di Ugo Brizzo
Per il gruppo Credem i primi nove mesi d’esercizio si sono chiusi con un utile netto consolidato in flessione tendenziale dell’11,7% a 139,2 milioni di euro. Il risultato normalizzato -ottenuto cioè senza includere nell’ultima riga del conto economico le rettifiche su crediti relative a svalutazioni a causa del Covid-19- mostra invece una crescita del 5,1% anno su anno a 165,8 milioni. Per l’istituto guidato dal dg Nazzareno Gregori Rote e Roe hanno segnato rispettivamente un 7,5% e un 6,4%, sostenuti da una parte dall’effetto congiunto di margine d’intermediazione e commissioni nette che hanno retto l’urto della crisi attestandosi a 895 milioni (+0,7%) e 424,4 milioni (-0,9%), mentre dall’altro i costi operativi sono scesi del 4% a 518,1 milioni. La banca emiliana è riuscita così a comprimere ulteriormente il cost/income dal 60,8 al 57,9%. Quanto alla qualità del credito, le rettifiche nette di valore sono salite da 26,3 a 73,1 milioni per via dei 41,3 milioni accantonati a fronte di future possibili tensioni legate agli effetti della pandemia. I coefficienti patrimoniali a fine settembre mostravano poi un Cet1 fully al 13,9% e un total capital al 16,4%. La raccolta da clientela nei nove mesi è salita del 7,1% a 74,6 miliardi, con la componente gestita migliorata del 3,6% a 28,38 miliardi. Gli impieghi sono aumentati a loro volta del 10,9% a 28,1 miliardi, con i mutui a trainare la tendenza positiva: nel periodo, il controvalore dei prestiti ipotecari concessi alle famiglie è infatti salito del 21% a 1,253 miliardi. Le sofferenze sugli impieghi netti sono infine scese dallo 0,84 allo 0,55%. (riproduzione riservata)
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