L’AUMENTO DI CAPITALE SI CHIUDE CON IL 96,3% DI ADESIONI E SOLI 93 MILIONI DI INOPTATO

di Luca Gualtieri
Per Mps dall’aumento di capitale da 2,5 miliardi che si è chiuso ieri esce un azionariato molto più variegato rispetto al passato. Nel suo ultimo giorno l’operazione di sistema costruita dal Tesoro e dal ceo Luigi Lovaglio per mettere in sicurezza la banca senese ha fatto registrare adesioni al 96,3% e un inoptato di 93 milioni. Un risultato dovuto soprattutto all’andamento del titolo che ieri è sceso sotto la soglia dei 2 euro, rendendo meno conveniente per i fondi convertire in azioni i diritti comprati in asta. In ogni caso l’aumento si è chiuso con successo e ha rinnovato profondamente gli assetti societari. Se il primo socio resta stabilmente il Tesoro, con in mano sempre il 64% del capitale, il 36% di flottante è ripartito tra un pluralità assai eterogenea di investitori. In seconda posizione c’è Axa, lo storico partner assicurativo di Siena, che ha capitanato il gruppo dei sub-underwriter staccando un assegno da 200 milioni di euro. Il gruppo francese avrà circa l’8% del nuovo Montepaschi. A una certa distanza si trova il fronte delle fondazioni che nelle scorse settimane ha risposto alla chiamata del Tesoro, versando poco meno di un centinaio di milioni. Tra giovedì 27 e lunedì 31 ottobre si sono infatti mossi i grandi enti del Nord, da Cariplo a Compagnia San Paolo (10 milioni a testa), da Crt a CariCuneo (rispettivamente fino a 5 e 3 milioni), seguiti dalle fondazioni toscane Mps (10 milioni), CariFirenze (10 milioni), Lucca (7 milioni) e Pistoia e Pescia (3 milioni). Complessivamente questo blocco avrà circa il 3% della banca, una quota vicina a quella che sarà detenuta da Pimco. L’asset manager americano è intervenuto nell’aumento di capitale soprattutto a tutela del pacchetto di obbligazioni subordinate acquistato negli anni scorsi e messo a rischio da un eventuale burden sharing. La Algebris di Davide Serra e l’Ion Group di Andrea Pignataro hanno entrambe il 2% a fronte dei 100 milioni versati complessivamente. I soci che si posizioneranno sotto questa soglia non avranno obbligo di comunicazione a Consob, anche se i loro investimenti sono stati significativi. Le casse di previdenza per esempio (Enpam e Inarcassa) hanno in pugno circa l’1,2% a fronte della trentina di milioni versati. Anima invece possiede l’1%.

Gli equilibri nel capitale di Mps sono insomma cambiati profondamente e potrebbero condizionare non solo la composizione del cda che sarà nominato nella primavera 2023, ma anche l’iter della privatizzazione che potrebbe presto rimettersi in moto. (riproduzione riservata)

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