di Oscar Bodini
Ammonta a 623 milioni di euro il contributo che Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking ha portato all’utile netto della capogruppo nei primi nove mesi d’esercizio. La divisione guidata dall’ad e dg Tommaso Corcos si conferma così secondo contributore all’ultima riga del conto economico dell’istituto guidato da Carlo Messina, preceduta soltanto dal Corporate & Investment Banking che nel medesimo arco temporale ha contribuito al consolidato per 1,538 miliardi. Su base tendenziale, l’utile di periodo mostra una flessione del 5%, scontando l’azione congiunta di un aumento delle rettifiche di valore nette sui crediti e delle imposte sul reddito. Nei nove mesi, la divisione ha poi riportato commissioni nette stabili a 1,26 miliardi, resilienza mostrata anche alla voce commissioni nette ricorrenti chiusa a quota 1,185 miliardi. Il margine d’interesse è invece migliorato del 17% nel confronto con l’analogo periodo dello scorso anno, a 154 milioni. Su quest’ultimo dato hanno inciso sia una crescita dei volumi dei depositi a scadenza di tesoreria sia un’azione di contenimento del costo medio della raccolta interbancaria. Nel contempo, Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking è riuscita a comprimere dell’1% a 443 milioni i costi operativi netti, riducendo in particolare di otto milioni le spese per il personale, in scia all’accentramento di alcune funzioni di controllo alla capogruppo.
In linea con lo scorso esercizio (43 milioni contro i 42 del periodo gennaio-settembre 2019) sono state anche le rettifiche nette apportate su attività materiali e immateriali, così come il cost/income che è rimasto stabile al 31%. Quanto ai coefficienti patrimoniali, al 30 settembre scorso la divisione specializzata nell’offerta di servizi di consulenza finanziaria per clientela private e hnwi ha visto rafforzarsi il Cet1 consolidato al 28,3%, rispetto al 19,2% di fine 2019. Un trend ascrivibile alla decisione dello scorso anno, quando il cda di Fideuram Ispb aveva deciso di destinare a riserva l’intero risultato d’esercizio, facendo così aumentare i fondi propri.
A fine settembre le masse amministrate hanno invece aggiornato i massimi storici toccati in precedenza, aggiungendo ulteriori 1,1 miliardi di consistenze che hanno portato a 243,8 miliardi di euro il dato complessivo.
Un’evoluzione favorevole che è figlia della performance commerciale: le reti dei private banker hanno infatti messo a segno una raccolta netta di 8,2 miliardi, compensando in buona parte l’andamento altalenante dei mercati finanziari che nei nove mesi hanno risentito in misura significativa dell’incertezza legata alla pandemia.
L’analisi per aggregati mostra inoltre come la componente legata al risparmio gestito – la più remunerativa – si sia attestata a164,5 miliardi, vale a dire oltre il 67% delle masse amministrate. Nel periodo, l’attività commerciale ha invece registrato 8,2 miliardi di raccolta netta, in crescita dell’11% su base tendenziale. Su questo fronte, la raccolta di risparmio gestito è stata pari a oltre 2,5 miliardi di euro, con un incremento del +158% rispetto a fine settembre 2019. La componente di risparmio amministrato, positiva per 5,6 miliardi, è invece diminuita di circa 0,7 miliardi.
L’incertezza socioeconomica legata al contesto emergenziale generato dal lungo periodo di lockdown, ha sottolineato l’ad e dg, Tommaso Corcos, «ha spinto le famiglie italiane a una più marcata propensione al risparmio. Per fare in modo che tale ricchezza venga opportunamente valorizzata nel tempo è indispensabile una pianificazione finanziaria supportata da professionisti della consulenza, in grado di fornire risposte in linea con le esigenze personali di investimento e con il profilo di rischio del singolo risparmiatore».
Quanto alla struttura distributiva, a fine settembre la rete di Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking includeva 5.785 private banker, con un portafoglio medio pro-capite superiore a 42 milioni di euro. (riproduzione riservata)
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