Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Nessuna responsabilità dell’avvocato se l’incarico conferito prevede soltanto la redazione della minuta: sono queste le conclusioni cui è giunta la III sez. civ. della Cassazione nell’ordinanza 32923/2022. Una s.r.l. conveniva in giudizio il legale per chiederne la condanna al risarcimento dei danni derivanti da inadempimento professionale: denunciava che la scrittura privata, redatta dal professionista e attestante un credito vantato nei confronti di un’altra s.r.l., «era priva di effetto» non essendo stata sottoscritta dall’«effettivo» legale rappresentante della debitrice; inoltre la somma lasciata a garanzia del proprio adempimento in deposito fiduciario allo stesso legale era stata da questi consegnata all’altra società, senza aver prima verificato i requisiti richiesti.
È doppia la tutela per il proprietario dell’immobile in caso di occupazione illegittima dei locali da parte di un terzo, ad esempio il conduttore che non li libera a contratto scaduto. Da una parte c’è la tutela reale, con il cespite che torna al legittimo titolare con l’azione di rivendica; dall’altra quella risarcitoria.
Tra andare in pensione o continuare a lavorare con premio (33% in più in busta paga), vince la terza chance: continuare a lavorare senza premio. A fare la differenza sono le tasse, che erodono il di più intascato dal lavoratore tanto da renderlo meno conveniente rispetto all’aumento della pensione cui deve rinunciare (per intascare il premio).
Basta un messaggio istantaneo per avvisare che si sta per essere segnalati per non avere pagato le rate di finanziamento per l’acquisto di un bene di consumo. E sui cattivi pagatori scatta l’oblio al massimo dopo 5 anni dalla scadenza del contratto. Mentre ogni due anni bisogna fare il tagliando agli algoritmi usati per dare un voto ai debitori.
- L’isola degli abusi
Una palazzina intera di tre piani: 132 metri quadrati al primo, 156 agli altri due. Delle bellissime terrazze con la vista che si perde sul mare. E ancora “piccoli appartamenti al piano terra di 63 metri” oppure depositi, bagni, allargamenti vari. Quando si parla del “condono” di Ischia, quando si dice che un abitante su due a Casamicciola ha presentato domanda per sanare un abuso, ecco stiamo parlando di questo: di un catalogo di cemento irregolare, di costruzioni intere realizzate qui e là sul costone della montagna, figlie di quarant’anni di lassismo e mancati controlli, che hanno contribuito a rendere la pioggia di venerdì notte (e prima ancora, ogni alluvione) una tragedia. Negli ultimi quattro anni questo catalogo è conservato negli archivi del Comune perché con il “condono” voluto dal governo Conte- Salvini nel 2018 — anzi, per usare le parole dell’allora premier 5 Stelle, grazie alla “semplificazione” di tre condoni precedenti — tutti coloro, un migliaio all’incirca, che non erano riusciti a sanare l’abuso ci hanno riprovato. Con effetti quasi sempre positivi.
- Polizze digitali, pronti nuovi player
Il contributo dei canali distributivi elettronici alla raccolta dei premi è ancora limitato. Però entro il 2030 la diffusione aumenterà. E una fetta importante del mercato diventerà appannaggio di operatori emergenti Ecco la posta in giocoS e si guarda ai soli numeri, la conclusione è che oggi l’innovazione fa fatica a trovare spazio nel comparto assicurativo italiano, il contributo alla raccolta premi dei canali distributivi digitali è ancora limitato. I dati elaborati dall’Ania relativi alle polizze danni ci dicono che nel primo semestre la quota di mercato dell’online, inclusi i preventivatori, è stata del 6,7% nel ramo responsabilità civile auto, del 6,3% nel ramo assistenza e poi 4,4% per il ramo corpi veicoli terrestri, ossia le coperture, non obbligatorie, accessorie alla Rc auto e natanti, e 3,9% per il ramo tutela legale; il contributo complessivo del canale internet, peraltro, dopo aver toccato un picco nel 2019, sembra aver perso slancio.
- Prezzi migliori, pratiche veloci l’insurtech è al top nell’auto
La quota di polizze assicurative veicolata da piattaforme digitali è destinata ad aumentare, ma c’è una insurtech company che già oggi occupa un posto importante sul mercato: Prima Assicurazioni è leader del mercato auto online in Italia, con una quota superiore al 25% e oltre 2,5 milioni di clienti attivi, è forte di una partnership con due grandi gruppi assicurativi come iptQ (Swiss Re) e Great Lakes (Munich Re) e di una rete di oltre 500 intermediari diffusa su tutto il territorio nazionale e offre anche polizze casa, famiglia e infortuni.
- Taxi volanti per due persone ecco la mobilità del futuro
VoloCity, taxi volante per due persone, ha effettuato il suo primo volo davanti al pubblico riunione all’aeroporto di Pontoise, piccolo scalo a nordovest di Parigi. Un volo dimostrativo, a un’altitudine di circa 50 metri, in modo da essere facilmente visibile, per circa 4 minuti. L’obiettivo è offrire un servizio di taxi volanti per i Giochi di Parigi del 2024.
- Tfr, fondi e contributi aggiuntivi 40 anni di rendimenti a confronto
Anche se tanti lavoratori scelgono la liquidazione, optare per il fondo integrativo e aggiungere il versamento volontario dell’1,1% ha un forte impatto sulla pensione a fine carriera. I risultati di uno studio Previndai. Mettere da parte 120 mila euro in 40 anni di lavoro, e trasformare questa somma in una pensione aggiuntiva, può sembrare una mission impossibile per un lavoratore dipendente a medio reddito. C’è già da pagare la previdenza di base, quella dell’Inps, che pesa sulla busta paga. E rimane poco al netto per vivere e pensare a famiglia e figli. Ma accantonare questo gruzzolo aggiuntivo è invece più semplice e soprattutto molto meno costoso di quanto non sembri: l’effettiva rinuncia al reddito disponibile nel corso di questi 40 anni sarà infatti per il lavoratore di soli 13.600 euro. Il calcolo – per la prima volta così chiaro – è stato fatto da Previndai, il fondo pensione dei dirigenti industriali e viene riportato in una ricerca dal titolo “La previdenza tra oltre 30 anni. Quale valore diamo alla serenità?” che Affari&Finanza racconta in esclusiva.
- Tra banker e cliente c’è la Rete il digitale governa i portafogli
La maggior parte dei titolari di patrimoni sopra i 500 mila euro riserva l’incontro fisico alle decisioni di investimento importanti, ma ricorre poi al web per le scelte periodiche di minor rilievo. l wealth management, i servizi di gestione della ricchezza diventano sempre più digitali: la pandemia ha inciso profondamente sulle modalità di relazione tra il cliente private e la sua banca e il suo consulente. Una conferma viene da “Sfide e opportunità per il private banking italiano”, una ricerca condotta dalla società di consulenza Deloitte su un campione rappresentativo di oltre 400 clienti con un patrimonio investibile almeno pari a 500 mila euro. Dal sondaggio emerge come il consulente finanziario rappresenti il punto di riferimento per il cliente private con interlocuzioni piuttosto frequenti: il 52% degli intervistati dichiara di parlare con il proprio consulente una volta a settimana o al mese, solo un 11% lo fa ogni sei mesi o una sola volta all’anno. Quello che è interessante è come avvengono questi incontri: la maggior parte dei clienti, il 56%, riserva l’incontro fisico alle decisioni di investimento importanti e ricorre all’incontro in digitale per le decisioni periodiche di minor importanza; per un 23% degli intervistati prevale l’incontro digitale, nel restante 21% a prevalere è l’incontro fisico, scelta che vede una maggiore concentrazione di clienti di età superiore ai 65 anni. Canali digitali di relazione che sembrano funzionare bene, il 92% dei clienti li giudica positivamente ma, viene osservato nel rapporto, le evoluzioni esterne impongono alle banche di accelerare i processi di rinnovamento in atto, “personalizzando la gestione della relazione in base alle aspettative di specifici cluster di clientela, ripensando il ruolo del consulente quale erogatore di servizi tailor made e individuando un modello relazionale in grado di fornire il giusto mix di interazione umana e digitale”.
- Un ponte tra risparmio ed economia reale la sfida della consulenza professionale
Dal 2007 la raccolta è cresciuta a tassi annuali superiori all’aumento di ricchezza e Pil, fino a diventare un’industria che gestisce mille miliardi delle famiglie e sta affinando i propri strumenti d’azione. La difficoltà principale è riuscire a guardare al di là del breve termine. Cosa più facile a dirsi che a farsi, considerato che nelle fasi di grande turbolenza dei mercati finanziari, la tentazione di liquidare tutto e attendere tempi migliori è forte. Anche se la storia ha dimostrato che i risultati migliori si ottengono quando non si agisce con l’intenzione (solitamente illusoria) di fare meglio della media, ma piuttosto si ha la capacità di fare scelte consapevoli e di tenervi fede a prescindere dai cicli di breve termine. I clienti del private banking, quelli cioè con patrimoni finanziari non inferiori al mezzo milione di euro, sono nella situazione ideale per investire in una logica di medio e lungo termine non solo per le dimensioni e l’articolazione dei loro portafogli, ma anche per la qualità della consulenza sui quali possono contare, che è ai massimi livelli nel settore finanziario. Così non è uncaso se il private in questi anni non è cresciuto solo per le performance dei mercati finanziari, ma anche erodendo quote alle strutture generaliste delle banche, meno in grado di seguire con costanza e competenze specialistiche le esigenze della clientela facoltosa.
- Ricchezza gestita fuori casa
Uno studio fotografa le 214 realtà in Italia: i patrimoni delle dinastie imprenditoriali investiti sull’economia reale in start up, Ict, Fintech. I sabella Seragnoli, classe 1945, a capo di Coesia, gruppo di aziende di soluzioni industriali e di packaging con sede a Bologna, è tra le 20 donne più ricche d’Italia secondo Forbes. Con un patrimonio di 2,8 miliardi di euro è anche a capo di Mais Family Office, una di quelle strutture dedicata alla gestione e valorizzazione dei beni di famiglia. I Family office nascono proprio per gestire le casseforti delle dinastie imprenditoriali con strumenti finanziari ad hoc e una strategia di advisory a 360 gradi. I family office si trovano in tutto il mondo, Usa in testa dove il mercato è molto sviluppato. Ora, anche in Italia si assiste a una crescita di questo segmento del wealth management, che negli ultimi dieci anni ha fatto registrare un’accelerata. Grazie a loro, molti capitali privati vengono investiti nell’economia reale, a beneficio di altre realtà imprenditoriali. Un esempio proprio dalla famiglia Seragnoli: attraverso la controllata B.Group, società di investimenti che fa capo a Mais, Isabella Seragnoli in partnership con Wallaby, il family office della famiglia Scagliarini, ha recentemente acquisito il 100% della società biomedicale emiliana Biopsybell.
- Nove mesi in altalena, record di Banco e Bper
Le banche tengono. Nonostante un anno (ancora una volta) imprevedibile, funestato dalla coda pandemica e dall’esplosione del conflitto russo-ucraino, che ha causato diverse perdite ai player di maggiori dimensioni ed effetti collaterali all’intero sistema, i principali gruppi creditizi italiani quotati hanno saputo fare meglio, nei nove mesi conclusi il 30 settembre, di quanto avevano fatto nel 2021. In cassa ci sono 408 milioni di utili netti in più, ma come insegna la parabola del pollo di Trilussa è successo molto per generare quel risultato. Rispetto a un anno fa, sono tornati i risultati negativi. Il Monte dei Paschi di Siena alla vigilia del salvifico aumento di capitale da poco concluso ha contabilizzato perdite per 360 milioni: un’opera di pulizia che pagherà un futuro dividendo. Ma ci sono anche le note positive e sono numerose: il 2022 si annuncia come un anno da ricordare per Bper Banca che, con l’acquisizione di Carige, è riuscita già dal trimestre precedente a contabilizzare risultati record: per l’amministratore delegato Piero Luigi Montani ci sono 1,46 miliardi di utili netti, quasi il triplo di quanto realizzato nel medesimo periodo dell’anno scorso.
- Opzione donna favorisce chi ha figli
Nel 2023, al posto di Quota 102, in scadenza al 31 dicembre, ci sarà Quota 103. Mentre quest’anno si poteva anticipare il pensionamento avendo 64 anni d’età e 38 di contributi, l’anno prossimo si potrà farlo combinando 62 anni di età e 41 di contributi. Ma con tre mesi di ritardo rispetto al raggiungimento dei requisiti. Per capirci, chi raggiungerà 62 più 41 alla fine del 2023, potrà ritirarsi solo a partire da aprile 2024. L’ormai famosa «finestra mobile» è addirittura di sei mesi per i dipendenti pubblici. L’importo della pensione che verrà liquidata con Quota 103 non potrà superare 5 volte il trattamento minimo, fino al compimento dei 67 anni. Una cifra che dovrebbe aggirarsi sui 2.850 euro, se i calcoli avranno come base il trattamento minimo che scatterà dal primo gennaio 2023 (rivalutato al 120% dell’inflazione). Oppure, il tetto sarà di 2.627 euro, se invece si prenderà come parametro il trattamento minimo di quest’anno, come pare intenzionato il Tesoro. Il tetto interessa quindi solo chi ha maturato una pensione elevata. La nuova combinazione si aggiungerà agli altri requisiti previsti dalla legge Fornero. Cioè 67 anni e 20 anni di contributi (pensione di vecchiaia) oppure 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi di contributi le donne) a prescindere dall’età anagrafica (pensione anticipata). Va qui ricordato che anche nel biennio 2023-2024 non si verificheranno adeguamenti alla speranza di vita Istat.
- Per chi ha redditi alti assegni tagliati (a tempo) di oltre il 20%
Meglio andare in pensione quasi due anni prima, ma con il 6% di pensione in meno, oppure continuare il lavoro per due anni e prendere un assegno pensionistico pieno? Questo potrebbe essere il nuovo dilemma del 2023 per i lavoratori che rientreranno nella nuova quota 103. La tabella evidenzia che le combinazioni non sono moltissime: si tratta di lavoratori nati tra il 1959 ed il 1961, immaginando che quelli nati nel 1958, eligibili per quota 102, abbiano già colto l’opportunità per un’uscita anticipata. Le età di inizio contribuzione, per le varie combinazioni, sono quelle che consentono di maturare i 41 anni di contribuzione nel 2023, con lavoratori che hanno cominciato a contribuire in modo stabile e continuo tra il 1980 ed il 1982. In tutto si tratta di 8 combinazioni, con benefici sul momento della pensione compresi tra i quattro mesi ed un anno e dieci mesi. Anticipi relativamente contenuti, ai quali corrispondono delle moderate riduzioni del valore della pensione, comprese tra l’1% ed il 6% circa per un lavoratore con un reddito netto mensile di 1.800 euro.
- Si stacca solo dieci mesi prima, favorite le classi dal 1959 al 1961
Dieci mesi di vita al lavoro o in pensione sono tanti o pochi? Visti da chi è lontano dall’età per la quiescenza possono sembrare pochi. Forse per chi invece è vicino al traguardo possono fare una bella differenza. Ecco, per le lavoratrici, Quota 103 sarà il dilemma sul valore di 10 mesi della propria vita. L’anticipo massimo per le più fortunate sarà limitato a meno di anno: la differenza intercorrente tra l’attuale requisito di pensione anticipata, pari a 41 anni e 10 mesi, sia per le lavoratrici dipendenti sia per le autonome, ed il nuovo requisito minimo di 41 anni di contribuzione, a patto di avere almeno 62 anni di età. Le combinazioni interessate sono solo 5: lavoratrici nate tra il 1959 ed il 1961 che abbiano iniziato a lavorare tra il 1981 ed il 1982, a patto di non aver avuto interruzioni contributive. Per tutte le altre lavoratrici non cambia nulla: si continuerà ad andare in pensione o al raggiungimento dei 67 anni (vecchiaia) o dei 41 anni e 10 mesi di contribuzione (pensione anticipata). Piccoli anticipi significa piccole penalizzazioni sull’importo dell’assegno, comprese tra meno dell’1% ed il 3% circa per chi guadagni 1.800 euro netti al mese.
- L’assenza del modello 231 non basta per far scattare la colpa di organizzazione
La colpa di organizzazione, elemento costitutivo dell’illecito 231, non può basarsi solo sulla mancata adozione o sull’inefficace attuazione del modello 231. Il giudice di merito deve cioè verificare il concreto assetto organizzativo adottato dall’azienda per prevenire reati della stessa tipologia. E non si può parlare di un «generale interesse» per l’ente poiché l’interesse sussiste solo se c’è consapevolezza della violazione delle norme antinfortunistiche. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza n. 39615 del 20 ottobre, che costituisce un ulteriore tassello dell’orientamento giurisprudenziale volto a delineare un vero e proprio statuto garantista per le società imputate ai sensi del Dlgs 231/2001.
- Fringe benefit esenti fino a 3mila euro: dall’auto i primi risparmi
- Con la conversione in welfare aumenta il vantaggio fiscale