I DATI EUROJUST DICONO 723 CASI SUI 3 MILA REGISTRATI DAL 2016
di Emanuele Fisicaro
Quasi 3 mila casi di riciclaggio di denaro transfrontaliero sono stati registrati presso l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust), istituita per rafforzare la cooperazione giudiziaria fra gli Stati membri, negli ultimi sei anni. Dal 2016 il numero dei casi trattati all’Agenzia è in costante aumento, come emerge dai risultati del primo rapporto completo di Eurojust sul riciclaggio di denaro, pubblicato la scorsa settimana. Fra tutti gli Stati Ue ad essere stati coinvolti in casi di riciclaggio di denaro internazionale presentati all’Agenzia Eurojust negli ultimi 6 anni, l’Italia occupa il primo posto con 723 casi, a seguire Francia (637), Spagna (578), Germania (569) e Paesi Bassi (398). Tra i paesi extra UE al primo posto si colloca la Svizzera (265), a seguire Regno Unito (137), Stati Uniti (70), Ucraina (57), Serbia (37), Liechtenstein (35), Norvegia (31), Moldavia (20), Israele (17) e Monaco (16). Il rapporto permette di cogliere le diverse criticità che coesistono in alcuni Paesi europei sul piano delle indagini e della repressione del reato di riciclaggio. In particolare, sebbene in alcuni Paesi europei per perseguire il reato di riciclaggio è sufficiente che il denaro provenga attività criminali, senza che sia necessaria l’identificazione specifica del reato presupposto, alcune corti supreme hanno fissato standard elevati per i pubblici ministeri al fine di poter dimostrare l’origine criminale del denaro. In pratica, i pubblici ministeri devono essere in grado di identificare il reato presupposto. Questi ultimi si trovano però ad affrontare una mancanza di chiarezza riguardo allo standard di prova richiesto per dimostrare che il denaro abbia un’origine criminale. Ciò rallenta o mette in crisi la cooperazione internazionale, poiché le autorità giudiziarie di tali paesi sono più riluttanti ad avviare indagini sul riciclaggio di denaro a causa della mancata individuazione del reato presupposto. Di conseguenza, quando un determinato Stato membro richiede l’identificazione di un reato presupposto per perseguire i reati di riciclaggio di denaro, il pubblico ministero di quell’ordinamento giuridico non potrebbe avviare un’indagine e/o un procedimento, pur essendo in presenza di ingenti somme di denaro che vengano trasferite attraverso conti bancari. In altri casi, per mantenere il denaro sequestrato nei conti bancari, è necessario disporre di prove sufficienti a dimostrare che il denaro provenga da un’attività criminale presupposta, e che molto probabilmente il denaro proviene da beni criminali riciclati tramite i conti bancari. La mancata armonizzazione, sul piano sostanziale, della legislazione dei singoli Stati, sottolinea l’Eurojust, rappresenta un vero limite, anche se, da ultimo, è venuta in soccorso la Direttiva (Ue) 2018/1673, che prevede, quale conditio sine qua non per poter perseguire il riciclaggio di denaro, che l’attività che ha generato i fondi illeciti deve costituire reato nello Stato membro in cui il bene viene riciclato, anche se l’attività è svolta in un altro Stato membro. Oltre a tale limite, l’Agenzia sollecita che si attui quanto prima il registro dei titolari effettivi, beneficial owner, poiché garantirebbe un livello adeguato di trasparenza sulla titolarità effettiva, aggiornata e adeguata, in tutta l’Ue e, soprattutto, introdurrebbe nuovi requisiti in relazione agli intestatari e alle entità straniere. In questo modo si potrebbe, seppur in parte, mitigare il rischio che i criminali possano nascondersi dietro livelli societari intermedi. Infine, l’Agenzia sottolinea che le criptovalute sono sempre più utilizzate in modo improprio dai criminali per riciclare i loro profitti criminali. Il documento evidenzia che i trasferimenti di asset virtuali sono rimasti al di fuori del campo di applicazione della normativa Ue sui servizi finanziari. Di conseguenza, allo stato il denaro illecito può fluire attraverso trasferimenti di criptovalute, danneggiando l’integrità, la stabilità e la reputazione del settore finanziario e minacciando sia il mercato interno dell’Ue che lo sviluppo internazionale di tali trasferimenti. Per tale motivo, l’Agenzia sollecita il recepimento delle proposte legislative del pacchetto della Commissione presentato il 20 luglio 2021 per rafforzare le norme dell’Ue in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo.
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