di Andrea Pira
Via i vincoli che negli ultimi 11 mesi hanno sostanzialmente bloccato il mercato dei Pir. Maggioranza e opposizione hanno trovato una quadra per rivedere i piani individuali di risparmio. Le modifiche sono confluite in un emendamento al decreto fiscale, approvato ieri all’unanimità, che esclude il venture capital dagli investimenti consentiti e sintetizza proposte, venendo incontro alla richieste di Movimento 5 Stelle e Lega di far confluire risorse verso le pmi e verso l’economia reale tramite i mercati borsisitici.
Come anticipato da MF-Milano Finanza, la modifica prevede la sostituzione dei due vincoli, di almeno il 3,5% degli investimenti da destinare a società quotate sull’Aim e dell’altro 3,5% in venture capital, con una riserva del 5% del valore complessivo dello strumento in società di medio-piccola capitalizzazione: cioè «diverse da quelle inserite nell’indice Ftse Mib e Ftse Mid cap della Borsa Italiana o in indici equivalenti in altri mercati regolamentati». Una parte degli investimenti dei Pir (il 5% della quota del 30% destinata all’economia reale) dovrà quindi essere orientata alle piccolissime imprese. Di contro è stato concesso alle casse previdenziali di investire in più di un Pir (sempre nel limite del 10% del patrimonio). Cade pertanto il vincolo dell’unicità per fondi pensione e casse, che a questo punto potranno diversificare i propri investimenti.
«Le mie previsioni, sostenute dalle esperienze degli altri Paesi, sono che in 10 anni potranno essere raccolti dai Pir e indirizzati nell’economia reale e in particolare al finanziamento delle pmi oltre 150 miliardi di euro di risparmi privati», ha sottolineato Sestino Giacomoni di FI. Intanto dagli emendamenti dei relatori spuntano alcune proposte sul credito cooperativo. In materia di Ires e Irap chiarisce che sono deducibili anche gli oneri sostenuti dagli istituti come contributi al Fondo istituzionale di Garanzia volontario. Inoltre si interviene per chiarire come disciplinare le azioni di finanziamento emesse dagli istituti in crisi qualora l’intervento di risoluzione della Capogruppo preveda forme di aggregazione. Il governo intanto porta da 270 a 225 milioni il finanziamento della Cigs per cessazione per il 2019. (riproduzione riservata)
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