Le esportazioni italiane dovrebbero accelerare nei prossimi due anni e le aziende dovrebbero a guardare ai Big Data come a un modo per mitigare i rischi associati al commercio internazionale. È quanto emerge dall’ultima ricerca commissionata da QBE sul commercio internazionale.
In Italia nel 2022 il valore dello scambio di beni materiali è stato circa cinque volte superiore a quello dei servizi. In totale le importazioni italiane di beni e servizi hanno raggiunto i 740 miliardi di euro, mentre le esportazioni ammontano a 710 miliardi di euro. Il nostro paese ha esportato beni per 592 miliardi di euro nel corso dello scorso anno, pari a circa il 31% del PIL, mentre le importazioni sono state leggermente superiori, raggiungendo i 613 miliardi di euro.
Quali le sfide per le imprese italiane?
L’Istituto Nazionale di Statistica ha evidenziato alcune delle più importanti sfide che i produttori italiani affrontano ogni giorno legate alle esportazioni. È emerso che, nel biennio 2020-2021, le aziende che hanno avuto problemi nelle esportazioni sono raddoppiate rispetto al periodo 2017-2019. Questa situazione non è solamente riconducibile agli effetti della pandemia, ma il Covid-19 ha evidenziato anche i notevoli problemi della catena di fornitura che hanno colpito le aziende a livello globale. In particolare emerge che ben il 38% delle imprese manifatturiere ha segnalato problemi in questo ambito nei primi due semestri del 2023, un dato superiore del 68% rispetto alla media 2017-2019. Sempre nel corso del 2023, le aree di maggior criticità segnalate dalle aziende sono state quelle relative all’aumento dei costi e dei prezzi (18%) e quelle legate ai tempi di consegna (8%).
La seconda grande sfida riguarda l’affidabilità che esportatori e importatori di beni italiani ripongono nei loro partner commerciali e il contesto geopolitico nei rispettivi Paesi. L’Italia esporta e importa solo una percentuale relativamente piccola (1,2% e 3,3%) dei suoi beni in Paesi che presentano alti livelli di fragilità istituzionale e sociale o che sono coinvolti in conflitti violenti (secondo la catalogazione della Banca Mondiale). Attualmente, la Libia è il Paese verso cui l’Italia è più esposta, con lo 0,3% delle esportazioni e l’1,5% delle importazioni nel 2022, valori comunque modesti.
Cosa ci aspetta nei prossimi anni?
Secondo lo studio, si prevede che il bilancio 2023 delle importazioni italiane di beni registrerà una leggera contrazione, attorno all’1,8%. Tuttavia, a partire dal 2024, ci si aspetta un ritorno alla crescita, con aumenti del 3,9% nel 2024 e del 3,5% nel 2025, un forte segnale per un’ottimistica ripresa delle importazioni.
Parallelamente, è atteso che le esportazioni italiane crescano a un ritmo più sostenuto rispetto alle importazioni, contribuendo a riequilibrare i flussi commerciali. Le previsioni indicano un incremento delle esportazioni complessivo dello 0,6% nel 2023, seguito da ulteriori aumenti del 3,3% nel 2024 e del 4% nel 2025.
Tuttavia, è importante sottolineare che tali proiezioni potrebbero essere influenzate da eventi inattesi. Pertanto, QBE ha esaminato come le esportazioni e le importazioni di beni in Italia potrebbero reagire in seguito a scenari macroeconomici negativi.
Nei due scenari analizzati, le importazioni risultano essere più colpite rispetto alle esportazioni:
- In caso di crollo dei prezzi degli asset, prevediamo che le esportazioni del 2025 saranno inferiori del 5% rispetto alla previsione di base, mentre le importazioni subiranno una riduzione del 6,7%.
- In un contesto caratterizzato da restrizioni delle condizioni di credito, le previsioni indicano che sia le esportazioni che le importazioni nel 2025 saranno inferiori rispetto alla previsione di base, con una contrazione dell’1,6% per le esportazioni e del 2,3% per le importazioni.
La crescente possibilità del manifestarsi di scenari negativi imprevisti deve spingere le imprese italiane a mettere in atto misure di mitigazione in grado di rispondere adeguatamente e gestire l’impatto di eventi avversi, secondo QBE, che ritiene l’investimento in strumenti di analisi basati sui Big Data un fondamentale passo che permette alle imprese di stabilire una connessione più solida con i loro stakeholder, compresi i fornitori, agevolando una risposta tempestiva a eventi inattesi.
I Big Data possono aiutare le imprese a identificare i punti deboli nella loro catena di approvvigionamento, evidenziando ad esempio un’eccessiva dipendenza da una particolare via di trasporto o da un fornitore specifico e permettendo di diversificare e attuare coperture efficaci per contrastare queste debolezze.
Un secondo aspetto fondamentale per le imprese è dato da un’attenta due diligence sui loro partner commerciali internazionali. Componenti come affidabilità nel settore, rapporti con il governo locale e reputazione nella gestione dei rischi legati alla produzione rappresentano le aree di primaria importanza che andrebbero analizzate dalle aziende, senza dimenticare le componenti di rischio specifico dei paesi, tra cui quelle economiche, politiche e strutturali.
Nel caso in cui le imprese siano orientate all’esportazione verso nuovi mercati, dovrebbero valutare la possibilità di intraprendere alleanze strategiche o joint ventures, non solo in ottica di condivisione del rischio finanziario, ma per ridurre le complessità legate al raggiungimento di nuovi mercati.
Infine, l’acquisto di coperture assicurative può contribuire a mitigare le perdite finanziarie connesse a problemi come danni, furti e perdite di carico. I programmi multinazionali offrono pacchetti che semplificano il processo, evitando la necessità di stipulare polizze assicurative separate per ciascuno dei paesi in cui le imprese operano.
Il report completo, elaborato da Oxford Economics e Control Risks, è disponibile sul sito web di QBE: https://qbeitalia.com/resilienza-di-settore/commercio-internazionale-prospettive-e-previsioni-per-l-italia/?token=375246