Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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La stragrande maggioranza degli italiani (72%) è preoccupata per il futuro economico post pensionamento. Eppure solo uno su cinque ha già sottoscritto forme di previdenza integrativa. Un numero che cala ulteriormente (17%) se si considerano solo i giovani occupati tra 18 e 30 anni d’età. L’aspetto più preoccupante, fotografato dall’indagine Acri-Ipsos «Gli italiani e il risparmio», è che il 64% dei giovani vorrebbe scegliere strumenti di previdenza complementare ma non può permetterselo, ha sottolineato Francesco Profumo, presidente dell’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria (Acri), in occasione della 99esima Giornata mondiale del risparmio.
Dagli ultimi provvedimenti del governo traspare un quadro non particolarmente favorevole per la sanità pubblica, quantomeno sul fronte della spesa in rapporto al pil. È quanto emerge dal Local Public Finance della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo. La ricerca spiega che la Nadef prevede un incremento della spesa sanitaria del 2,8% nel 2023 e dell’1% nel triennio seguente. Tuttavia, la spesa sanitaria si ridurrà in percentuale al pil, con le stime che peraltro includono già le somme aggiuntive connesse all’attuazione del Pnrr. Ne consegue, secondo il report, che le risorse per ampliare e rafforzare le dotazioni, in particolari quelle di personale, non saranno moltissime. Ma da queste dipendono il funzionamento e l’efficacia della sanità, già messa a dura prova dal Covid.
Generali presenta la sua iniziativa di venture capital, Generali Ventures, con già tre operazioni all’attivo. L’obiettivo è accelerare sull’innovazione, entrare in nuovi mercati e generare ulteriori efficienze operative per il gruppo. La dotazione è di 250 milioni di euro e il focus su insurtech e fintech. Avviato nel 2022 nell’ambito del piano strategico “Lifetime partner 24”, dopo un’analisi di oltre 100 fondi di venture capital Generali Ventures ha investito in tre iniziative strategiche: Mundi Ventures, specializzata in tecnologie insurtech; Speedinvest, incentrata su startup (pre-seed e seed); Dawn, focalizzata su investimenti in soluzioni software b2b. La ricerca di innovazione esterna abbraccia un ampio spettro di tecnologie che stanno rivoluzionando l’industria assicurativa, in ambiti come mobilità, intelligenza artificiale, cyber security e sanità.
I titoli assicurativi europei possono offrire un parziale scudo in caso di criticità dei mercati, ma al tempo stesso offrire interessanti rendimenti durante le fasi espansive degli indici azionari. Uno dei principali vantaggi associati alle scelte azionarie settoriali risiede nella capacità dei settori di disallinearsi parzialmente dall’andamento dell’indice di riferimento, per antonomasia un mix di tutti i titoli a prescindere dalla attività; ma, al tempo stesso, non è banale comprendere su quale settore conviene posizionarsi di volta in volta. Guardando alla matrice che incrocia i settori azionari rispetto al ciclo economico, le scelte più adatte in momenti di incertezza sono le utilities e i farmaceutici, ma anche i titoli assicurativi possono offrire un contributo utile.

I giovani ci tengono a rimanere informati, anche grazie alla loro presenza costanza sul cellulare, ma non dimostrano particolare interesse per i temi finanziari e assicurativi. Anche perché vengono poco coinvolti nella gestione finanziaria familiare. Una fotografia che ritrae solo un particolare dell’intero quadro italiano in cui la media nazionale (intorno al 56%) rimane sotto la sufficienza (60%). In particolare, rimane un 10% della popolazione in condizioni di analfabetismo finanziario e assicurativo, sebbene il trend generale sia comunque positivo con una quota di popolazione in aumento di sette punti percentuali nel raggiungere la sufficienza nella conoscenza finanziaria e assicurativa (41% contro il 34% del 2022). Almeno stando alla seconda edizione di Edufin Index, l’Osservatorio sulla consapevolezza e sui comportamenti finanziari e assicurativi degli italiani, presentato da Alleanza Assicurazioni, compagnia del gruppo Generali, insieme con Fondazione Mario Gasbarri e grazie alla collaborazione scientifica di Sda Bocconi, School of management.
Ha effetto dal 6 ottobre il rincaro delle ammende e sanzioni (15,9%) per gli inadempimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, fissato dal decreto 111/2023 del ministero del lavoro (su ItaliaOggi del 30 settembre). La rivalutazione, inoltre, si applica agli importi incrementanti del 10% stabilito dalla legge n. 145/2018 al fine di rafforzare l’attività di contrasto del lavoro nero e irregolare e la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Lo precisa l’Ispettorato nazionale del lavoro nella nota n. 724/2023, fornendo gli importi delle sanzioni. Un esempio. Dimenticare la valutazione rischi, dal 6 ottobre costa al datore di lavoro un’ammenda da 3.561,44 a 9.117,29 euro (da 2.500 a 6.400 la misura originaria, salita da 3.071,27 a 7.862,44 da gennaio 2019 fino al 5 ottobre).

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 È un equilibrio molto delicato quello che regge la manovra di Bilancio del 2024, il cui testo è stato consegnato ieri in Parlamento. «Sul debito è suonata la sveglia» dice il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, spiegando «scelte difficili». Per quadrare i conti e finanziare solo nel prossimo anno il taglio del cuneo, la riduzione dell’Irpef, i contratti del pubblico impiego, il governo ha raschiato il fondo del barile. Così, anche, si spiega l’impegno della maggioranza a non presentare emendamenti. Neppure quelli, come dice il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che prevedono la copertura di eventuali nuove spese con maggiori entrate. La stretta sulle uscite anticipate in pensione, a conti fatti, è pesante. La platea di chi può uscire nel 2024 con Quota 103 è solo di 17 mila unità. I pubblici che subiranno il ricalcolo con il contributivo sono 31.500 nel 2024 (700 mila in 20 anni), molti dei quali medici che minacciano l’esodo. Secondo la Cgil i nuovi meccanismi di calcolo potrebbero comportare un taglio dell’assegno fino al 17,5%.

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Venezia è forse l’esempio più straordinario di antropizzazione e ingegnerizzazione di un ambiente naturale “difficile”. Secoli di soluzioni ardite, finché la crescente minaccia dell’acqua alta non ha indotto a realizzare un’opera colossale come il Mose. Fatte le debite proporzioni, anche l’imbrigliamento sotterraneo del Seveso è una sfida all’acqua, alla natura e alle sue leggi. Sfida che spesso impone un prezzo, come è accaduto in molte altre città italiane, dove i fiumi, forzati a scorrere in cunicoli di cemento, sono riemersi prepotentemente dai tombini. Oggi a peggiorare la situazione c’è la crisi climatica. Per gli scienziati non è serio, in assenza di dati, attribuire al riscaldamento globale l’allagamento di Milano o il record di alte maree registrato nel mese di ottobre al largo di Venezia. E tuttavia la crescita delle temperature renderà sempre più frequenti ed estremi fenomeni che si verificavano anche in passato. Diventa urgente adottare una strategia per limitare i danni. Invece che ai dati storici, occorre guardare alle proiezioni di chi studia il clima e i suoi impatti futuri sul Mediterraneo.
I Comuni che hanno fatto la guerra alle ruspe a suon di ricorsi, i “No vasca” che hanno alimentato i venti già contrari delle amministrazioni locali, la Regione che, da regista del dossier, non lo ha gestito a dovere, il Covid che è sempre tirato in ballo per giustificare i ritardi, la burocrazia che rallenta abitualmente ogni cantiere. A dieci anni dai fondi stanziati per il “progetto Seveso”, Milano è ancora con l’acqua alle ginocchia.

A pagare il pegno della manovra nella quota lasciata scoperta dai 15,7 miliardi di extradeficit sono soprattutto gli assicuratori e i proprietari di immobili alle prese con i bonus casa, al centro di aumenti di tasse che sono rimasti ai margini del dibattito di questi giorni ma cumulano sull’anno prossimo oltre un miliardo di euro. Per broker e agenti assicurativi viene introdotta la ritenuta d’acconto al 23% sulle provvigioni, chiamata a portare 583 milioni nel 2024 e 783 milioni all’anno dal 2025, mentre l’aumento dall’8 all’11% dell’imposta sul bonifico parlante indispensabile per ottenere i crediti d’imposta sui lavori edilizi vale per il bilancio dello Stato 518 milioni nel 2024 e 622 milioni all’anno dal 2025.