Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
È altissimo l’interesse delle compagnie di assicurazione per il bonus fiscale introdotto a maggio scorso dal Decreto Bilancio che ha incrementato fino al 110% la detrazione delle spese sostenute per migliorare l’efficienza energetica degli edifici e per ridurne il rischio sismico. Perché le imprese assicurative non solo possono rilevare il credito fiscale ma sono anche chiamate ad offrire coperture assicurative, come quella di responsabilità civile prevista obbligatoriamente per gli asseveratori, ovvero i tecnici che devono mettere il loro bollino sulla correttezza dei lavori effettuati ai fini fiscali.
Scarsa educazione finanziaria e assicurativa, reddito pro capite sotto la media europea, eccessiva fiducia nell’intervento pubblico e in se stessi. Secondo l’Ivass sono questi alcuni dei motivi che spiegano la sottoassicurazione che si registra in Italia rispetto agli altri Paesi europei. L’indicazione è emersa ieri – nel corso dell’InsuranceDay organizzato da Class Editori in collaborazione con Accenture – in un intervento a cura di Riccardo Cesari, consigliere dell’authority assicurativa.
Maggiore personalizzazione, servizi più semplici e intuitivi, digitalizzazione, consulenza avanzata, maggior competizione sul prezzo e un assetto distributivo capillare e integrato con il mondo bancario. Sono queste le nuove sfide che il mondo assicurativo deve affrontare nell’attuale fase ancora pesantemente intaccata dal Covid-19. Per Alessandro Castellano, country ceo di Zurich Insurance Group Italia, le compagnie assicurative dovrebbero ripartire dalla digitalizzazione per poter cavalcare le trasformazioni in atto. La digitalizzazione è un mezzo che permette di instaurare una relazione più diretta con il cliente. Il settore assicurativo ha davanti a sé una grande sfida: quella di far capire ai suoi clienti che cosa stanno comprando. Bisogna ammetterlo: un po’ per superficialità del cliente e un po’ per l’incapacità del sistema di dare informazioni sufficientemente chiare, esiste un gap di conoscenza in merito a coperture, massimali e franchigie.
Sono 21 milioni gli italiani che, secondo un’indagine realizzata per Facile.it da mUp Research e Norstat, hanno intenzione di usufruire del Superbonus 110%. Il 47,4% ha intenzione di cedere il credito di imposta alla banca o altri soggetti, il 42,5% detrarrà l’importo direttamente dalla dichiarazione dei redditi e il 20% usufruirà dello sconto in fattura, le percentuali cambiano da regione a regione. A fronte di una media nazionale pari al 48,6%, i cittadini più interessati ad approfittare del bonus sembrano essere quelli residenti nelle regioni del Sud e delle Isole, dove il 52,7% dei rispondenti ha dichiarato di avere intenzione di usufruire dell’agevolazione; di contro, i «meno interessati» sono risultati essere i rispondenti residenti nel Nord Ovest; qui la percentuale è pari al 45,1%. Vivono invece prevalentemente al Nord Est gli italiani che, pur interessati al Superbonus, hanno scelto di rinunciare per l’eccessiva burocrazia connessa alla richiesta (8,7% rispetto al 7,1% rilevato a livello nazionale).
Per asseverare il superbonus servono polizze ad hoc. L’ipotesi di procedere con l’ampliamento della polizza per rischi professionali già in essere non appare infatti percorribile. La costruzione di una polizza tipo, specificatamente destinata alla copertura dei rischi che gli asseveratori si assumono, incontra però alcune difficoltà tecniche dovute alla farraginosa definizione normativa del rischio assicurabile e del computo, a scalare, dei massimali previsti. Sono queste le principali novità sullo specifico tema emerse nel corso della sessione pomeridiana del Festival delle assicurazioni di Milano Finanza dal titolo «Superbonus 110%, la compagnia ristruttura la casa».
- Bankitalia: le imprese rischiano l’insolvenza meno della crisi del 2012
La crisi del Covid impatta in maniera significativa sulle imprese italiane ma il peggioramento osservato sulle probabilità di insolvenza, almeno finora, è meno grave di quello vissuto dopo la crisi del debito sovrano. Il segnale tutto sommato rassicurante — ma tra molte incertezze — arriva da Bankitalia che ha stimato la probabilità di default per le aziende nei prossimi 12 mesi. La quota passerebbe dal 2,4% medio pre-crisi al 3-4,4%, a seconda degli scenari, cioè della possibilità di accesso o meno ai prestiti coperti da garanzie pubbliche. Ma è più bassa del livello di 5,4% toccato nel 2015, culmine della crisi da debito pubblico. Tra i settori più colpiti, ristorazione e alloggio (+2,5 punti percentuali a 5,5%) e le attività artistiche (1 punto percentuale in più al 4,4%). In ogni caso si tratta di osservazioni preliminari, dato che il Pil è atteso in calo vicino a 9,5% mentre allora fu più limitato. Per l’analisi Bankitalia ha usato i dati di un rating interno, «Icas», (In-House Credit Assessment System), che stima le probabilità di insolvenza, creato dalla Banca d’Italia nel 2013 per consentire alle banche di portare in Bce i prestiti erogati come garanzia per avere nuova liquidità. È uno strumento per la politica monetaria cui fanno ricorso gli istituti, soprattutto medio-piccoli che non hanno varato modelli interni, che si è rivelato valido anche per le analisi macroeconomiche. Icas è analizzato in un rapporto, uscito ieri, da un gruppo di economisti di Bankitalia: Aviram Levy, Alessandra Iannamorelli, Marco Orlandi, Filippo Giovannelli. Con Icas 40 banche (il numero è in crescita) hanno potuto ottenere a giugno 16 miliardi di liquidità (da 9 a fine 2019), in un circolo virtuoso per cui più prestano e più liquidità possono ottenere. Secondo gli autori ci sono margini per far crescere di 3-4 volte quel numero, a vantaggio delle pmi.
- Cause inutili, sanzionato l’avvocato