, al verificarsi delle quali tutto avviene in modo automatico, sicuro e trasparente perché tutto è legato alla tecnologia blockchain. Si tratta di una delle possibilità del Web3: la programmabilità dei pagamenti nativi, uno strumento utile per ottimizzare le transazioni finanziarie, sfruttando la sicurezza e la trasparenza del cosiddetto registro di blocchi. Cresce, infatti, il business legato al Web3, ossia la nuova idea di Internet totalmente decentralizzato, basato soprattutto su protocolli e tecnologia blockchain. Sono alcuni dei dati contenuti nel report elaborato dall’osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano presentati in occasione del convegno “Blockchain impact on business: Web3 and internet of value” svoltosi al Parlamento europeo.
Le tecnologie digitali, in particolare l’Intelligenza artificiale, stanno rivoluzionando anche i settori del mercato più tradizionali e hanno trasformato anche la customer experience, cioè l’esperienza vissuta dai clienti in relazione al marchio o all’impresa, consentendo alle aziende di raccogliere, analizzare e utilizzare i dati dei clienti per offrire esperienze personalizzate, fornire assistenza immediata e creare interazioni coinvolgenti. Ma l’uso non etico dell’IA generativa mette a repentaglio la fiducia dei consumatori stessi. Opportunità e rischi circa l’utilizzo dell’IA sono evidenziati, rispettivamente, nel white paper di Cefriel “Customer Experience – come potenziarla grazie alla Intelligenza artificiale” e nella nuova edizione del report “State of the Connected Customer”, l’indagine condotta a livello globale da Salesforce. Tutto ciò in un contesto quale quello italiano in cui il mercato dell’IA ha più che raddoppiato il valore (+128%) tra il 2020 e il 2023, in base a quanto emerge dal white paper “L’IA in azione” di Anitec-Assinform. Mentre a livello globale, secondo quanto rilevato da I-Com, si assiste a un vero e proprio boom di ricerche online sui temi dell’IA.
Secondo il rapporto dell’Osservatorio sulla sicurezza della casa di Verisure Italia (azienda che si occupa di sistemi di allarme) e Censis (istituto di ricerca), il furto in casa è il reato che fa più paura (per il 52,8%), con percentuali che raggiungono il 58,6% tra chi vive in un’abitazione singola o in una villetta e il 57,6% tra gli anziani. Nove milioni di italiani (il 18,7% del totale) ne ha subito almeno uno e il 44,5% conosce vicini e amici che sono stati vittime di intrusioni all’interno delle mura domestiche. L’allarme è forte soprattutto nelle aree metropolitane. Nel 2022 sono stati commessi complessivamente 135.447 furti e rapine in abitazione (+7,2%). C’è però da osservare che questi valori sono lontani dai numeri del periodo pre-Covid e di inizio decennio. Tra il 2013 e il 2022 si è registrata, infatti, una diminuzione del 46,9% dei furti e delle rapine in casa. Tuttavia, la situazione non è dappertutto la stessa: questa tipologia di reati si concentra nelle grandi aree metropolitane. Al primo posto c’è Roma, dove nel 2022 sono avvenuti 11.600 furti in abitazione, pari all’8,7% del totale nazionale; cui seguono Milano, con 9.081 furti (il 6,8%) e Torino con 5.875 (il 4,4%). In queste tre città si concentra il 20% del totale in un anno in Italia. Se si considera l’incidenza dei furti rispetto alla popolazione residente, al primo posto si colloca Bologna con 35,7 reati di questo tipo ogni 10 mila residenti, seguita da Firenze (33,7 per 10 mila abitanti) e Venezia (33,5).
Ascoli Piceno si classifica al primo posto nella dimensione relativa a reati e sicurezza, scalando cinque posizioni rispetto alla passata edizione dell’indagine. Seguono, nell’ordine, Pordenone, Frosinone e Benevento. Le province comprese in questo gruppo sono 28, 2 in meno dello scorso anno, con l’ormai consolidata nutrita presenza di outsider (fenomeno che potrebbe essere spiegato agevolmente, soprattutto con riferimento alle province medio-piccole). L’analisi dei risultati ottenuti nelle passate edizioni denota una sostanziale stabilità del quadro relativo alla sicurezza. Infatti, anche quest’anno le province in cui la situazione con riferimento alla sicurezza è risultata buona o accettabile ammontano a 60, dato in linea con quello delle ultime cinque edizioni dell’indagine, un risultato quindi stabile nel tempo e molto positivo.
Isernia apre la classifica della dimensione del Sistema salute, precedendo Terni, prima nella passata edizione. A seguire Ancona, Catanzaro e L’Aquila, che confermano gli eccellenti piazzamenti conseguiti nelle passate edizioni dell’indagine. Nelle 19 posizioni di testa, una in meno rispetto allo scorso anno, troviamo 4 province del nord-ovest, due in più rispetto alla passata edizione, tra cui la provincia di Aosta; Milano e Pavia in rappresentanza della Lombardia; la provincia di Genova per la Liguria. Inoltre vi figurano 5 province dislocate in Italia centrale, di cui Siena e Pisa in Toscana; Terni in Umbria; Ancona nelle Marche; Roma nel Lazio. Infine l’Italia meridionale e insulare è rappresentata da 10 province (una in meno rispetto allo scorso anno), fra le quali figurano L’Aquila in Abruzzo; Isernia e Campobasso in Molise; Benevento e Avellino per la Campania, Foggia in Puglia; Catanzaro in Calabria; Palermo e Messina in Sicilia; Cagliari in Sardegna.
Milano conferma il primo piazzamento già ottenuto nelle tre passate edizioni. A seguire nel gruppo di testa troviamo Trieste, Bologna, Aosta e Monza e della Brianza. Le 33 posizioni di testa (erano 24 lo scorso anno) comprendono quasi esclusivamente province dell’Italia settentrionale. Vi figurano in particolare 16 province del nord ovest (erano 10 nella passata edizione), di cui 5 in Piemonte, nell’ordine Novara, Biella, Torino, Cuneo e Vercelli; Aosta; 10 delle 12 province lombarde, contro le 5 censite lo scorso anno, con l’eccezione di Varese e Sondrio. Il nord est a sua volta è rappresentato da 16 province (quattro in più rispetto alla passata edizione): le due province del Trentino-Alto Adige; Belluno, Padova, Venezia e Verona in Veneto; le quattro province del Friuli-Venezia Giulia; 6 delle 9 province dell’Emilia Romagna, nell’ordine Bologna, Parma, Modena, Reggio Emilia, Piacenza e Ferrara. L’Italia centrale è rappresentata dall’unica provincia toscana di Firenze.
L’oblio giudiziario per il prosciolto non è automatico. Anche se c’è stata una assoluzione o l’archiviazione, le notizie sul procedimento penale, se di attuale interesse pubblico, possono circolare online. E questo anche se sulla sentenza o altro provvedimento favorevole del giudice penale, su richiesta dell’interessato, è stata apposta la formula che stoppa la indicizzazione delle decisioni dai motori di ricerca operanti sulla rete Internet. È quanto si desume dal provvedimento del Garante della privacy n. 430 del 28 settembre 2023, che fa emergere tutti i limiti di una norma, l’articolo 64-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (quella appunto sull’oblio a favore dei prosciolti), solo apparentemente efficace, ma alla resa dei conti incapace di evitare la gogna digitale a chi ha passato indenne un procedimento penale.
Un successivo stratificarsi di discipline nel tempo, e un timore diffuso di dover affrontare non solo il rischio economico di una condanna ma, soprattutto, il danno reputazionale legato all’aver avviato una causa. Fatto sta che in Italia le class action non stanno decollando. I dati relativi alle azioni collettive avviate in Italia, reperibili nel portale dei Servizi telematici del ministero della giustizia, evidenziano che al momento risultano registrate solo una ventina di class action di cui 3 avviate nel 2021, 6 nel 2022 e 10 nel 2023.
L’Italia mette pochi soldi nella sanità pubblica. È una tendenza che viene da lontano e che il governo Meloni ha proseguito, accentuandola. In pochi in Europa destinano meno risorse all’assistenza dei cittadini e le prospettive sono drammatiche, anche perché il nostro è uno dei Paesi con la popolazione più anziana del continente. Di questo passo, il sistema pubblico crollerà, schiacciato dall’invecchiamento della popolazione e dalla riduzione del numero dei lavoratori, che con le loro tasse assicurano le risorse del fondo sanitario nazionale. Secondo The european house Ambrosetti, che oggi presenta la sua pubblicazione “Meridiano sanità”, ci si salva solo con quattro azioni: promuovere da subito la natalità, spingere per una partecipazione maggiore al mercato del lavoro, attrarre immigrati a lavorare da noi e adeguare l’età pensionabile.