di Andrea Montanari
La famiglia Malacalza vuole mantenere il controllo di fatto della banca puntando ad arrivare al 28% post aumento di capitale. Il socio Aldo Spinelli (1,5%) dal canto suo sta chiamando a raccolta i genovesi per rafforzare la presenza locale nel capitale della banca. Infine, l’imprenditore Gabriele Volpi non si sa ancora se incrementerà il suo attuale 6% o se, invece, mollerà il colpo vista la distanza di pensiero e visione rispetto a Malacalza e visti i problemi che ha sul fronte industriale in Africa. E mentre i vertici della banca cercano di trovare una soluzione definitiva al problema patrimoniale che da anni affligge la banca ligure (ha già portato a termine tre aumenti di capitale negli ultimi 8-9 anni per un ammontare complessivo superiore ai 2,5 miliardi), il mercato si interroga sul futuro dell’istituto.
Un percorso non semplice che, come già emerso nelle scorse settimane e riferito da questo giornale, apre a scenari di aggregazione e consolidamento. Un primo candidato alle nozze con Carige è il gruppo bancario-assicurativo UnipolSai . Il progetto, come ha riferito nelle scorse settimane MF-Milano Finanza, vedrebbe il coinvolgimento dell’emiliana BPer .
Il piano piace in particolare al gran capo della compagnia assicurativa bolognese, Carlo Cimbri, che punta non solo a mettere in sicurezza Unipol Banca ma anche a diventare a sua volta un banchiere a tutto tondo. Il progetto però, scorrendo gli annali, non è certo nuovo. Perché era la carta segreta, l’asso nella manica di Giovanni Berneschi, l’ex plenipotenziario di Carige e colui che ha portato la banca a questa difficile situazione patrimoniale. Non per nulla lo stesso Berneschi nel 2005 si era avvicinato a Unipol , avendo portato la banca genovese nella cordata guidata dalla Banca Popolare Italiana di Giampiero Fiorani che voleva scalare la compagnia emiliana. Il progetto aveva anche una sponda nel mondo cooperativo, azionista tramite Coop Liguria (nel patto, cui faceva capo il 6%, capitanato da Berneschi) di Carige .
Ma la strada verso il salvataggio dell’istituto ligure non passa solo per UnipolSai . Sul mercato c’è chi ipotizza l’applicazione del modello-Mps , ma non è affatto detto che l’istituto ligure venga considerato «sistemico» come Rocca Salimbeni (le dimensioni sono decisamente diverse), e quindi l’intervento dello Stato non è così facile e scontato. Quindi la terza via è quella che porterebbe alla soluzione sulla falsariga delle banche venete. Con il coinvolgimento di un istituto di grosse dimensioni. E chi se non quell’Intesa Sanpaolo , che ha preso in carico gli attivi di Popolare Vicenza e Veneto Banca, che potrebbe così completare l’espansione nel Nord unendo la Liguria a Lombardia e Piemonte? Ovvio che la banca guidata dall’ad Carlo Messina ora si sta concentrando nel Nord-Est e potrebbe fermarsi qua. Ma, escludendo Unicredit , sarebbe il soggetto più idoneo anche a questo tipo di operazione. Del resto, già in epoca non sospetta – correva l’anno 2008 – era lo stesso Berneschi a sostenere che Giovanni Bazoli, oggi presidente emerito di Intesa , voleva ampliare la sua rete in Liguria andando a conquistare proprio la Carige . (riproduzione riservata)
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