di Stefania Peveraro
«Le ambizioni di Carlo Messina nel mondo assicurativo non ci fanno paura. Anzi ci conforta il fatto che una banca così importante abbia la nostra stessa percezione delle opportunità che il settore offre in Italia». Lo ha detto Erik Stattin, ceo del gruppo Phlavia Investimenti, rispondendo a una domanda del pubblico in occasione del suo intervento al Caffè di BeBeez, al quale sono intervenuti anche Andrea Battista, ex ad di Eurovita, ed Eugenio Preve, il partner del fondo private equity Cinven che ha seguito l’acquisizione di Eurovita da JC Flowers. Messina a fine settembre aveva detto che il suo obiettivo è rendere la banca una delle principali compagnie assicurative danni in Italia entro quattro anni, e la prima nei quattro anni successivi, aggiungendo che «sul vita siamo già la numero uno». In ogni caso, ha detto Stattin, «è una compagnia captive e che quindi ha un approccio molto diverso dal nostro. Il che significa che non può essere un nostro concorrente, perché i canali distributivi sono diversi». Una considerazione che ha visto d’accordo Battista che, uscito dal gruppo in concomitanza con la staffetta tra i fondi JC Flowers e Cinven nel capitale di Eurovita, sta gestendo il passaggio di consegne a Stattin, ma ha allo studio «possibili opportunità nel ramo danni e nell’insurtech». Phlavia Investimenti è stata creata negli ultimi 18 mesi dal fondo Cinven con l’acquisizione delle attività italiane di Ergo, di Old Mutual Wealth Italy e infine di Eurovita. Le compagnie si fonderanno a fine anno, con la nuova entità che prenderà il nome di Eurovita. Ha aggiunto Stattin, «non ci fermeremo qui.
Ci sono tante opportunità di crescita in Italia, per via sia organica che esterna. Abbiamo acquisito tre compagnie in grado di presidiare ciascuna un canale distributivo nel Vita e su questo fronte ciascuna business unit manterrà la sua identità. Ma poi beneficeranno del fatto di far parte di un gruppo e quindi di economie di scala e sinergie in grado di rendere più redditizio il business, in un momento in cui gli oneri regolamentari sono molto più importanti: se prima con Solvency 1 avere 5 miliardi di euro di riserve poteva bastare a sostenerne i costi, con Solvency 2 ce ne vogliono almeno 15-20. Cifra che abbiamo raggiunto, ma che vogliamo veder crescere in fretta. Le possibilità di acquisto sono ancora parecchie. Negli ultimi mesi abbiamo studiato almeno quattro dossier per 15 miliardi di riserve. Alcuni di essi sono stati ritirati, mentre altre aste le abbiamo perse. Ma ci sono altre opportunità in giro». Limiti di spesa non ci sono. «Se c’è qualcosa di interessante per proseguire nel consolidamento, si può comprare», ha detto Preve. Quanto a Solvency 2, Battista e Stattin hanno sottolineato che le nuove norme di vigilanza sulle assicurazioni rendono molto più oneroso l’investimento in equity, specie quello non quotato, perché richiedendo molto più capitale di vigilanza riducono brutalmente i rendimenti, ma favoriscono l’investimento in private debt. (riproduzione riservata)
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