Nel primo semestre del 2017 la redditività delle compagnie italiane ha registrato andamenti differenziati tra il ramo vita e quello danni: nel primo il ROE si è ridotto al 4,6 per cento; nel secondo è salito al 6,7; nel ramo danni gli oneri e le spese di gestione si mantengono contenuti in rapporto ai premi (combined ratio).
E’ quanto emerge dal Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia.
Negli ultimi mesi i timori degli investitori circa l’esposizione dei portafogli obbligazionari delle compagnie di assicurazione italiane a un rialzo dei premi per il rischio di credito hanno frenato l’aumento dei corsi azionari e degli utili attesi, cresciuti in misura inferiore rispetto alla media dell’area dell’euro.
Nel primo semestre del 2017 l’indice di solvibilità è aumentato al 229 per cento, oltre il doppio del requisito prudenziale minimo (fig. 2.18.c). Gli effetti della diminuzione dei corsi dei titoli di Stato osservata in questo periodo sono stati più che compensati dalla maggiore disponibilità di fondi propri derivante dall’apprezzamento dei titoli privati e delle quote dei fondi di investimento nel portafoglio.
L’indice medio delle società assicurative è ben al di sopra del requisito minimo, anche escludendo il beneficio derivante dall’applicazione delle misure di garanzia a lungo termine previste dal regime Solvency II per attenuare gli effetti della volatilità dei prezzi di mercato sugli indicatori di solvibilità.
Il capitale di migliore qualità (tier 1) è pari al 92 per cento del totale, un valore ampiamente superiore al livello del 50 per cento previsto da Solvency II.
Per le compagnie italiane i rischi derivanti dall’attività di investimento sono maggiori di quelli strettamente connessi con l’attività assicurativa. Rispetto a quelle degli altri principali paesi europei, le imprese assicurative italiane risultano meno esposte a un rialzo dei tassi di interesse privi di rischio, per effetto del buon allineamento della durata finanziaria di attività e passività; sono invece più soggette al rischio di un aumento degli spread sui titoli di Stato a causa dell’elevato peso di tali investimenti nei loro portafogli.
Rispetto agli altri principali paesi europei, le compagnie che operano in Italia si caratterizzano anche per una quota più contenuta di obbligazioni del settore privato. Oltre il 90 per cento di tali titoli sono provvisti di rating: di questi, la quasi totalità ha una valutazione investment grade.