di Luca Gualtieri
Intesa Sanpaolo tornerà a remunerare i suoi azionisti non appena Bce lo consentirà e il blocco alla distribuzione dei dividendi stabilito nell’anno del Covid verrà meno. Questo è il messaggio lanciato ieri dal ceo Carlo Messina durante la presentazione dei risultati trimestrali. Non solo infatti è stato confermato un pay out ratio del 75% per il 2020 e del 70% per il 2021 ma, in aggiunta alla distribuzione della cedola a valere sul 2020, Ca’ de Sass vuole verificare con il regolatore anche la possibilità di distribuire le riserve del dividendo a valere sul 2019. «Siamo convinti», ha dichiarato Messina agli analisti finanziari, «di essere una delle banche meglio posizionate per poter riprendere la distribuzione dei dividendi una volta avuta l’autorizzazione della Bce».
Venendo ai conti dei nove mesi, Intesa ha registrato un utile netto di 6,4 miliardi grazie all’impatto dell’acquisizione di Ubi mentre, senza l’importo dell’avviamento negativo della banca lombarda oggi guidata da Gaetano Miccichè (pari a 3,3 miliardi), l’ultima riga del conto economico sarebbe stata di 3,1 miliardi, anticipando comunque di un trimestre l’obiettivo dell’utile per il 2020. Il risultato netto nel terzo trimestre è stato invece pari a 546 milioni e a 3,8 miliardi, includendo anche il goodwill negativo originato dall’acquisizione di Ubi. Andando più nel dettaglio, i ricavi hanno beneficiato di una significativa ripresa del margine di interesse e delle commissioni; inoltre il flusso netto delle masse di risparmio in gestione è in accelerazione mentre continua il forte calo dei costi. Quest’ultimo trend «conferma il nostro livello di efficienza operativa tra più elevati a livello europeo», ha rivendicato Messina, sottolineando anche la riduzione dello «stock dei crediti deteriorati di 3 miliardi nei nove mesi» e un flusso di nuovi crediti deteriorati «al livello più basso mai registrato nei primi nove mesi dell’anno».
Tornando a Ubi, il processo di integrazione si sta realizzando secondo i tempi previsti e in alcuni casi «stiamo raggiungendo in anticipo gli obiettivi fissati», ha puntualizzato Messina. «Di conseguenza ci «aspettiamo di ottenere sinergie significative, anche superiori ai 700 milioni annunciati a giugno». Superiori alle attese sono anche i 3,3 miliardi relativi all’avviamento negativo di Ubi il cui valore sarà rideterminato definitivamente con il bilancio 2020. L’importo sarà utilizzato nel quarto trimestre per «rendere la banca ancora più forte», ha spiegato il ceo aggiungendo che servirà per «compensare gli oneri di integrazione, migliorare l’efficienza e accelerare la riduzione dei crediti deteriorati».
Intesa è ben equipaggiata anche per fronteggiare la crisi provocata dalla pandemia e per dare supporto alle famiglie e alle imprese. Nei primi nove mesi dell’anno sono stati accantonati 1,3 miliardi per futuri impatti legati al Covid-19, di cui 430 milioni nel terzo trimestre. In questo contesto «siamo ben preparati a questo contesto e siamo pronti per continuare ad avere successo nel futuro», ha detto l’amministratore delegato. La banca ha poi messo in campo risorse per 125 milioni sotto forma di donazioni, moratorie per 66 miliardi e prestiti con garanzia statale per 24 miliardi. Tocca invece i 66 miliardi il nuovo credito a medio e lungo termine (circa 80 miliardi includendo Ubi) erogato a famiglie e piccole e medie imprese.
I risultati sono stati accolti positivamente da Piazza Affari con il titolo che ha chiuso in rialzo del 3,71% a 1,59 euro. Intesa Sanpaolo è ora la seconda banca dell’Eurozona per valore di borsa con una capitalizzazione di 32 miliardi di euro. Al primo posto c’è Bnp Paribas, mentre è terza la spagnola Santander. (riproduzione riservata)
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