INTERNET DELLE COSE / IL CDM HA VARATO UN DLGS SUI CONTRATTI DI VENDITA, ANCHE ONLINE
di Antonio Ciccia Messina
Il consumatore ha diritto alla sicurezza informatica dei beni interconnessi alla rete. È quanto prevede il decreto legislativo, approvato in via definitiva dal consiglio dei ministri del 29 ottobre 2021, che, recependo la direttiva 2019/771, in materia di contratti di vendita dei beni, produce effetti diretti sul settore dell’Internet delle cose (detto anche IoT, Internet of things).

Il decreto legislativo modifica il codice del consumo (decreto legislativo n. 206 del 2005), sostituendo gli articoli da 128 a 135-septies, e riscrive la disciplina dei contratti di vendita, delle garanzie di conformità e dei diritti del consumatore. Il provvedimento si occupa, oltre al resto, dei beni con elementi digitali e fa il paio con il dlgs di recepimento della direttiva 2019/770, dedicato alle forniture di contenuti e servizi digitali.

Al contrario di questi ultimi, i beni con elementi digitali sono definiti come beni mobili materiali che incorporano, o sono interconnessi con, un contenuto digitale o un servizio digitale in modo tale che la mancanza di detto contenuto digitale o servizio digitale impedirebbe lo svolgimento delle funzioni proprie del bene. Siamo, quindi, a novità normative che si applicano al settore dell’internet delle cose, cioè agli oggetti reali connessi ad internet e che quindi scambiano informazioni. Per rimanere nel campo della vita quotidiana si possono fare gli esempi dei frigoriferi, che riempiono il carrello dell’account personale del sito del supermercato, o dell’impianto di riscaldamento, che si accende quando la autovettura entra nel garage, e del forno a microonde che, nello stesso momento, riceve un segnale di attivazione. Può essere anche la sveglia dello smartphone, che accende la macchina del caffè e che, magari se collegata con le notizie sul traffico, decide di anticipare la suoneria per fare evitare ingorghi, e così via. Si tratta di una quantità di oggetti definitivamente entrati nei cataloghi commerciali e, per i quali, il legislatore europeo (prima) e italiano (ora) ha varato alcune norme ad hoc, applicabili ai contratti conclusi successivamente al 1° gennaio 2022.

Tra le disposizioni di imminente operatività spiccano le garanzie dei consumatori e tra queste le garanzie di conformità a carico del venditore.Per essere conforme al contratto di vendita, recita il nuovo articolo 129 del codice del consumo, il bene deve possedere le qualità e altre caratteristiche, anche in termini di durabilità, funzionalità, compatibilità e sicurezza, ordinariamente presenti in un bene del medesimo tipo e che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi.

Viene, quindi, codificato il diritto del consumatore alla sicurezza, la quale, in relazione ai beni con elementi digitali, non può che essere anche la sicurezza rispetto ai pericoli che possono arrivare dalla rete internet: rischio di essere spiato, di intercettazione dei dialoghi, di comunicazione a soggetti terzi dei dati raccolti dalla cosa, di manipolazione della programmazione dell’uso di questi apparecchi in modo da recare danno, di malware, di crackeraggi e intrusioni informatiche e così via.

Il venditore, ma anche l’intera filiera della vendita, deve, dunque, interessarsi delle condizioni di sicurezza del bene non solo a riguardo dei pericoli fisici, ma anche dei pericoli informatici.E tale premura deve proseguire nel corso del tempo, visto che nel caso di beni con elementi digitali, il venditore è obbligato a tenere informato il consumatore sugli aggiornamenti disponibili, anche di sicurezza, necessari e a fornirglieli (nuovo articolo 130)

La mancanza di conformità della sicurezza informatica dei beni con elementi digitali porta all’applicazione delle misure di tutela a favore del consumatore: ripristino della conformità, riduzione proporzionale del prezzo, o risoluzione del contratto.Peraltro, se il difetto di conformità è imputabile a un soggetto intervenuto nei passaggi precedenti di una medesima catena contrattuale distributiva, inclusa l’omissione di fornire gli aggiornamenti per i beni con elementi digitali, il venditore finale ha diritto di regresso nei confronti dei responsabili.

IL DLGS DI RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA 2019/770 DISCIPLINA I RAPPORTI TRA OPERATORI E UTENZA
Digitale, clienti più tutelati
di Michele Damiani
Nella fornitura di un contenuto o di un servizio digitale, il professionista avrà l’obbligo di tenere informato il consumatore sugli aggiornamenti disponibili necessari a mantenere la conformità del bene o dell’attività offerta. Lo stesso professionista sarà responsabile solamente per i difetti di conformità che si manifestano entro due anni a decorrere dal momento della fornitura. Nel caso di difetti denunciati dal consumatore, l’onere della prova sarà a carico del professionista. Il decreto legislativo di recepimento della direttiva Ue 2019/770 relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura digitale e di servizi digitali approvato dal Consiglio dei ministri il 29 ottobre (si veda ItaliaOggi del 30 ottobre) va a regolamentare i rapporti tra consumatori e professionisti che offrono, appunto, attività legate al digitale, andando a definire obblighi e responsabilità delle parti. Nel testo approvato dal Cdm si parla specificatamente di compiti del professionista, ma il termine viene inteso in senso europeo, quindi come «qualsiasi persona fisica o giuridica, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto pubblico o privato, ovvero un suo intermediario».

I continui cambiamenti e aggiornamenti che caratterizzano il mondo del digitale trovano ampia considerazione nel testo. Infatti, il primo obbligo in capo al professionista individuato dal dlgs (art. 135-undecies) è quello di «tenere informato il consumatore sugli aggiornamenti disponibili, anche di sicurezza, al fine di mantenere nel tempo la conformità del contenuto o del servizio digitale». Il professionista dovrà fornirgli queste informazioni «nel periodo di tempo durante il quale il contenuto digitale o il servizio digitale deve essere fornito a norma del contratto, se questo prevede una fornitura continua per un determinato periodo di tempo», oppure «nel lasso di tempo che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, date la tipologia e la finalità del contenuto digitale o del servizio digitale e tenendo conto delle circostanze e della natura del contratto, se questo prevede un unico atto di fornitura o una serie di singoli atti di fornitura». Se il consumatore non installerà nel congruo tempo gli aggiornamenti forniti, il professionista non sarà responsabile, sempre che si dimostri che abbia fornito in tempo le informazioni corrette. Nel caso in cui sia prevista una fornitura continuativa nel tempo, la conformità dovrà essere assicurata fino alla fine del periodo in questione. Al momento della fornitura, i beni o i servizi dovranno essere erogati nella loro versione più recente disponibile al momento sul mercato, salvo diverso accordo tra le parti.

L’articolo 135 quaterdecies illustra invece le responsabilità del professionista. Per quanto riguarda i difetti di conformità, come detto, il fornitore dovrà rispondere solo per quelli che si manifesteranno entro due anni dal momento dell’erogazione del bene o del servizio. Se il contratto prevede la fornitura continuativa per un periodo di tempo, il professionista risponde di un difetto di conformità se il problema si manifesta o risulta evidente nel periodo di tempo durante il quale il contenuto digitale o il servizio digitale deve essere fornito a norma del contratto. In ogni caso, «l’azione diretta a far valere i difetti sussistenti al momento della fornitura e non dolosamente occultati dal professionista si prescrive nel termine di ventisei mesi da tale momento, ove risultino evidenti entro tale termine».

L’onere della prova riguardo al fatto se il contenuto sia stato fornito in conformità sarà a carico del professionista. L’operatore dovrà dimostrare di aver agito nel rispetto del contratto per i difetti che risultino evidenti entro un anno dal momento della fornitura (nel caso di servizio continuato nel tempo, fino alla fine del periodo stabilito). Il cliente dovrà collaborare con il professionista al fine di accertare se la causa del difetto di conformità «risieda nell’ambiente digitale del consumatore». L’obbligo di collaborazione è «limitato ai mezzi tecnicamente disponibili che siano meno intrusivi per il consumatore». Nel caso in cui non ci fosse collaborazione e il professionista avesse informato il cliente in modo chiaro e comprensibile dei requisiti necessari per avere un ambiente digitale adeguato, l’onere della prova sarà a carico del consumatore.

Il testo del decreto su www.italiaoggi.it/documenti-italiaoggi
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