Le spinte inflazionistiche e l’aumento dei tassi di interesse hanno avuto finora un effetto moderato sulla patrimonializzazione media delle compagnie. L’indice di solvibilità medio a settembre del 2022 era sceso al 247 per cento, rimanendo comunque su livelli elevati; la diminuzione dei corsi azionari e obbligazionari è stata in parte compensata dalla maggiore disponibilità di fondi propri derivante dal rialzo della curva dei tassi di interesse privi di rischio utilizzata dalle compagnie per calcolare le riserve tecniche.

E’ quanto emerge dal Rapporto sulla stabilità finanziaria di Bankitalia.

Il comparto assicurativo italiano, in linea con quello degli altri paesi europei, continua a essere esposto al complesso dei rischi di mercato e di controparte in misura maggiore rispetto ai rischi tecnici assicurativi (rischi di sottoscrizione); alle due categorie, infatti, sono riconducibili rispettivamente il 77 e il 23 per cento del requisito di capitale di base; fra i rischi di mercato è prevalente quello legato alla variazione degli spread obbligazionari.

A giugno del 2022 le esposizioni in titoli di Stato delle assicurazioni italiane continuavano a rappresentare circa la metà degli investimenti con rischio a carico delle compagnie, un livello nettamente superiore alla media europea (49 contro 27). Le quote in obbligazioni private, in azioni e in fondi di investimento erano invece inferiori a quelle degli altri paesi. Le obbligazioni private consistevano prevalentemente in titoli emessi da società non finanziarie, soprattutto di nazionalità estera; il 49 per cento di queste aveva rating BBB, il 28 per cento A. L’8 per cento delle obbligazioni private era costituito da investimenti sostenibili sotto i profili ambientale, sociale e di governo societario (environmental, social and governance, ESG).

L’esposizione delle compagnie italiane verso strumenti finanziari derivati è molto contenuta e finalizzata in prevalenza ad attività di copertura. Alla fine di giugno il valore di mercato di questi contratti ammontava a 3 miliardi, lo 0,3 per cento degli investimenti complessivi, una quota notevolmente inferiore alla media europea (1,8 per cento a marzo del 2022). Gran parte dei contratti (61 per cento) era rappresentata da swap su tassi di interesse. Le compagnie italiane non hanno segnalato tensioni di liquidità generate da richieste di margini.

Restano trascurabili sia le esposizioni dirette verso Russia, Bielorussia e Ucraina, sia gli investimenti nei settori esposti ai rincari energetici (rispettivamente 0,01 e 1,0 per cento). La crescita dei rendimenti delle obbligazioni, pubbliche e private, ha comportato da maggio del 2022 un saldo negativo tra le plusvalenze e le minusvalenze latenti sul complesso degli investimenti, pari a ‑54 miliardi in settembre. Considerata l’eccezionale situazione di volatilità dei mercati finanziari, il legislatore italiano ha consentito alle imprese che non adottano i principi contabili internazionali di sospendere temporaneamente gli effetti sui bilanci delle minusvalenze sui titoli del comparto non durevole.

Dalle relazioni semestrali di giugno di quest’anno è peraltro emerso che pochissime imprese si sono avvalse della deroga. Le minusvalenze del periodo si sono pertanto riflesse negativamente sulla redditività: il rendimento del capitale e delle riserve (return on equity, ROE) della gestione vita è risultato negativo e in sensibile riduzione rispetto a giugno dello scorso anno. Al calo ha contribuito anche la flessione della raccolta premi vita (‑9 per cento dal giugno 2021); la contrazione maggiore ha riguardato i contratti unit linked, per effetto dell’andamento sfavorevole del mercato azionario. Nel comparto danni la redditività ha risentito dell’incremento degli oneri per sinistri, che ha comportato l’aumento del combined ratio di 2 punti percentuali nel confronto con l’anno precedente. Il ROE resta comunque positivo: l’impatto delle minusvalenze è più contenuto rispetto alla gestione vita e la raccolta premi è salita del 5 per cento per maggiori richieste di coperture danni, diverse dall’RC auto.

I corsi azionari delle compagnie assicurative italiane ed europee sono diminuiti rispetto ai massimi della prima metà del 2022, tornando sui livelli della fine del 2021. Per le compagnie quotate la crescita degli utili attesi dagli analisti riflette i benefici derivanti dal rialzo dei tassi di interesse che controbilancerebbero gli effetti conseguenti agli aumenti dei prezzi.

Dalla fine del 2021 la posizione di liquidità delle compagnie non ha registrato variazioni significative; l’indicatore del grado di liquidabilità degli attivi, misurato dal rapporto tra le attività liquide e il totale delle attività (liquid asset ratio), è sostanzialmente stabile e superiore al valore mediano europeo (rispettivamente 66 e 46 per cento).

Le compagnie italiane del settore vita sono tuttavia maggiormente esposte, rispetto alla media europea30, ai rischi di tensioni sulla liquidità dovuti alle estinzioni anticipate dei contratti, anche a causa dell’esiguità di vincoli e di disincentivi contrattuali in caso di riscatto31. Da febbraio si osserva inoltre che il rapporto tra riscatti e premi delle assicurazioni italiane è aumentato raggiungendo il 55 per cento in settembre, 9 punti percentuali in più nel confronto con l’anno precedente. L’incremento deriva sia dalla flessione della raccolta premi, sia dalla crescita dei riscatti (cfr. il riquadro: I potenziali rischi del settore assicurativo a seguito della guerra in Ucraina, in Rapporto sulla stabilità finanziaria, 1, 2022). Dall’indagine dell’Ivass sulle potenziali vulnerabilità del settore assicurativo è emerso che il fenomeno è dovuto in gran parte alle maggiori esigenze di liquidità dei contraenti generate dal contesto macroeconomico, ma anche a scelte di reinvestimento in nuovi prodotti finanziari e assicurativi.

L’IMPATTO DELLE DINAMICHE INFLATIVE SUL COMPARTO DANNI

A livello nazionale e internazionale cresce l’attenzione sui possibili effetti dell’inflazione sulla posizione patrimoniale delle compagnie, in particolare a seguito dell’incremento degli oneri per sinistri (e quindi delle riserve tecniche) connesso con l’aumento dei prezzi.

L’Ivass ha condotto prime analisi per valutare le conseguenze sulle passività del settore assicurativo italiano. L’esercizio stima la variazione delle riserve sinistri della fine del 2021 derivante dall’inflazione attesa e dalla curva dei tassi di interesse privi di rischio osservate alla fine di settembre del 2022, assumendo che le attività rimangano costanti. Le analisi hanno riguardato sia il complesso delle riserve sinistri del comparto danni sia, più in dettaglio, quelle delle aree di attività responsabilità civile auto (RC auto) e responsabilità civile generale (RC generale), che in termini di riserve sinistri sono i rami più rilevanti per il mercato assicurativo italiano e sono caratterizzati da oneri per sinistri potenzialmente più esposti all’andamento dell’inflazione.

Nello scenario considerato le riserve per sinistri totali del mercato aumenterebbero del 4 per cento, dando luogo a una contrazione dei fondi propri inferiore al 2 per cento, con effetti limitati sulla patrimonializzazione complessiva del settore. Anche le analisi sui rami RC auto e RC generale confermano le attese di crescita delle riserve e mostrano che le aree di attività caratterizzate da tempi medi di liquidazione dei sinistri più lunghi beneficiano maggiormente della mitigazione derivante dal rialzo dei tassi di interesse privi di rischio.