Banche e assicurazioni hanno in cassa oltre 10 miliardi congelati dalle authority Ue. Se Bce ed Eiopa li sbloccheranno, il rendimento di Intesa può arrivare al 15%, Generali al 16%, Mediolanum al 14%. Quanto alle altre azioni di Piazza Affari…
di Elena Dal Maso e Francesca Gerosa
C’è un tesoro nascosto a Piazza Affari, la montagna dei dividendi accantonati da istituti di credito, assicurazioni e gestori di patrimoni. Mediobanca stima si tratti di 6,2 miliardi di cedole sospese nel 2020 e relative ai profitti dell’anno precedente, in attesa di essere liberati a breve dalle authority europee, che li hanno tenuti fermi per ragioni di cautela legate alla pandemia. Nel frattempo, però, le banche hanno cominciato a pubblicare i bilanci del terzo trimestre, migliori delle attese, e Intesa Sanpaolo per esempio ha registrato 3,8 miliardi di utile. Il gruppo guidato dall’ad Carlo Messina nel frattempo ha messo da parte, da solo, 2,3 miliardi derivanti dai profitti dei primi nove mesi del 2020, che si aggiungono quindi ai 6,2 miliardi precedenti. Mentre Unicredit avrebbe un surplus di liquidità, secondo i calcoli di Goldman Sachs, di 10 miliardi, parte dei quali l’ad Jean Pierre Mustier vuole destinare a cedole e buyback. Quindi, per restare cauti, il settore finanziario ha a disposizione, se lo vorrà, ben oltre 10 miliardi di euro di utili da distribuire ai soci.
Se la Banca centrale europea, a inizio dicembre, in base alle nuove proiezioni macro, farà capire che dal 2021 il comparto può tornare a dare soddisfazione agli azionisti, la stessa Intesa potrebbe valere un dividend yield del 7,6% sugli utili 2020 più -eventualmente- un altro 7,5% relativo ai profitti 2019 accantonati in questi mesi, secondo i calcoli fatti da AcomeA per MF-Milano Finanza. Il rendimento da dividendo complessivo arriverebbe insomma attorno al 15%, ai prezzi attuali del titolo. Magari la seconda ondata di pandemia potrà suggerire ancora prudenza, ma le attese non scendono sotto al 10%, ossia quanto i profitti dell’intero 2020 lasciando a riserva il maturato del 2019. Straordinario, in epoca di tassi negativi. Per Alberto Villa, head of research dell’ufficio studi Intermonte, «sarà difficile che le banche possano staccare il prossimo anno tutto il dividendo congelato del 2020 più quello per il 2021, tranne forse nel caso dei gestori di patrimoni come Banca Mediolanum e Banca Generali, che non erogano prestiti e campano di commissioni». Fra i titoli più interessanti Banca Farmafactoring potrebbe esporre in vetrina un dividend yield nel 2021 del 12% (22% se sommiamo anche il 2020), Mediobanca del 7,5% (11,9% con il 2020), e le Generali, che con tutto il comparto assicurativo hanno congelato a loro volta gli stacchi, potrebbero valere un dividend yield dell’8% (16% con il 2020), Banca Mediolanum del 6,6% (14,4% con il 2020), Banca Sistema del 6% (12,7% con il 2020), Banca Generali del 5,5% (11% con il 2020), il Credem del 4,8% (9,3% con il 2020), Unicredit del 4,6% (6,3% con il 2020). Secondo i calcoli dell’ufficio studi di Intermonte, nel 2019, quindi prima della crisi pandemica, Piazza Affari ha staccato 23,8 miliardi di dividendi. Quest’anno il totale cedole pagate si è ridotto a 15,62 miliardi, su cui il settore finanziario ha inciso solo per 3,6 miliardi. Per Intermonte il cumulo dei dividendi che potrebbe essere pagato nel 2021 è di 16,9 miliardi, di cui 6,9 da parte del settore finanziario. La sim resta cauta, del resto lo stesso mercato dei futures dice che i prezzi scontano per il prossimo anno lo stacco della cedola (neanche interamente) a valere sul 2020, mentre non incorporano il pagamento del dividendo 2019. «Dai minimi di ottobre il dividend future 2021 sull’EuroStoxx Banks ha recuperato il 35%, contro un più esiguo rimbalzo dell’indice bancario europeo del 10% circa», spiega Lorenzo Batacchi, portfolio manager di Bper e membro Assiom Forex. «Qualche operatore sta incominciando quindi a ragionare sui dividendi per il settore bancario nel 2021. Tuttavia, guardando alle scadenze degli anni successivi, i prezzi intorno a 2 sia per il 2022 sia per il 2023 sono la metà del livello cui quotavano prima del Covid», aggiunge. E anche per questa ragione i vertici di Mediobanca, di Intesa Sanpaolo e di Unicredit, dopo aver fornito i conti al 30 settembre, hanno ribadito l’importanza di tornare a remunerare gli azionisti. Giacomo Tilotta, head of European Equity di AcomeA, ritiene che «le banche con migliore qualità degli asset dovrebbero avere il via libera da Francoforte. Poi, certo, dipende anche dal Covid, mentre le assicurazioni mi paiono un settore più solido e stabile, che avrà meno problemi sul fronte del ritorno alla cedola».
Sul fronte industriale chi è a caccia di rendimento può cercare ancora fra le utilities. Essendo società regolamentate, hanno una buona visibilità sugli investimenti a lungo termine e sui flussi di cassa. Non stupisce, quindi, vedere in cima alla classifica delle cedole più ricche Acsm-Agam (rendimento atteso nel 2021 del 10%), forte di un rapporto tra indebitamento finanziario netto e patrimonio che a giugno risultava pari a 0,26. A2A (7,13%), è consigliata da Banca Akros, sia per il rendimento da dividendo, atteso a 0,08 euro per azione a valere sul bilancio 2020, sia per la ripresa degli utili prevista nel 2021 (a 305 milioni dai 286 milioni stimati per il 2020). Mentre Ascopiave (6,3%) dalla quotazione a oggi ha distribuito oltre 200 milioni di euro di dividendi. Ma tra le best picks di Kepler Cheuvreux c’è un’altra utility, la piemontese Iren, che di recente ha confermato la sua strategia di crescita attraverso l’incremento degli investimenti e della marginalità con un ebitda atteso a fine 2025 a 1,16 miliardi e una crescita media annua del dividendo dell’8% nell’arco del piano. Italgas ha stabilito una nuova politica quadriennale (al 2023) che prevede la distribuzione di un dividendo pari al maggiore tra l’importo risultante dal dividendo 2019 (0,256 euro) aumentato del 4% annuo e il dividendo pari al 65% dell’utile per azione adjusted. Gli analisti di Intesa si attendono un rendimento del dividendo per quest’anno del 5,5%, salirà al 5,8% nel 2021 e al 6% l’anno successivo. C’è anche chi come Snam, forte dei buoni risultati del terzo trimestre 2020, ha optato per la distribuzione di un acconto sul dividendo di 0,0998 euro, superiore del 5% rispetto al dividendo ad interim dello scorso anno. Stesso copione per Enel che ha deliberato un acconto sul dividendo 2020 pari a 0,175 euro, in crescita del 9,4% rispetto a quello distribuito a gennaio. Il tutto condito con un dividendo complessivo sui risultati dell’esercizio 2020 (il rendimento supererà il 4,5%) pari all’importo più elevato tra 0,35 euro per azione e il 70% del risultato netto ordinario del gruppo. Equita suggerisce, fra gli altri, Terna (dividend yield 2021-2022 del 4,8-5,2%) e Acea (dividend yield 2021-2022 del 4,6-4,8%). Recordati e Piaggio distribuiranno un acconto sul dividendo relativo all’esercizio 2020 pari, rispettivamente, a 0,5 euro e a 3,7 centesimi. Quanto al complesso settore energetico, Eni è passata da 0,86 euro del 2019 a 0,55 per il 2020, con un dividend yield comunque del 6%. E gli azionisti di Fca, in vista delle nozze con la francese Psa, riceveranno un rendimento da dividendo ordinario 2021 minimo del 3,8% oltre alla cedola speciale di 2,9 miliardi, ma la quota del 46% detenuta da Psa in Faurecia sarà distribuita a tutti gli azionisti della nuova società, Stellantis, dopo il closing. C’è poi profumo di cedola extra anche in caso di un merger tra Ei Towers e Inwit. Equita vede spazio per un extra dividendo di 1,4 euro post fusione. E Rai Way? Può rendere il 4% circa sia quest’anno che il prossimo. Senza dimenticare Sabaf, con un yield atteso del 4,24%. Ma la stessa Equita è la seconda best in class nella classifica 2020, forte di un 9,5%. (riproduzione riservata)
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