Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Né banca né assicurazione, Poste Italiane, che pure di polizze e risparmio ne ha decisamente tanto nel suo bilancio, è riuscita a pagare il dividendo grazie ai buoni risultati raggiunti nel terzo trimestre: la proposta è di un acconto della cedola 2021 (relativo all’esercizio 2020) per un ammontare di 0,162 euro per azione (+5%), che sarà staccata lunedì 23 novembre e messa in pagamento il 25. Ma c’è anche un altro dato sorprendente nei risultati dei nove mesi presentati ieri al mercato dal gruppo guidato da Matteo Del Fante. Poste Italiane, già leader in Italia nel settore delle polizze Vita, in una pole position contesa da sempre con Intesa Sanpaolo Vita (classifica che varia a seconda parametro di riferimento) in poco tempo ha scalato anche posizioni del ramo assicurativo Danni tanto che nei primi nove mesi del 2020 Poste Assicura è diventata la seconda compagnia in Italia nel mercato bancassicurativo non-auto. Anche in questo caso, il primato è di Intesa Sanpaolo che è saldamente sul podio.
Il risultato operativo è in crescita e Generali Assicurazioni ha battuto le previsioni degli analisti anche per quanto riguarda premi e redditività, con un Solvency II che a fine settembre era decisamente robusto, pari a 203%, al netto dell’intero dividendo 2019 e dell’accantonamento pro rata della cedola 2020. Ma per il dividendo promesso al mercato entro fine anno, pari a 0,46 euro (dopo gli 0,50 euro assegnati ad aprile), bisognerà aspettare ancora qualche mese, fino al 2021. «Il cda ha preso atto della lettera ricevuta il 10 novembre, in cui l’Ivass ha rappresentato alla società che l’applicazione della raccomandazione fatta dal Comitato Europeo per il Rischio Sistemico a giugno 2020 e ancora vigente in merito alla distribuzione di dividendi ha carattere generale e non contempla una valutazione caso per caso ritenendo pertanto il gruppo impegnato a non procedere al pagamento della seconda tranche», hanno spiegato dalla compagnia non senza qualche polemica. Il group ceo di Generali Philippe Donnet, rispondendo alle domande degli analisti sul rinvio della seconda tranche, ha rilevato che, a differenza dello stop della Bce che garantisce un terreno comune di gioco a tutte le banche, «il regolatore europeo delle assicurazioni Eiopa e le authority locali non sono stati in grado di garantire parità di condizioni». Il riferimento è per esempio alla tedesca Allianz, che ha regolarmente pagato una cedola di 9,6 euro lo scorso aprile (bloccando però l’operazione di buyback). «Non è accettabile, perché così non c’è una competizione equa» fra compagnie concorrenti.
«Stiamo costruendo una piattaforma di investimenti in strumenti alternative, ossia in economia reale, che non ha confronti in Italia. Lo avevamo già fatto negli anni scorsi con i mercati emergenti, per dare ai clienti nuove possibilità di guadagno in epoca di tassi sempre più bassi e ormai azzerati, spingendoci in Paesi dove l’industria del risparmio gestito sta muovendo i primi passi. Pensiamo di avere avuto ragione e proseguiamo su quella strada in chiave inedita anche oggi». Nel presentare i risultati di Azimut nei primo nove mesi dell’anno il presidente Pietro Giuliani è combattuto tra mettere in risalto i numeri del gruppo di risparmio gestito e sottolineare l’impostazione fuori dagli schemi che sta dando, assieme ai cinque amministratori delegati che lavorano a stretto contatto con lui, fatta di ricerca di mercati non abituali e strategie originali per offrire buone performance ai clienti. «Per centrare questo obiettivo in epoca di tassi a zero era necessario guardare altrove: pensiamo che solo dall’economia reale possano emergere opportunità di guadagno in grado di compensare i rendimenti in via di evaporazione sul fronte del reddito fisso. Possiamo dire di essere un unicum nel panorama italiano e non solo, perché una piattaforma di investimento capace di spaziare in questa misura su private equity e private debt non solo italiano ma mondiale non ha eguali».
Ammonta a 623 milioni di euro il contributo che Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking ha portato all’utile netto della capogruppo nei primi nove mesi d’esercizio. La divisione guidata dall’ad e dg Tommaso Corcos si conferma così secondo contributore all’ultima riga del conto economico dell’istituto guidato da Carlo Messina, preceduta soltanto dal Corporate & Investment Banking che nel medesimo arco temporale ha contribuito al consolidato per 1,538 miliardi. Su base tendenziale, l’utile di periodo mostra una flessione del 5%, scontando l’azione congiunta di un aumento delle rettifiche di valore nette sui crediti e delle imposte sul reddito. Nei nove mesi, la divisione ha poi riportato commissioni nette stabili a 1,26 miliardi, resilienza mostrata anche alla voce commissioni nette ricorrenti chiusa a quota 1,185 miliardi. Il margine d’interesse è invece migliorato del 17% nel confronto con l’analogo periodo dello scorso anno, a 154 milioni. Su quest’ultimo dato hanno inciso sia una crescita dei volumi dei depositi a scadenza di tesoreria sia un’azione di contenimento del costo medio della raccolta interbancaria. Nel contempo, Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking è riuscita a comprimere dell’1% a 443 milioni i costi operativi netti, riducendo in particolare di otto milioni le spese per il personale, in scia all’accentramento di alcune funzioni di controllo alla capogruppo.
- Sace: in 9 mesi mobilitati 7,5 mld per la filiera dell’auto
La Sace «consolida l’impegno a sostegno delle aziende del settore automotive». Lo afferma la società, sottolineando che le nuove iniziative e operazioni dedicate alla filiera delle quattro ruote «si sono tradotte in circa 7,5 miliardi di euro di risorse mobilitate nei primi nove mesi del 2020, destinati a export, processi di internazionalizzazione, sostegno alla liquidità e investimenti in Italia». La filiera automotive è «riconosciuta a livello globale, è composta da oltre 5.500 imprese ed è strategica non solo per i numeri che rappresenta (il 6,2% del pil e il 7% degli occupati del settore manifatturiero del Paese) ma anche per gli importanti investimenti in ricerca e sviluppo che risultano determinanti per la competitività in questo contesto di rapidi cambiamenti tecnologici». Tra i settori più colpiti dall’emergenza Covid-19, «negli ultimi anni l’automotive ha dovuto ripensare il suo modello di business, affrontando le sfide poste dal mercato per restare competitivi: transizione energetica, mobilità, guida autonoma».
- Zurich cresce nel commercial business
Il gruppo Zurich, guidato dal ceo Mario Greco, ha presentato i risultati per i primi nove mesi del 2020 mostrando una forte crescita del commercial business. Nel dettaglio, i premi lordi sottoscritti del ramo danni sono aumentati del 3% a cambi costanti, con una forte crescita del commercial insurance e un ulteriore miglioramento dei tassi. Il gruppo svizzero ha osservato poi una ripresa delle vendite della nuova produzione Vita nel terzo trimestre, con Ape in crescita del 7% a cambi costanti. Da inizio anno le vendite Ape sono diminuite invece dell’8% a cambi costanti. La posizione patrimoniale è rimasta solida, con l’indice Z-Ecm stimato pari al 110% e il Swiss Solvency Test ratio pari al 193% a fine settembre. I sinistri relativi al Covid-19, al netto della riduzione della frequenza dei sinistri, sono rimasti invariati invece a circa 450 milioni. «Nel corso del terzo trimestre il gruppo Zurich ha continuato a gestire con successo le sfide senza precedenti poste dal Covid-19, la recessione globale e un numero record di uragani che si sono abbattuti sugli Stati Uniti», ha dichiarato il cfo George Quinn. «La crescita della divisione commercial è rimasta solida, con un ulteriore miglioramento dei prezzi e delle performance. Il business Vita ha visto un ritorno alla crescita nel terzo trimestre, nonostante le continue sfide per i canali fisici di distribuzione mentre Farmers ha proseguito nella sua strategia per migliorare la crescita».
La maggiore crescita dei contagi del virus da fine agosto ad oggi è stata quella nella fascia di età da zero a 19 anni, e quindi nella popolazione scolastica (a cui andrebbero aggiunti ovviamente insegnanti e personale non docente).
Lo certifica il bollettino di sorveglianza sul virus pubblicato ieri mattina dall’Istituto superiore di Sanità, che conteggia nella fascia scolastica fino a 19 il 7 novembre scorso 102.419 contagi, che il 25 agosto erano soltanto 9.544. La crescita quindi è stata del 1.073,10%, la più alta assoluta nella popolazione italiana. Al secondo posto per contagi in quell’arco di tempo la fascia dei giovani fra 20 e 29 anni, fra cui ci sono anche molti universitari. Erano 18.834 il 25 agosto scorso, sono diventati 104.884 il 7 novembre, con un aumento percentuale del 556,88% in poco più di due mesi. Molto inferiore la crescita in tutte le altre fasce di età, come si può vedere nella tabella pubblicata oggi da Il Tempo.
- Per gli analisti conti buoni ma delusione sul dividendo
Gli analisti parlano di risultati forti per Generali, anche se ha deluso la notizia sulla cedola. Per Equita sim i numeri sono leggermente superiori alle attese a livello operativo, ma la seconda tranche del dividendo non verrà pagata nel 2020. Il cda, prendendo atto delle indicazioni del regolatore, ha deliberato di attenersi alle attuali richieste dell’autorità di vigilanza e di non procedere all’erogazione della seconda tranche del dividendo 2019 entro fine anno. Secondo gli esperti di Jefferies i dati mostrano una forte performance in tutte le divisioni. In ogni caso, nonostante un Solvency al 203%, il regolatore continua a limitare le cedole.
- Poste: profitti a quota 353 milioni, sale la raccolta del risparmio
Aumentano i ricavi e l’utile netto cresce del 10%. Poste Italiane archivia il terzo trimestre recuperando terreno rispetto alla prima parte dell’anno, contrassegnata dal lockdown. Il gruppo guidato da Matteo Del Fante evidenzia nel trimestre ricavi pari a 2,6 miliardi di euro, +0,8% rispetto allo stesso periodo del 2019. Un’evoluzione che nei primi nove mesi dell’anno ha portato i ricavi complessivamente a 7,7 miliardi (-5,2% rispetto al 2019). Nel terzo trimestre i costi sono stabili, ma il gruppo registra un calo dell’1,8% nei primi nove mesi, con la voce costi a 6,4 miliardi. Il ritorno alla piena operatività consente di archiviare il trimestre con un utile di 353 milioni (+10,3%). Nei primi nove mesi del 2020 il valore dell’utile netto è di 898 milioni, segnando una flessione del 17,1% rispetto al 2019. Le attività che crescono maggiormente in termini di ricavi sono il settore pacchi B2C (+58%), i servizi di pagamento e mobile (+8,2%) e i servizi assicurativi(+7,1%). «Con la grande fiducia degli investitori nella nostra rete e con il grande lavoro fatto dai nostri colleghi — spiega Del Fante — le masse gestite sono aumentate di oltre 20 miliardi negli ultimi 9 mesi. Durante l’emergenza Covid abbiamo rafforzato il tradizionale ruolo di porto sicuro per il risparmio degli italiani». Confermata la politica dividendi 2020: il 25 novembre è previsto un acconto sul dividendo pari a 0,162 euro per azione.
- Generali, conti in crescita Dividendi a 4,5 miliardi
Generali conferma la politica di remunerazione degli azionisti ma si attiene alla raccomandazione pervenuta dall’authority di vigilanza italiana Ivass e non distribuisce entro fine anno la seconda tranche di dividendo, pari a 0,46 euro. Il gruppo intende procedere comunque al pagamento della parte restante nel 2021 se l’autorità esprimerà un orientamento positivo. Il group ceo Philippe Donnet rileva nella call con gli analisti che a differenza dello stop di Bce, «che garantisce terreno comune di gioco a tutte le banche, il regolatore europeo delle assicurazioni e le authority locali non sono stati in grado di garantire parità di condizioni. Non è accettabile: così non c’è competizione equa» fra compagnie concorrenti. «C’è dialettica con i regolatori e auspico che la situazione migliori nel 2021».
- Generali resiste al Covid Metà dividendo 2020 rinviato al prossimo anno
Conti (relativamente) con il vento in poppa per Generali e a tutto tondo per Poste, ma andamento divergente in Borsa: a tutto gas il gruppo guidato da Matteo Del Fante, con la ridotta il Leone di Trieste, su cui ha pesato il rinvio del pagamento della seconda parte della cedola in corso. Un rinvio al 2021, chiesto dall’Ivass (in ottemperanza alle indicazioni fornite a suo tempo dalle autorità europee) e reso ancor più cogente dal contesto sanitario delle ultime settimane. Un invito che stavolta è suonato praticamente come un obbligo, da parte dell’Ivass, a carattere macroprudenziale e che prescinde totalmente dalla situazione contingente di Generali, come sottolineano fonti vicine all’autorità di vigilanza del settore, ma che ha comunque sollevato malumore sul mercato (-0,15%, dopo uno scivolone proprio in apertura) e puntualizzazioni da parte di Philippe Donnet. L’ad di Generali ha lamentato la «mancanza di parità di condizioni» tra compagnie assicurative europee. I primi nove mesi dell’anno si sono chiusi per Generali con un risultato operativo di 4 miliardi (+2,3%, nella parte alta della forchetta del consensus), mentre l’utile netto di gruppo è stato pari a 1,297 miliardi (-40%) «risentendo di 310 milioni di svalutazioni nette su investimenti derivanti dall’andamento dei mercati finanziari, di 183 milioni per Bsi» e di altri oneri per 173 milioni.
- Axa e Allianz ora si ritrovano davanti al Leone
Se Generali avesse pagato l’intera cedola il dividend yeld della compagnia sarebbe balzato, ai prezzi di ieri, ossia circa 13,41 euro, ben oltre il 7%. Agli atti, invece, restano solo gli 0,5 euro distribuiti la scorsa primavera e dunque il dividend yeld si ferma 3,7%. Inferiore a quello degli altri due competitor diretti: Axa e Allianz. Il gruppo tedesco ha pagato l’intero dividendo a giugno garantendo un dividend yeld del 5%. Diversamente Axa, che per ora ha versato solo una parte della cedola (0,73 euro), e non ha ancora sciolto la riserva sulla seconda tranche, già con questo primo sforzo ha portato, sempre ai valori di Borsa attuali, il proprio dividend yeld al 4%.
- Superbonus, tre livelli di responsabilità per i professionisti
Per accedere al 110% gli interventi trainanti devono rispettare specifici requisiti e devono assicurare, anche congiuntamente agli interventi trainati, il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio ovvero, se non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta. Questo va dimostrato tramite Ape, ante e post intervento, rilasciato da tecnico abilitato con una dichiarazione asseverata. Allo stesso modo, va asseverata la congruità delle spese sostenute per gli interventi agevolati. E così, per gli interventi legati al sismabonus, va attestata la riduzione del rischio sismico strutturale. Queste prestazioni rientrano tra le spese detraibili. Il visto di conformità fiscale è, invece, rilasciato dai professionisti abilitati e dai Caf, in caso di cessione del credito e sconto in fattura. I professionisti, a garanzia del fatto che non venga danneggiato il bilancio dello Stato, possono incorrere nel reato di «falsità ideologica in certificati» (articolo 481 del codice penale) e/o di «truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche» (articolo 640 bis). Nel primo reato incorre chiunque attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità; punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 51 a euro 516. Queste pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro. Nel secondo reato la pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d’ufficio se il fatto riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.
- Gli assicuratori impazienti di pagare i dividendi nel 2021