Parte a gennaio il terzo strumento di Cdp-Assofondipensione per l’economia reale
di Anna Messia
Dopo il fondo di fondi di private equity (che ha raccolto 460 milioni di euro) e quello private debt da 340 milioni ora tocca alle infrastrutture. E Maggi chiede a Meloni un nuovo silenzio-assenso
Questa volta in ballo ci sono 300 milioni di euro. Il terzo strumento, gestito sempre da Cassa depositi e prestiti, e dedicato in questo caso alle infrastrutture, è pronto a partire con il debutto fissato tra gennaio e febbraio dell’anno prossimo e «i fondi pensione pronti a partecipare ancora una volta ad un investimento coordinato da Cdp che punta a sostenere le imprese e l’economia reale italiana». Parola di Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensione che è stato il primo a credere all’iniziativa lanciata insieme alla spa guidata da Dario Scannapieco. La gestazione ha richiesto più tempo del previsto e le risorse in campo sono ancora limitate se confrontate con la potenza di fuoco potenziale dei fondi di categoria, che gestiscono risorse complessive di circa 68 miliardi di euro. «I numeri dei primi due fondi di fondi, quello dedicati al private equity e quello dedicato al private debt sono la dimostrazione che le risorse della previdenza complementare possono essere canalizzate a sostegno dell’economia reale», sottolinea però Maggi. I due fondi di fondi, gestiti da Fondo Italiano di Investimento sgr, partecipato da Cassa, hanno raggiunto rispettivamente una dimensione di 460 e di 340 milioni, grazie anche al coinvestimento di Cdp, e la chiusura delle adesioni è stata posticipata nel primo caso a dicembre e nel secondo a marzo 2023 per tare il tempo ad altri fondi di aggiungersi ai circa 16 che hanno già sottoscritto le quote. Finora a muovere sono stati fondi come Fonchim, Fon.te o Fopen, ma all’appello mancano ancora soggetti di peso, come Cometa o Fondenergia. Per quanto riguarda il terzo fondo di fondi l’investimento stimato dai soli aderenti ad Assofondipensione è di circa 300 milioni, con la raccolta che dovrebbe rimanere aperta per un paio d’anni, aggiunge Maggi che auspica una maggiore attenzione del nuovo governo guidato da Giorgia Meloni nei confronti della previdenza complementare ricordando che gli iscritti sono ancora limitati rispetto ad altri Paesi europei. «Oggi gli iscritti ai fondi pensione sono circa 3,3 milioni e crescono ad un ritmo del 3-4% l’anno», spiega il presidente dell’Associazione ricordando che si tratta appena del 30% del bacino potenziale dei lavoratori e che si tratta prevalentemente di persone tra i 34 e i 54 anni mentre sono in minoranza i giovani sotto i 34 anni. Per accelerare le adesioni servirebbe una campagna informativa del governo, aggiunge e soprattutto «una nuova iniziativa di silenzio-assenso per le iscrizioni come quella che nel 2007 ha dato effettivo avvio ai fondi di previdenza integrativa», aggiunge Maggi alzando anche l’attenzione sul Tfr inoptato nelle aziende che hanno più di 50 dipendenti. Si tratta del Trattamento di fine rapporto dei lavoratori che non hanno detto di voler aderire ad un fondo che confluisce al momento nel fondo di Tesoreria dell’Inps. «Si tratta di risorse importanti, pari a circa 5 miliardi l’anno, che potrebbero essere utili per far crescere piuttosto il sistema dei fondi pensione», conclude. (riproduzione riservata)
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