Buco normativo anche per le offerte di criptovalute e la costituzione di fondi dedicati
Smart contract e notarizzazione dei dati senza valore legale
di Luigi Chiarello
L’Italia non ha una infrastruttura giuridica in grado di sostenere lo sviluppo della blockchain: la tecnologia basata su una struttura di dati condivisa e immutabile, un specie di registro digitale le cui voci, raggruppate in «pagine» concatenate in ordine cronologico, vengono garantite nell’integrità dall’uso di primitive crittografiche. Manca all’Italia, in particolare, l’attribuzione del valore legale alla «notarizzazione» dei dati sul registro in condivisione, caricati con data certa e in modo tale da renderli non replicabili e non modificabili. Non hanno valore legale neppure i cosiddetti «smart contract», cioè le clausole contrattuali auto-applicative – condivise tra le parti e immodificabili – stipulate tra operatori su blockchain, senza l’asseverazione di un notaio. Non esiste in Italia neanche una legislazione in grado di supportare la costituzione di un fondo di investimento regolato in criptovalute e in prodotti finanziari su blockchain (il primo fondo europeo regolato, ideato da Consulcesi, è stato costituito con licenza dell’Autorità di sicurezza finanziaria di Malta). E, infine, non esiste una legislazione finanziaria, che regolamenti le cosiddette Initial coin offering (meglio conosciute come Ico), ossia la creazione di token, come le criptovalute, da cedere dietro corrispettivo, a soggetti finanziatori; in sostanza, si tratta di un termine mutuato dalle «Initial public offering», le offerte pubbliche di strumenti finanziari effettuate da emittenti azioni, obbligazioni, etc. Solo che le Ico generano, per l’appunto, token: sistemi non modificabili d’identificazione, che possono essere legati a valori di scambio (come le criptovalute), a titoli di proprietà o a ricompense per un lavoro svolto (ad esempio, le loyalty).
L’enorme lacuna normativa è emersa chiaramente dalle testimonianze degli operatori – tra cui Ibm Italia, Unicredit, Dnv Gl, Poste Italiane, Ernst Young e Consulcesi Tech – nel corso dei lavori del convegno «Blockchain for business. Come la Blockchain rivoluzionerà il modo di operare delle imprese, organizzato ieri a Milano da Casaleggio Associati. Dunque, mentre questa nuova tecnologia (apparentemente per pochi adepti) sta letteralmente rivoluzionando i piani di business delle imprese più avanzate e penetrando i progetti di innovazione delle pubbliche amministrazioni, a livello mondiale, l’Italia sul piano normativo è al palo. Eppure, il governo italiano ha inserito lo sviluppo della blockchain come priorità nella manovra per il 2019. E ad essa ha destinato finanziamenti per 45 mln di euro (15 mln di euro l’anno per il triennio 2019-2021), da condividere, però, anche con lo sviluppo di attività di Intelligenza artificiale e Internet delle Cose.
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