SECONDO I GIUDICI DI LEGITTIMITÀ VA GARANTITO IL DIVIETO DI ALTERARE LA PARITÀ DEGLI INVESTITORI
di Nicola Pietrantoni
Risponde di insider trading chi crea l’oggetto di un’informazione privilegiata e poi la utilizza prima che diventi pubblica. A nulla rileva quindi che l’informazione non arrivi da terzi, ma sia sostanzialmente attribuibile allo stesso utilizzatore (insider). La Corte di cassazione (quinta sezione penale), con la sentenza n. 31507/21, ha così confermato la rilevanza penale del cosiddetto «insider di se stesso», espressione che descrive l’iniziativa del soggetto che porta alla produzione di un’informazione privilegiata che viene poi sfruttata, per finalità speculative, quando non è ancora nota al mercato.
La vicenda processuale. I ricorrenti, membri di una società quotata e della sua controllante, erano stati ritenuti responsabili del delitto di «abuso di informazioni privilegiate» (art. 184 Tuf), per aver disposto, in concorso tra di loro, l’acquisto di azioni della società controllata, con realizzazione di un conseguente profitto illecito, essendo in possesso, a ragione dei rispettivi incarichi ricoperti, di un’informazione privilegiata costituita dal progetto di Opa totalitaria e volontaria funzionale alla cancellazione della controllata dal listino di borsa (cosiddetto delisting).
In particolare, era emerso che il gruppo di controllo, nei mesi precedenti alla comunicazione al mercato, avvenuta il 31/3/2008, della decisione di lanciare l’Opa, aveva acquistato una quantità significativa di azioni della società quotata attraverso modalità operative che l’autorità giudiziaria ha qualificato come «aggressiva condotta di rastrellamento dei titoli». L’operazione incriminata, in buona sostanza, era stata compiuta in un momento in cui gli investitori del mercato ignoravano il successivo lancio dell’Opa, già pianificata dagli organi di controllo, e le conseguenti variazioni del prezzo degli stessi titoli.
Per queste ragioni, Consob aveva accertato la violazione dell’art. 187-bis Tuf, norma che punisce l’abuso di informazioni privilegiate quale illecito amministrativo, applicando ai responsabili le relative sanzioni pecuniarie e accessorie.
Le caratteristiche dell’informazione privilegiata (precisione e «price sensitive»). All’epoca dei fatti contestati (2008), la nozione di «informazione privilegiata», elemento costitutivo del reato di insider trading, era affidata all’art. 181 Tuf, abrogato con dlgs n. 107/2018 a seguito della nuova normativa europea intervenuta in materia (Reg. Ue n. 596/2014). Secondo l’art. 181 Tuf, «…si intende un’informazione di carattere preciso, che non è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari». Un’informazione è precisa, inoltre, se «…si riferisce a un complesso di circostanze esistente o che si possa ragionevolmente prevedere che verrà a esistenza o a un evento verificatosi o che si possa ragionevolmente prevedere che si verificherà» (art. 181, co. 3, lett. a) e «…se è sufficientemente specifica da consentire di trarre conclusioni sul possibile effetto del complesso di circostanze o dell’evento di cui alla lettera a) sui prezzi degli strumenti finanziari» (art. 181, co. 3, lett. b).
Per informazione che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di strumenti finanziari, infine, «…si intende un’informazione che presumibilmente un investitore ragionevole utilizzerebbe come uno degli elementi su cui fondare le proprie decisioni di investimento» (art. 181, co. 4).
La tesi difensiva: assenza del requisito della precisione e inammissibilità della figura dell’insider di se stesso. I difensori degli imputati, nei motivi del ricorso per Cassazione, hanno censurato la sentenza impugnata sottolineando come il giudice di merito avrebbe ritenuto sussistente il carattere privilegiato dell’informazione sulla base di un’errata valutazione del necessario requisito della precisione. La difesa ha sostenuto che il lancio dell’Opa dovesse essere correttamente inquadrato in un processo decisionale a formazione progressiva, dipendente da un evento intermedio non ancora esistente, ossia il finanziamento richiesto e accompagnato dalla condizione di non concedere agli istituti di credito il pegno sul pacchetto di maggioranza.
I ricorrenti hanno poi contestato la rilevanza penale del cosiddetto «insider di se stesso», dal momento che l’informazione (l’esistenza del progetto di Opa) era in loro possesso non in ragione dei ruoli ricoperti all’interno della realtà societaria, ma in quanto ideatori di quel progetto. L’art. 184 Tuf, infatti, postulerebbe, come requisito tipico dell’informazione privilegiata, l’alterità tra il creatore della notizia (l’emittente) e il suo utilizzatore (l’insider).
I principi espressi dalla Cassazione: la rilevanza penale dell’insider di se stesso. La Suprema corte, con la sentenza in commento, non ha condiviso le argomentazioni offerte dai ricorrenti. I giudici hanno sottolineato, innanzitutto, che l’informazione «…altro non è se non insieme di dati descrittivi della realtà», aggiungendo che «il termine può anche indicare l’attività di raccolta e trasmissione delle informazioni, ma siffatta componente dinamica non elide la componente statica sopra ricordata».
In altre parole, il significato attribuito dal legislatore «…indica sia la comunicazione che il dato di conoscenza, ancorché quest’ultimo sia rappresentativo di una realtà prodotta dal medesimo soggetto obbligato».
La Corte ha poi ritenuto che l’essere in possesso di informazioni «in ragione» di determinati ruoli, partecipazioni o attività, ai sensi dell’art. 184, co. 1 Tuf, «…non orienta in alcun modo l’interprete verso una alterità tra fonte produttiva del fatto conosciuto e soggetto titolare dell’informazione».
L’insider di se stesso, in definitiva, è certamente ipotizzabile e penalmente rilevante: nel caso di specie, si legge sempre in sentenza, «…non viene in rilievo la creazione di un’informazione, ma una iniziativa non ancora nota al mercato (l’Opa) destinata a essere, piuttosto, oggetto dell’informazione, la quale, in quanto abbia i ricordati caratteri della precisione, è idonea, se nota, a incidere sulle condizioni di mercato».
Il carattere della precisione. La Suprema corte, in risposta alle censure dei ricorrenti sopra richiamate, ha chiarito che «…un’informazione relativa a una fase intermedia che si iscrive in una fattispecie a formazione progressiva può rappresentare un’informazione di carattere preciso». Sul punto, i giudici di legittimità hanno richiamato la normativa comunitaria, secondo la quale un’informazione ha carattere preciso qualora siano soddisfatti due requisiti cumulativi: da un lato, «deve riferirsi a un complesso di circostanze esistente o di cui si possa ragionevolmente ritenere che verrà a esistere…», dall’altro, l’informazione «deve essere sufficientemente specifica da consentire di trarre conclusioni sul possibile effetto di detto complesso di circostanze o di detto evento sui prezzi degli strumenti finanziari…» (art. 1, par. 1, direttiva 2003/124/Ce).
La giurisprudenza della Corte di giustizia, fondamentale per chiarire il significato normativo di «informazione privilegiata», ha osservato che l’espressione «si possa ragionevolmente ritenere», contenuta anche nella formulazione dell’abrogato art. 181 Tuf, significa considerare le circostanze e gli eventi futuri «…di cui appare, sulla base di una valutazione globale degli elementi già disponibili, che vi sia una concreta prospettiva che essi verranno ad esistere o che si verificheranno».
La tutela del mercato e della parità informativa. La Corte ha stigmatizzato l’acquisto dei titoli della quotata finalizzato, rispetto a un progetto ormai ragionevolmente prevedibile come destinato a essere attuato (il lancio dell’Opa), ad alterare la condizione di parità degli investitori, consentendo di conseguire prezzi di acquisto non altrimenti più ottenibili.
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