PREVIDENZA
Autori: Alberto Cauzzi e Maria Elisa Scipioni
ASSINEWS 291 – novembre 2017
“Quando andrò in pensione?”
È la domanda che molti si pongono, ma la cui risposta a oggi risulta affatto immediata e scontata, soprattutto da quando le ultime riforme in materia hanno reso “mutevole” nel tempo i requisiti necessari per poter mettersi a riposo.
La storia degli ultimi 20 anni del sistema previdenziale è costellata di interventi di riforma, quasi sempre connotati da scalini, scaloni, lievitazioni, blocchi temporanei dei canali di concessione della pensione.
Fino al 2010 il legislatore interveniva con provvedimenti appositi ed espliciti nel ritocco dei requisiti di età e contribuzione, ma con la legge 102/2009 (riforma Sacconi-Brunetta) la “lievitazione” dei requisiti ha assunto natura automatica, perché viene agganciata alla speranza di vita misurata dall’ISTAT.
Il meccanismo, che sarebbe dovuto entrare in vigore nel 2015, è stato poi anticipato al 2013 dalla manovra economica 2011.
Infine la “recente” riforma Fornero, nel ribadire il principio, ha agganciato a tale meccanismo non solo l’età minima di vecchiaia, ma anche il requisito contributivo relativo all’anzianità e portato, a partire dal 2019, da 3 a soli 2 anni la frequenza degli adeguamenti dei requisiti.
Ed è proprio in questi giorni che l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ha confermato e certificato l’aumento della speranza di vita: la speranza di vita media a 65 anni è salita a 20,7 (19,1 per gli uomini e 22,3 per le donne) più 5 mesi rispetto al 2013.
Ciò sta a significare che a partire dal 2019, salvo provvedimenti legislativi in senso contrario di cui ad oggi se ne sta molto discutendo, per maturare il diritto alla pensione saranno necessari 5 mesi in più.
Ma ricapitoliamo quelli che sono i requisiti a partire dal 2018.
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