DAL METODO PRODI A CONTE, IL GOVERNO MELONI RIDUCE LA RIVALUTAZIONE DEI TRATTAMENTI PREVIDENZIALI
di Paola Valentini
Il governo cerca di reperire risorse finanziarie dalle pensioni e limitare i danni del meccanismo di rivalutazione degli assegni in pagamento sulla base dell’inflazione. Meccanismo che da qui ai prossimi tre anni comporterà maggiori spese per 50 miliardi di euro a causa dell’aumento record dei prezzi al consumo. Dalla revisione della cosiddetta perequazione delle pensioni il governo punta a ottenere 2,12 miliardi di minore spesa nel 2023 e circa 4 miliardi a partire dal 2024. E’ quanto emerge dalle tabelle comparse nell’ultima bozza della manovra che è in arrivo in Parlamento. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha fissato al 7,3% la quota di indicizzazione al caro vita per l’adeguamento che scatterà a gennaio 2023.

Il meccanismo prevede la conferma al 100% della rivalutazione del 7,3% per le pensioni fino a quattro volte il minimo (circa 2.100 euro perché per il 2022 il minimo è pari a circa 525 euro) e una percentuale che scende progressivamente dall’80% per quelle fino a cinque volte il minimo (per i trattamenti inferiori o pari a 2.627 euro), con un aumento degli assegni del 5,84%, al 55% per quelli tra 2.627 e 3.152 euro (fino a sei volte il minimo), con un aumento degli assegni del 4,01%, al 50% tra 3.152 e 4.203 euro Fino a otto volte il minimo), con un aumento degli assegni del 3,65%, al 40% tra 4.201 e 5.254 euro (fino a dieci volte il minimo), con un aumento degli assegni del 2,92%, e al 35% per le pensioni oltre tale soglia (più di dieci volte il minimo), con un aumento degli assegni del 2,55%. In questo modo le pensioni minime salgono ad almeno 570 euro nel 2023 e a circa 580 euro nel 2024.

Dagli anni ’70 le pensioni sono rivalutate in base all’andamento dei prezzi per proteggere il loro potere d’acquisto, mettendole al riparo, almeno in parte, dall’erosione dovuta all’inflazione. Questo meccanismo (detto di perequazione), che ricorda la scala mobile degli stipendi poi abolita a inizi anni 90, era rimasto congelato nel 2020 per via della deflazione causata dalla pandemia, ma la recente impennata dei prezzi ha ribaltato la situazione con conseguenze sulla spesa pensionistica per gli effetti derivanti dall’indicizzazione all’inflazione delle prestazioni.Oltre all’aumento degli assegni pubblici rivalutati in base all’inflazione, quest’anno c’è un ulteriore bonus per le pensioni derivante dal meccanismo di calcolo. Dal 2022, dopo oltre un decennio, è di nuovo applicato il cosiddetto metodo «Scaglioni Prodi» in vigore fino al 2011, ovvero la rivalutazione sulla base delle fasce d’importo, con criteri di progressività. (riproduzione riservata)

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