di Luca Gualtieri
Il 2020, si mormora, sarà un anno di grandi cambiamenti per le financial institutions italiane. A mutare infatti potrebbero essere non solo gli assetti di controllo delle banche retail, ma anche quelli di alcuni player dell’asset management. Tra i dossier che hanno iniziato a circolare nelle banche d’affari c’è quello di Anima Holding . Il gruppo guidato da Marco Carreri ha oggi un azionariato composito, destinato fisiologicamente a mutare. Da un lato c’è la storica partecipazione di Banco Bpm (quel 14,27% ereditato da Piazza Meda, che è nel capitale dell’asset manager dal 2007); dall’altro lato ci sono le Poste, subentrate a Mps nel 2015 e oggi attestate al 10,04%. Per il resto il capitale è polverizzato in una pletora di investitori istituzionali, italiani ed esteri, in continuo movimento. Unica certezza è un top management forte e rispettato dal mercato, soprattutto alla luce dei risultati portati in questi anni. Il contesto ideale, almeno sulla carta, per un management buyout, come qualche private equity internazionale avrebbe iniziato a proporre ai vertici. L’inconveniente? Per ora il prezzo, visto che dai minimi di maggio le azioni sono balzate del 75% a 4,7 euro. Non il momento ideale insomma per comprare. (riproduzione riservata)
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