Pericolosità naturale, vulnerabilità del territorio specifico (data dalla resilienza degli edifici) ed esposizione (a cominciare dalla densità abitativa) sono i tre parametri di misurabilità del rischio sismico, masolo il 6% degli italiani è consapevole di vivere in un territorio soggetto a movimenti tellurici particolarmente dannosi. Investire in prevenzione costa un decimo della spesa per la ricostruzione in seguito ad eventi naturali disastrosi, eppure l’estensione assicurativa contro le catastrofi naturali è limitata al solo 2% delle unità abitative assicurate per incendio, e di queste circa l’80% è situato nel Nord Italia.
“Analizzando i dati Ingv sembra che gli italiani non siano ancora pienamente coscienti dei reali rischi che si corrono continuando a costruire con le stesse modalità e nei medesimi luoghi inadeguati – commenta Alessandro De Felice, Presidente di ANRA – Secondo l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), infatti, non sta accadendo nulla di diverso dal passato: i terremoti sono manifestazioni a-periodiche, ma in media ogni secolo la nostra Penisola conta una ventina di eventi sismici calamitosi. Oggi, però, grazie all’unione di geoscienze e informazioni storiche, è possibile ridurre gli elementi di imprevedibilità del terremoto ipotizzando la magnitudo attraverso lo studio approfondito delle aree geografiche: esistono zone dove la pericolosità sismica è maggiore, come i territori dell’asse della catena appenninica, della fascia pedemontana alpina insieme a qualche zona interna delle Alpi. In termini di magnitudo, l’Ingv attribuisce a queste aree una potenza massima raggiungibile di almeno 7.5”.
Ma secondo lo stesso studio solo il 6% degli italiani sa di vivere in un territorio sismico, pertanto è evidente la necessità di diffondere la cultura del rischio sismico, misurabile come prodotto di tre diversi parametri: la pericolosità naturale, la vulnerabilità del territorio specifico, che è data dalla resilienza degli edifici, e l’esposizione, a cominciare dalla densità abitativa. È poi necessario investire nella ricerca scientifica per aumentare la conoscenza dei fenomeni e adottare le migliori pratiche politiche. I rischi di catastrofe naturale in Italia sono anche altri, come le criticità idrogeologiche attestate da oltre 500 mila frane censite, e la presenza di numerosi vulcani (il Vesuvio, l’Etna, le isole di Vulcano e Stromboli). Sempre l’Ingv ha recentemente attivato anche una rete per il monitoraggio del rischio tsunami correlato a terremoti che potrebbero interessare in particolare le coste tirrenica e ionica, dove la tettonica è più intensa e il maggiore gradiente batimetrico può favorire il coinvolgimento di volumi di masse d’acqua imponenti.
Secondo l’Ania, i danni conseguenti a catastrofi naturali registrati nel 2016 ammontano al doppio di quelli dell’anno precedente, ma la percentuale delle perdite assicurate è rimasta sostanzialmente invariata. I dati raccolti dall’Ania dimostrano come attualmente l’82% delle polizze incendio attive riguarda le unità abitative, il 13,5% i fabbricati e solo il 4,4% le unità commerciali, mentre l’estensione per le catastrofi naturali è inclusa solo nel 5% delle polizze. Si tratta comunque di un dato in crescita: alla fine di settembre 2016 erano oltre 400.000 le polizze con la copertura per il rischio terremoto e/o alluvione, mentre nel 2009 erano soltanto 35.000. Le unità abitative assicurate sono prevalentemente dislocate nel Nord Italia, con una maggiore concentrazione nell’area del Veneto, della Lombardia, del Piemonte, dell’Emilia Romagna e parte del Friuli-Venezia Giulia. A livello provinciale risulta che in quasi tutto il Nord Italia più di un’abitazione su due è assicurata contro l’incendio, mentre nel Sud, nella maggior parte dei casi, tale percentuale non supera il 20%. Decisamente più limitata l’estensione contro le catastrofi naturali: degli oltre 12 milioni di unità abitative assicurate per l’incendio, solo 610.000 (pari al 2%) hanno questo tipo di tutela (principalmente per terremoto e/o alluvione) e di queste circa l’80% è situato nel Nord dell’Italia.
“Le perdite economiche derivate da catastrofi naturali, secondo i dati Ania, hanno raggiunto nel 2016 il valore di 43 miliardi di euro, eppure la penetrazione delle polizze assicurative dedicate non va ancora oltre il 30% – afferma Alessandro De Felice, presidente di ANRA – Più volte si è discusso sull’ipotesi di renderle obbligatorie, ma il permanere della funzione assistenziale dello Stato non ha incentivato fino ad oggi il cambiamento dello status quo. Anche a livello macroeconomico l’allarme lanciato dall’agenzia di rating Standard & Poor’s, secondo cui un grande evento sismico potrebbe comportare un downgrading del livello di affidabilità del debito pubblico italiano, non è certo rassicurante. Il rischio appare dunque sicuramente elevato e affinché si adottino strategie difensive utili nel futuro, basti pensare che la prevenzione costa un decimo della ricostruzione, pur trattandosi di un percorso che richiede decenni per essere completato”.