L’indice di solvibilità medio delle compagnie italiane è cresciuto per effetto della forte riduzione dei premi per il rischio sui titoli pubblici: nel mese di settembre aveva raggiunto il 228 per cento, un valore tuttavia ancora inferiore a quello di marzo del 2018.
E’ quanto riporta la Banca d’Italia nel Rapporto sulla stabilità finanziaria.
Il rialzo dei corsi dei titoli pubblici si è riflesso positivamente anche sul rendimento del capitale e delle riserve (return on equity, ROE), che per la gestione vita è salito all’11 per cento nel primo semestre del 2019 (4 per cento nello stesso periodo del 2018), principalmente per effetto delle riprese di valore dei titoli in portafoglio. L’aumento della redditività ha favorito un incremento dei corsi azionari e degli utili attesi dagli analisti.
La crescita delle quotazioni dei titoli ha determinato dallo scorso giugno un significativo incremento delle plusvalenze latenti nette delle compagnie, che hanno raggiunto il 13 per cento del valore complessivo del portafoglio.
Nei primi nove mesi dell’anno il valore dei titoli pubblici detenuti dalle compagnie è aumentato da 360 a 414 miliardi di euro, a causa sia dell’acquisto di nuovi titoli sia della rivalutazione di quelli in portafoglio. Alla fine di settembre i titoli pubblici, in prevalenza italiani, rappresentavano il 52 per cento del totale degli investimenti con rischio a carico delle compagnie, un livello ampiamente superiore alla media europea.
La quota di obbligazioni private resta inferiore a quella degli altri paesi ed è costituita prevalentemente da titoli emessi da società non finanziarie estere e con un merito di credito elevato. L’indagine sulle vulnerabilità effettuata trimestralmente dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) presso i principali gruppi e imprese italiani mostra che le compagnie che effettuano investimenti significativi (pari a più del 5 per cento del totale) in strumenti finanziari con un profilo di rischio e rendimento elevato rappresentano soltanto il 4 per cento del totale degli attivi del settore assicurativo. La quota di titoli di piccole e medie imprese sul totale delle attività rimane su livelli estremamente contenuti. Un incentivo ad ampliare questi investimenti potrà derivare dalle recenti modifiche alla normativa comunitaria sui requisiti patrimoniali, che prevedono una riduzione dell’assorbimento di capitale per le obbligazioni prive di rating, per gli strumenti di capitale non quotati e per gli investimenti a lungo termine in titoli di capitale.
In linea con la media europea, le assicurazioni italiane sono più esposte ai rischi di mercato – che rappresentano il 61 per cento del requisito di capitale di base – rispetto a quelli tecnici derivanti dall’attività assicurativa. In particolare le compagnie italiane sono soggette prevalentemente al rischio legato alla variazione degli spread obbligazionari (44 per cento). I rischi connessi con uno scenario prolungato di bassi tassi di interesse risultano contenuti.
Il rapporto tra l’onere per riscatti e i premi, un indicatore di potenziali tensioni di liquidità per le compagnie vita, si è mantenuto su valori storicamente ridotti; a settembre era pari al 42 per cento.