Paola Valentini
Polizze vita tradizionali di ramo I e Btp: ecco una coppia di strumenti che da sempre ha legami molto stretti. Per le gestioni separate, che costituiscono i portafogli delle polizze di ramo I, i titoli di Stato italiani, seppur in calo, restano l’asset con il peso maggiore sul totale, quasi il 40% in base alle ultime rilevazioni Ania. Quando i tassi dei Btp sono bassi, come è stato fino a inizio anno, la raccolta dei contratti di ramo I rallenta, per poi risalire quando, come accade oramai da qualche mese, tornano a salire con il rendimento del Btp decennale che ha sfiorato a ottobre il 5%. Una dinamica che emerge dalle rilevazioni di Prometeia (grafico nella pagina accanto) che mette in relazione la nuova produzione delle ramo I con l’andamento dei tassi del Btp a dieci anni. «Per le polizze ramo I stand alone, ovvero le classiche rivalutabili non legate alle multi-ramo, da maggio si registra una riattivazione della produzione legata all’aumento del rendimento del Btp degli ultimi mesi», afferma Stefano Frazzoni, partner di Prometeia e capo della business line Insurance.

Negli ultimi anni le gestioni separate, per non diluire troppo i rendimenti dei clienti esistenti, hanno chiuso o razionato i nuovi ingressi. Visto che le gestioni separate detengono la gran parte dei titoli fino a scadenza, anche in presenza di tassi in forte calo, come è stato per un decennio fino a inizio 2022, possono continuare per qualche tempo a generare rendimenti interessanti che si adeguano lentamente al ribasso: il rendimento annuale beneficia delle cedole di titoli comprati in anni precedenti quando il regime dei tassi era su livelli più favorevoli. Questo perché l’insieme delle regole di bilancio basate sulla valorizzazione dei titoli in portafoglio al costo storico (o di acquisto) fanno sì che le ramo I non subiscano le oscillazioni caratteristiche degli altri prodotti finanziari: il patrimonio e il rendimento sono stabili nel tempo offrendo in questo modo sicurezza all’investitore. I titoli, fino a quando rimangono all’interno della gestione e non vengono venduti, sono valorizzati al prezzo a cui sono stati inizialmente comprati. In questo modo le plusvalenze o le minusvalenze sono latenti. Il valore della linea cambia, e quindi le plus o minusvalenze emergono quando il titolo viene venduto. Le plusvalenze arrivano anche dai redditi generati dai titoli in portafoglio (le cedole), fermo restando le garanzie di rendimento minimo previste dalle condizioni contrattuali che però con i tassi a zero sono scomparse. Ma ora le cose potrebbero cambiare.

«Da una parte il rialzo dei tassi offre alle compagnie l’opportunità di portare l’incremento di redditività dei titoli di Stato nelle gestione separate, compensando in tale modo l’azzeramento delle plusvalenze latenti di queste gestioni causato proprio dall’aumento del costo del denaro. D’altra parte la nuova produzione permette di far fronte agli inevitabili riscatti, per ora comunque sotto controllo, da parte di chi preferisce investire direttamente in Btp. Grazie al flusso di raccolta la compagnia non è costretta a liquidare attivi per procedere ai rimborsi, un’operazione che farebbe emergere minusvalenze proprio per via dell’aumento dei tassi. Tutto ciò fa sì che nelle gestioni in essere si torni a spingere sulla raccolta appunto per avere la possibilità di acquistare Btp con tassi più elevati», aggiunge Frazzoni. Secondo le analisi di Prometeia, al momento «è soprattutto la distribuzione bancaria che è tornata a guardare con interesse alle ramo I non solo per il tema sui tassi ma anche perché mercati così negativi frenano la raccolta di fondi e unit linked». Queste ultime sono polizze Vita che hanno fondi come sottostanti e quindi espongono i sottoscrittori alle dinamiche dei mercati senza avere la componente garantita delle gestioni separate che in un anno di ribassi dei mercati come il 2022 ha ripreso ad avere un forte appeal presso i risparmiatori a discapito delle unit linked.

In parallelo, rileva Prometeia, «è molto probabile che le compagnie siano pronte a lanciare nuove gestioni, magari dotandole di un fondo utili che in questo contesto offre una certa protezione». Il fondo utili è una riserva introdotta dall’Ivass nel 2017 nella quale le assicurazioni possono far confluire una parte dei rendimenti realizzati in un certo esercizio per attribuirli agli esercizi futuri (massimo otto anni) per stabilizzare i rendimenti. «In questo modo la gestione è al riparo da ulteriori rialzi dei tassi, perché le plusvalenze possono essere realizzate prima che un eventuale ulteriore rialzo dei tassi le annulli». Quello dei tassi in crescita è quindi un mondo nuovo per il Vita in cui bisognerà cercare di rivitalizzare il ramo I. «Sarà necessaria un’innovazione dell’offerta per rendere appetibile il prodotto assicurativo delle ramo I di fronte al Btp e in generale al risparmio amministrato», dice Frazzoni. Il rilancio potrà essere realizzato «con il potenziamento dei punti di forza di queste gestioni che negli ultimi anni erano venuti meno proprio per via di tassi bassi a partire dal rendimento garantito ad esempio che è praticamente scomparso, ma ora ci aspettiamo un suo ritorno. Attualmente è il capitale è garantito soltanto a scadenza, per morte, o per riscatto in date prestabilite dal contratto. Probabilmente verso l’inizio del prossimo anno ci aspettiamo di vedere nuove gestioni, tipicamente con fondo utili, e una ristrutturazione delle garanzie di prodotto», prevede Frazzoni.

Nella composizione delle gestioni, come emerge dai dati Ania, l’associazione delle compagnie assicurative guidata da Maria Bianca Farina, pur rappresentando l’asset class principale, la quota di Btp in portafoglio fino a fine 2021 si era ridotta a favore di una maggiore diversificazione in obbligazioni societarie e fondi, per avere maggiori possibilità di rendimenti, ma con il rialzo dei tassi è possibile una inversione di tendenza e il ritorno ai Btp. Nel 2021 gli attivi in gestione sono saliti del 3,1% rispetto al 2020 a 587,5 miliardi (circa l’11% della ricchezza finanziaria delle famiglie che ammonta a 5.250 miliardi in base ai dati Banca d’Italia) di cui 224 miliardi di Btp, in calo del 2,1% sul 2020 (tabella in pagina). Un’altra strada per proteggere le performance è rappresentata, come si accennava, dai cosiddetti fondi utili. La ricerca di fonti di reddito è inoltre resa più urgente dall’aumento dell’inflazione che a ottobre è salita dell’11,9% su base annua.

In ogni caso per chi ricerca la protezione sul lungo termine l’appeal delle gestioni separate rimane, grazie alle caratteristiche di queste polizze. Il patrimonio investito nelle ramo I è separato da ogni altro asset della compagnia: quindi, qualsiasi cosa succeda, nessuno potrà toccare i capitali. Un ulteriore profilo di protezione riguarda i portafogli, i quali come si diceva sono immunizzati dalla volatilità dei mercati grazie al criterio di contabilizzazione di tipo storico. Elementi che aiutano a stabilizzare i rendimenti ma non sono stati negli anni scorsi in grado di frenare il calo dovuto al ribasso dei tassi. Le analisi dell’Ania (tabella in pagina) confermano infatti che le gestioni separate hanno lottato contro i tassi ai minimi per proteggere i rendimenti medi, che nell’ultimo quinquennio si sono attestati sul 2,8% medio confermando la tendenza calante degli ultimi anni (3,13% nel 2017, 3,03% nel 2018, 2,84% del 2019, 2,62% nel 2020 e 2,57% nel 2021) per via della compressione dei tassi dei Btp. Inoltre il 2021 è stato il primo anno in cui il risultato delle gestioni separate è stato inferiore all’inflazione e anche il 2022 a maggior ragione ribadirà questa tendenza.

Intanto sulla base di un anticipazione raccolta da MF Milano Finanza su un campione di oltre 50 gestioni separate che comunicano i dati mensili (al 30 settembre, tabella in pagina) i rendimenti sono saliti in alcuni casi, merito probabilmente dei nuovi Btp in portafoglio, ma l’effetto non è così eclatante per ora perché i rendimenti si aggiustano solo gradualmente al rialzo dato che, come si diceva, le gestioni beneficiano dei maggiori rendimenti solo sulle nuove sottoscrizioni o sul reinvestimento dei titoli in scadenza. Detto questo, nella scelta delle polizze è necessario valutare caricamenti e costi di gestione, eventuali clausole relative al disinvestimento anticipato o all’interruzione dei versamenti. Va comunque detto che nel panorama del ramo Vita i prodotti rivalutabili si confermano i meno costosi, con commissioni totali (dati Ivass) comprese tra 1 e 2% l’anno (mentre per i prodotti multi-ramo, ovvero una combinazione tra ramo I e ramo III, e per le unit linked sono compresi tra il 2 e il 4%). D’altro canto va tenuto presente che le ramo I sono tra i pochi strumenti che non scontano l’imposta di bollo dello 0,2% annuo sul capitale (esenti anche fondi pensione e polizze sanitarie). Inoltre, come per tutte le polizze Vita, è previsto il differimento dell’imposta sui rendimenti al momento della liquidazione del capitale. Non solo. Il capitale pagato dalla compagnia non è soggetto a imposta di successione ed è possibile indicare un beneficiario fuori dall’asse ereditario (a patto di non ledere la quota degli eredi legittimi). Infine i capital gain che derivano da titoli di Stato sono tassati al 12,5%, anziché all’aliquota standard del 26%. Una condizione che alleggerisce il prelievo fiscale delle ramo I perché, come si diceva, hanno in portafoglio prevalentemente Btp. (riproduzione riservata)

Fonte: