di Lucio Sironi
«Stiamo costruendo una piattaforma di investimenti in strumenti alternative, ossia in economia reale, che non ha confronti in Italia. Lo avevamo già fatto negli anni scorsi con i mercati emergenti, per dare ai clienti nuove possibilità di guadagno in epoca di tassi sempre più bassi e ormai azzerati, spingendoci in Paesi dove l’industria del risparmio gestito sta muovendo i primi passi. Pensiamo di avere avuto ragione e proseguiamo su quella strada in chiave inedita anche oggi». Nel presentare i risultati di Azimut nei primo nove mesi dell’anno il presidente Pietro Giuliani è combattuto tra mettere in risalto i numeri del gruppo di risparmio gestito e sottolineare l’impostazione fuori dagli schemi che sta dando, assieme ai cinque amministratori delegati che lavorano a stretto contatto con lui, fatta di ricerca di mercati non abituali e strategie originali per offrire buone performance ai clienti. «Per centrare questo obiettivo in epoca di tassi a zero era necessario guardare altrove: pensiamo che solo dall’economia reale possano emergere opportunità di guadagno in grado di compensare i rendimenti in via di evaporazione sul fronte del reddito fisso. Possiamo dire di essere un unicum nel panorama italiano e non solo, perché una piattaforma di investimento capace di spaziare in questa misura su private equity e private debt non solo italiano ma mondiale non ha eguali».
Domanda. La mossa americana, ossia la vostra recente acquisizione (55% di Sanctuary Wealth Group, società indipendente di wealth management con masse gestite per 7 miliardi di dollari), la terza fatta negli Stati Uniti, lascia perplessi alcuni esperti del settore in quanto gli Usa sono considerati mercato a bassa marginalità.
Risposta. Non necessariamente se applichiamo il nostro paradigma fatto di integrazione tra distribuzione e gestione. Anche le due precedenti acquisizioni negli Usa, Genesis Investment Advisors, cioè consulenza finanziaria per clienti dell’America Latina, e Kennedy Lewis, specialista in alternative asset, sono state pensate per avviare questo modello in quel mercato. Stiamo creandoci una posizione interessante negli Usa, dopo quelle già messe in piedi in Sudamerica, Asia e Medio Oriente. Aggiungo che gli stessi big statunitensi del settore stanno mostrando interesse per gli investimenti in economia reale e che chi ci ha già messo piede non lo vuole togliere, come dimostra il fatto che la partecipazione appena presa in Sanctuary è fatta per intero in aumento di capitale.
D. Il traguardo dei 300 milioni di utile annuo sarà centrato?
R. A fine settembre eravamo a 230 milioni,; siamo sulla buona strada. È il secondo piano quinquennale di fila che stiamo rispettando, eppure non riusciamo a fare breccia da questo punto di vista: gli analisti ci assegnano sistematicamente target inferiori, poi altrettanto puntualmente disattesi, mentre in borsa la capitalizzazione di Azimut, attorno a 2,4 miliardi, rimane ben al di sotto di gruppi del risparmio gestito quotati che fanno meno utili di noi: FinecoBank nei nove mesi ha dichiarato 246 milioni di profitti e vale 7,3 miliardi, Banca Mediolanum 250 milioni per 5,3 miliardi di valore di borsa e Banca Generali 196 milioni per 3,2 miliardi al listino. Azimut tra l’altro è stata l’unica a poter distribuire l’ennesimo ricco dividendo, mentre le altre hanno subito lo stop della Bce.
D. Conti in equilibrio?
R. Nei 9mesi abbiamo completato un buyback per 45 milioni, sono stati fatti investimenti per 87 milioni. La posizione finanziaria netta a fine settembre era negativa per 76 milioni e include anche versamenti per 48 milioni per acconti d’imposta, bollo virtuale e riserve matematiche. (riproduzione riservata)