“Sono molteplici le sfide che dovrà affrontare il Sistema Sanitario del nostro Paese: l’insorgere di nuovi bisogni di cura, l’aumento della vita media, l’introduzione di farmaci e tecnologie sempre più complessi e, quindi, sempre più onerosi, per citarne alcune. Per ristabilire equità e universalismo è fondamentale stabilire un’alleanza vera tra la Sanità Pubblica, il settore assicurativo ed i Fondi Sanitari Integrativi”. Lo sostiene Marco Vecchietti, Amministratore Delegato e Direttore Generale di RBM Assicurazione Salute, a commento del dibattito tenutosi presso il Forum Risk Management di Firenze.
“Nel nostro Paese già oggi i cittadini sono assistiti mediante un sistema sanitario “misto” che vede una compresenza funzionale di pubblico e privato – ha spiegato –, di conseguenza l’affiancamento al Servizio Sanitario Nazionale di un Secondo Pilastro Privato istituzionale non costituirebbe affatto un elemento inconciliabile. Del resto bisogna considerare che, in termini di finanziamento, ciascun cittadino aggiunge ai 1.883,79 euro di tasse che versa per finanziare il SSN ulteriori 654,89 euro al momento dell’accesso alle cure. Al netto della quota assicurata dalle forme sanitarie integrative, si tratta di 34 miliardi di finanziamento aggiuntivo pagati annualmente dalle famiglie di quei cittadini che presentano patologie più gravi o di maggiore durata (cronicità, non autosufficienza, etc). Questa dinamica, peraltro, diversamente da quello che si potrebbe pensare è assolutamente trasversale a livello territoriale. Infatti se si analizza con attenzione il dato dell’incidenza della Spesa Sanitaria Privata sul reddito medio pro capite da Nord a Sud si può riscontrare come le differenze siano minime (3,2% a Nord, 2,8% a Sud). Proprio tale dato palesa pertanto che la necessità integrare le cure garantite dal Servizio Sanitario Nazionale pagando di tasca propria è piuttosto omogenea in tutto il Paese”.
Sulla direzione da intraprendere per far fronte all’effettivo fabbisogno di salute degli italiani Vecchietti ha le idee chiare: “In un’infrastruttura “monopilastro”, come quella sulla quale è stato costruito ormai 40 anni fa il nostro Sistema Sanitario, per poter far fronte al fabbisogno crescente di salute da parte degli italiani bisognerebbe incrementare costantemente la spesa sanitaria pubblica, imponendo di fatto “nuove tasse” alle aziende (che oggi forniscono poco più del 37% della dotazione del Fondo Sanitario attuale) e ai cittadini.
Si tratterebbe, in altri termini, di passare, secondo stime condivise nel settore, dagli attuali 112 miliardi a poco meno di 150 miliardi. Questo nei fatti vorrebbe dire portare la spesa media pro capite per cittadino da 1.870 Euro a quasi 2.500 Euro pro capite. Numeri che, soprattutto nell’attuale scenario di finanza pubblica, appaiano francamente non solo impercorribili, ma anche decisamente irrealistici.
Ma allora, se come in effetti è, si ammette una volta per tutte che il fabbisogno di salute degli italiani è superiore alla capacità finanziaria del Servizio Sanitario Nazionale perché non superare la chimera di Livelli Essenziali di Assistenza onnicomprensivi, ma non finanziabili, organizzando una gestione strutturata dei percorsi di cura in grado di beneficiare di quell’ibridazione, tra pubblico e privato, che ormai da un decennio è realtà per la stragrande maggioranza (2 su 3) dei cittadini italiani?”.
E ancora: “D’altra parte se, come si dice, la spesa sanitaria privata è rimasta sostanzialmente invariata prima e dopo la crisi credo che bisognerebbe prendere atto – con onestà intellettuale – che si tratta di una componente strutturale del Sistema Sanitario del nostro Paese che risponde a un bisogno effettivo dei cittadini e non alla loro capacità reddituale. In altri termini, la spesa sanitaria privata è in massima parte un fenomeno necessario e non un mero fenomeno consumistico, anche perché le cure private al pari di quelle erogate dal Servizio Sanitario Nazionale derivano sempre dalla prescrizione di un medico che, molto spesso, è proprio il medico di base”.
“Il Secondo Pilastro Sanitario – prosegue il numero uno di RBM Assicurazione Salute – viene sovente additato come sistema che sottrarrebbe, attraverso la sua fiscalità agevolata, delle risorse all’Erario che potrebbero essere in modo più proficuo impiegate per finanziarie il Fondo Sanitario Nazionale, ingenerando iniquità tra cittadini che possono beneficiarne e cittadini che ne sono ancora privi. Chi è di questo avviso non tiene conto di due importanti circostanze. La prima è che l’attuale sistema delle detrazioni fiscali per le spese sanitarie, esteso “sulla carta” a tutti i cittadini, risulta decisamente costoso (poco meno di 4 miliardi di Euro annui, con un costo più che doppio rispetto a quello dei benefici fiscali stanziati per le agevolazioni della Sanità Integrativa, fonte MEF) e, nella pratica finisce per agevolare esclusivamente i cittadini del Nord e quelli a reddito medio elevato (oltre i 60.000 Euro di Reddito annuo). La seconda che i benefici fiscali del Secondo Pilastro sono alternativi a quelli delle detrazioni per spese sanitarie, quindi in termini di risorse non aggiungono costi per lo Stato, dal momento che se il cittadino non ottenesse un rimborso dalla propria Polizza o dal proprio Fondo porterebbe in detrazione tali spese dalla sua dichiarazione dei redditi. Peraltro non bisogna dimenticare, che la diffusione di Polizze e Fondi Sanitari finisce inevitabilmente per garantire una significativa emersione di gettito aggiuntivo dal momento che l’assicurato, per poter ottenere il risarcimento, deve necessariamente produrre la relativa documentazione di spesa. È molto più facile che una fattura sia richiesta per ottenere il rimborso del 100% dopo un paio di settimane piuttosto che per un rimborso differito di un anno e per giunta solo del 19% delle spese sostenute”.
E conclude con la sua proposta: “Credo sia giunto il momento di fare i conti. Se l’obiettivo è davvero quello dell’equità e non quello della difesa di rendite di posizione, economiche e/o ideologiche, bisognerebbe pensare a come attuare un Secondo Pilastro Sanitario, anch’esso universale, piuttosto che continuare a cercare motivazioni strumentali per tentare di smontare una tutela che, per chi già la possiede, garantisce annualmente in media una riduzione di circa 2/3 della Spesa Sanitaria Privata”.