Teresa Campo
In teoria non c’è che l’imbarazzo della scelta. Nella pratica invece, alla luce del repentino e consistente rialzo dei tassi di interesse, l’abbondante e variegata offerta di mutui sul mercato non fa che complicare la vita dei mutuatari, combattuti tra fisso, variabile, variabile con cap. E meno male che non sono ancora tornati i mutui misti e quelli a rata costante. La domanda infatti è sempre la stessa: qual è il finanziamento più conveniente, oggi ma anche domani? Quale, se ho un mutuo già in essere, mi permette di imbrigliare la rata, e se possibile anche di limarla un pochino? «Anche se la risposta è naturalmente legata alla situazione di ciascuno, è comunque possibile fare subito un po’ di conti», risponde Nicoletta Papucci, direttore generale broking del gruppo Mutuionline. La scelta è tutto sommato libera per chi si accinge a comprare casa, e quindi non ha già un mutuo in corso né l’urgenza di calmierare una rata che cresce di giorno in giorno. Nel loro caso la scelta si riduce a due sole parole: risparmio o sicurezza? I mille conti che si possono fare, e che comunque dipendono dalle situazioni di ciascuno, trovano infatti risposta solo sulla base della propensione al rischio del mutuatario e nella sua capacità di far fronte nel tempo a probabili aumenti della rata, economicamente e psicologicamente. A bocce ferme infatti il mutuo a tasso variabile puro è sempre il meno costoso.

Come mostrano le tabelle in pagina, infatti, per un mutuo a 20 anni da 140 mila euro con un loan to value del 70% (quota finanziata rispetto al valore di perizia dell’immobile) il costo dei mutui a tasso variabile è sempre inferiore di un buon 20% rispetto a quello del tasso fisso, e anche rispetto ai variabili con cap, cioè con la protezione di un tasso massimo prefissato. Guardando alle cinque migliori offerte presenti sul portale di Mutuionline, la rata oscilla tra 787 e 831 euro per i mutui a tasso fisso e da 713 e 923 euro per quelli con cap, contro l’intervallo 650-720 euro per il variabile, con un risparmio quindi di 100-150 euro rispetto al fisso e di almeno 70-100 euro rispetto al variabile con cap.

Ma appunto, si tratta di una scommessa su quanto accadrà in futuro. «A giocare in favore del tasso fisso è il fatto che è probabile che i tassi salgano ancora ma anche che poi tornino a scendere. Di certo però non torneranno ai livelli del 2020-2021, a meno di nuove catastrofi come la pandemia», prosegue Papucci. «Inoltre, anche se molto più alti rispetto a un anno fa, i tassi fissi attuali sono ancora piuttosto convenienti, lontano dal 5-6% visto all’inizio dello scorso decennio. E qualora dovessero scendere ancora, si potrà sempre ricorrere alla surroga». Ancora più tranchant in favore del tasso fisso è Angelo Spiezia, amministratore delegato di Telemutuo. «Ci troviamo in un periodo di assoluta incertezza sul fronte dell’economia in cui è difficile fare previsioni sul trend dei tassi nei mesi a venire. Da qui due considerazioni: da un lato, i mutui a tasso variabile risultano oggi troppo rischiosi per poter essere presi in considerazione, specie se si guarda ai picchi dell’Euribor nel 2008, in cui superò il 5,5%. Allo stesso tempo, vediamo delle criticità anche per quanto riguarda il mutuo a rata protetta». Il mutuo variabile con cap è infatti più complesso e difficile da valutare. Consente di pagare meno rispetto al tasso fisso (ma comunque più del variabile puro perché la protezione aggiuntiva prevede ovviamente un costo, espresso dallo spread rispetto all’Euribor), ma per contro permette alla rata di salire ancora, fino al raggiungimento del cap. Fare un conto preciso è quindi molto difficile.

Di sicuro però se il tasso iniziale non è troppo alto, e il cap supera di poco il tasso fisso corrente, il prodotto è in grado di fare ciò che promette, ovvero far risparmiare e fornire al contempo un’efficace protezione contro il rialzo dei saggi. Nonostante ciò, secondo Spiezia la soluzione ottimale in questo periodo resta il mutuo a tasso fisso. «Anche se più che triplicato rispetto a un anno fa, resta comunque inferiore ai livelli osservati ante 2010. Questo discorso vale soprattutto se si tiene conto dell’attuale contesto inflattivo: negli ultimi dieci anni i tassi fissi si sono mantenuti sempre al di sopra rispetto alla svalutazione del denaro, e solo negli ultimi mesi si ha una situazione inusuale che li vede nettamente inferiori all’11% cui si attesta oggi l’inflazione», conclude Spiezia.

Un po’ diverse le valutazioni da fare per chi invece il mutuo ce l’ha già: ha già comprato casa e acceso un finanziamento a tasso variabile e ora si trova nella spiacevole situazione di vedere la rata salire di mese in mese. «Purtroppo in questo caso le possibilità di risparmiare rispetto alla situazione attuale sono di fatto inesistenti, a meno di non allungare la durata del mutuo di qualche anno, aumentando però in questo modo gli interessi complessivi pagati nel corso del finanziamento», spiega infatti Papucci. Surrogare il proprio mutuo a tasso variabile verso uno a tasso fisso o con cap comporta infatti in ogni caso un aumento della rata mensile. «A guidare la scelta devono essere quindi la propensione al rischio di ciascuno e soprattutto la capacità di sostenere eventuali ulteriori aumenti della rata», prosegue Papucci. «Ma con un’avvertenza: per chi si trova ancora nel prima parte della vita del mutuo, inferiore a un terzo, è senz’altro conveniente passare al fisso: la rata è un po’ più alta, ma è garantita per il resto della durata del mutuo. Per gli altri invece un po’ meno: il piano di ammortamento alla francese, comune a quasi tutti i mutui, prevede che il grosso degli interessi venga pagato nella prima parte della vita del finanziamento. Per fare un esempio, chi ha superato la prima metà della durata ha già pagato il 70% degli interessi, che diventano l’80% per chi ha superato i due terzi. La rata quindi è molto meno sensibile alle oscillazioni dei tassi, e quindi potrebbe non essere conveniente passare al fisso e spendere subito di più».

Che fare allora per calmierare la rata? Le maggiori chance le ha chi deve ancora comprare casa perché può ancora scegliere, «tenendo però presente che è meglio affrettarsi perché il rialzo dei tassi per ora non accenna a fermarsi», sottolinea Papucci, «al punto che le banche ormai aggiornano le condizioni ogni due settimane». Un primo modo per limare i costi è quindi sbrigarsi a comprare casa, magari sfruttando l’opzione offerta da alcune banche (Intesa Sanpaolo, Credit Agricole, Ing, Unicredit) di ottenere una predelibera, ovvero la certezza di ottenere il mutuo prima ancora di aver trovato l’immobile, e in alcuni casi anche di fissare le condizioni. Occhio poi alle banche più piccole oppure online, che stanno lanciando offerte molto competitive per aumentare la propria quota di mercato. Non a caso nella classifica delle più convenienti ai primi posti compaiono Bcc Milano, Webank, Banco di Desio, Banca Sella. Condizioni più convenienti offrono anche i mutui green, mentre un discorso a parte merita il mutuo giovani. E’ stato rifinanziato con il Dl aiuti ter, ma solo per il mese di dicembre, quindi nessuna banca lo propone. La speranza è che il governo lo estenda al 2023, anche perché a tutt’oggi la fascia degli under 36 anni rappresenta oltre un terzo della domanda di nuovi mutui. (riproduzione riservata)

Cosa conviene adesso

Andrea Boeris
Il periodo è difficile e incerto, anche di fronte al forte deterioramento del clima di fiducia delle famiglie. Ma nonostante questo e l’impennata dei tassi di interesse, il mercato dei mutui in Italia per ora è rimasto solido. Il quadro della situazione lo offre il Monitor sul Mercato dei Mutui di novembre elaborato da Intesa Sanpaolo, da cui emerge che, dopo i volumi importanti realizzati nel corso del 2021, le erogazioni lorde per nuovi contratti di mutuo nel 2022 sono rimaste di importo significativo, anche se progressivamente più contenute nel confronto tendenziale con la fase più dinamica di questi ultimi anni.

Guardando all’ultimo trimestre disponibile, il terzo di quest’anno, i nuovi mutui sono risultati in calo del 7,6% su base annua, un dato che fa seguito al -3,8% del secondo trimestre e a un primo trimestre invece ancora in crescita (+1,1%). Da inizio anno a fine settembre, le operazioni di finanziamento sono state pari a 46 miliardi di euro, un importo soltanto leggermente più basso rispetto ai 48 miliardi dello stesso periodo del 2021 (-3,4%). E così il 2022 si avvia a essere secondo soltanto al 2021 per volumi di nuovi contratti di mutuo.

Più variabili e meno fissi. Inevitabilmente però il mercato dei mutui si sta trasformando in questo 2022. Nel corso dell’anno il tasso fisso sulle nuove operazioni ha registrato un aumento costante ed è salito a settembre fino quasi al 3%, al 2,86%, ai massimi da novembre 2015, cumulando di mese in mese un aumento di 148 punti base rispetto alla fine del 2021. Il tasso variabile, invece, ha avuto una dinamica completamente diversa e ha iniziato a salire solamente da giugno. Dopo essere rimasto ancorato sul livello di 1,33% per cinque mesi, ha accumulato fino a settembre 55 punti base salendo a 1,88%. Il tasso medio complessivo è quindi aumentato nei nove mesi di 86 punti base al 2,26%, secondo l’analisi di Intesa Sanpaolo.

La conseguenza è chiara e prevedibile: nei mesi estivi è proseguito il rinnovato interesse per i mutui a tasso variabile, tra cui le forme con soglia massima del tasso (il cosiddetto cap). Da maggio le operazioni a tasso variabile sono infatti risultate in forte crescita dopo una lunga fase negativa durata oltre cinque anni (-15,4% su base annua da gennaio ad aprile), raggiungendo tassi di variazione addirittura a tre cifre a luglio e agosto, quando i volumi sono più che raddoppiati. La ripresa è ovviamente legata all’aumento del differenziale tra tasso fisso e variabile, allargatosi costantemente nel corso del 2022 fino a segnare valori dell’1% a luglio e settembre, dai soli 6 punti base a fine 2021. Al contrario, le erogazioni a tasso fisso sono scese in picchiata e hanno continuato a mostrare un calo a due cifre, del -34% a settembre, proprio a causa del notevole aumento del tasso d’interesse.

Fisso italiano vs Ue. Nel confronto con l’area euro, Il tasso fisso italiano è però salito in misura maggiore, confermandosi più elevato rispetto a molti altri Paesi che adottano la moneta unica. Infatti, il tasso fisso medio dell’area è aumentato di 95 punti base su fine 2021 al 2,25% e lo spread tra tasso fisso italiano e quello dell’area si è ampliato a 61 punti dagli 8 di fine 2021, ai massimi da sette anni. Diversamente dal caso italiano, inoltre, nell’area euro il tasso variabile è aumentato in misura analoga al fisso, di 92 punti base su fine 2021 al 2,26% a settembre. Di conseguenza il differenziale tra tasso variabile italiano e dell’area euro è rimasto negativo per il decimo mese consecutivo e la distanza si è ampliata (-38 punti base a settembre da -0,02% a cavallo tra il 2021 e il 2022).

L’aumento del costo del denaro da parte della Bce ha avuto una ricaduta sui tassi dei mutui, il cui rialzo però non è solo riconducibile alle politiche monetarie di una banca centrale, che può condizionare solo una delle componenti del tasso. A contare è anche lo spread bancario, influenzato da fattori diversi in ogni Paese, tra cui le dinamiche competitive tra gli istituti di credito. Ecco perché anche all’interno della stessa zona euro i tassi e la loro variazione può essere così differente.

Offerte rigide, meno domande. L’indagine Bank Lending Survey ha segnalato che nel terzo trimestre le banche hanno continuato a irrigidire i criteri di offerta, scelta motivata con l’inasprimento dei costi di provvista e vincoli di bilancio (+9,1%), una minor tolleranza al rischio (+9,1%) e un peggioramento delle attese sull’attività economica (+9,1%). E le prospettive per l’ultimo trimestre 2022 sono di un ulteriore irrigidimento (+18,2%).

Nel trimestre la domanda di mutui è rimasta in calo e le banche prospettano una domanda in riduzione anche nel quarto trimestre (-45,5%). Tra i fattori che hanno determinato la minore domanda di mutui il livello dei tassi (-36,4%) e la minor fiducia dei consumatori (-9,1%). Infine è aumentata al 23,9%, dal 18,7% del precedente trimestre, la quota di agenti che hanno attribuito la cessazione dell’incarico alla difficoltà nel reperimento del mutuo. (riproduzione riservata)
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