L’ASTA DEI DIRITTI VA OLTRE LE ATTESE. ALLE BANCHE UN INOPTATO DI SOLI 60 MILIONI

di Fabrizio Massaro
Alla fine l’aumento di capitale di Montepaschi potrebbe chiudersi meglio delle più rosee previsioni: «Un miracolo, di questi tempi», si azzarda a commentare qualcuno dei tanti operatori coinvolti. Ieri la banca ha comunicato i dati finali: sono stati venduti diritti pari a 111,9 milioni di euro di nuove azioni. Se saranno tutti usati per sottoscrivere nuove azioni a 2 euro – lo si saprà oggi – le banche garanti dovranno accollarsi circa 60 milioni di inoptato, molto meno dei 100 milioni che era la cifra considerata accettabile. Un aumento insomma sottoscritto per il 98% circa, seppure con il meccanismo della sub-garanzia che ha consentito di blindare fin dall’inizio mezzo di miliardo tra Algebris (50 milioni), Axa (200), Anima (25) e altri investitori. Ieri il titolo ha comunque chiuso in calo del 2,84% a 1,95 euro.

Le banche del consorzio guidato da Mediobanca, Credit Suisse, BofA e Citi hanno cercato fino all’ultimo soggetti disposti a scommettere sulla rinascita dell’istituto senese. In extremis si sarebbe fatto avanti un importante investitore istituzionale estero con circa 30 milioni, puntando sulla futura aggregazione della banca guidata da Luigi Lovaglio.

Anche il fronte italiano delle fondazioni e degli enti di previdenza si rafforza. Ieri ha ufficializzato la partecipazione all’aumento Inarcassa (architetti e ingegneri) per 20 milioni: «Si tratta di un’importantissima operazione di sistema», ha dichiarato il presidente Giuseppe Santoro, «a fronte di un progetto industriale dai contorni più coerenti rispetto a quelli prospettati nel 2017. Un’operazione mirata al rilancio del Paese per tornare a crescere». Inarcassa spiega anche la ratio dell’investimento, al quale enti e fondazioni sono stati invitati a partecipare grazie al pressing del direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera: «Inarcassa ha deciso di sfruttare la storica correlazione positiva tra andamento dei tassi di interesse e redditività del settore bancario», tanto da aver incrementato le proprie quote anche in altri istituti.

In totale enti e fondazioni hanno sottoscritto circa 100 milioni, pari al 4% del capitale: Enpam (15), Cariplo (10), Compagnia di Sanpaolo (10), Cr Firenze (10), Fondazione Mps (10) Cr Lucca (7), Cariparo (5), Crt (5), Cr Cuneo (3), Cr Pistoia e Pescia (3), Cr Forlì (1).

Lovaglio potrà ora accelerare sul piano industriale, a cominciare dai 4.100 esuberi volontari, più dei 3.500 previsti nell’accordo con i sindacati. Questa pulizia – che costerà circa 1 miliardo – dovrebbe consentire un risparmio di costi per oltre 300 milioni annui, con l’obiettivo di arrivare a un utile ante imposte di 700 milioni nel 2024.

Ma si muovono già le banche d’affari per apparecchiare l’aggregazione di Mps, facendo leva anche sul valore della banca di circa 0,35 volte il patrimonio netto, sotto il livello medio di 0,40 degli altri istituti italiani. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha parlato espressamente dell’uscita del Tesoro (oggi al 64%): un dossier che viene guardato dalle banche italiane, in prima fila Banco Bpm e la galassia Bper-Unipol. (riproduzione riservata).

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