di Luca Gualtieri
Il primo sì ufficiale è stato quello di Generali , anche se diversi fondi hedge sarebbero propensi ad aderire all’offerta di conversione avviata ieri da Banca Mps su dieci obbligazioni subordinate. In mattinata Consob ha dato luce verde al prospetto e il liability management exercise (lme) è partito alle due pomeridiane con l’obiettivo di chiudersi, salvo proroghe, alle 16 di venerdì e di raccogliere almeno 1,5 miliardi di euro. Nel frattempo in borsa il titolo ha segnato un nuovo brusco calo dopo quello di venerdì 25, lasciando sul terreno il 13,8% a 17,24 euro proprio nel giorno del raggruppamento delle azioni nell’ordine di una a cento.
Lo swap sarà la prima delle tre gambe del piano di rafforzamento della banca senese che, come tappe successive, prevede l’aumento di capitale senza diritto di opzione e il contestuale ingresso degli anchor investor. Le tre operazioni dovranno raccogliere complessivamente cinque miliardi per colmare lo shortfall patrimoniale determinato dal deconsolidamento delle sofferenze. Il numero di bond soggetti a conversione è sceso da undici a dieci visto che sul prestito da 700 milioni non è stato raggiunto il consenso del 50% del nominale necessario per dare avvio all’offerta. Al momento resta escluso dall’operazione anche il Fresh da un miliardo lanciato nel 2008 sul quale però il board dovrebbe esprimersi nella riunione di domani. Se la consegna delle azioni è prevista a valle dell’aumento di capitale, venerdì 25 il cda ha indicato il valore massimo in 24,9 euro. Il valore effettivo delle nuove azioni sarà però fissato attraverso un processo di bookbuilding analogo a quello che avviene per le ipo. Difficile fare previsioni anche se molti analisti scommettono che il prezzo si attesterà molto al di sotto di 24,9 euro, all’incirca tra 15 e 18 euro.
Al momento l’attenzione del mercato è concentrata sui detentori di grandi pacchetti di obbligazioni che entro venerdì pomeriggio dovranno decidere se accettare o meno l’offerta. Il primo sì è arrivato dalle Generali che, come annunciato nelle scorse settimane, ha deciso di convertire tutti i bond subordinati Mps in portafoglio. Altri soggetti sarebbero propensi ad accettare lo scambio, ad esempio alcuni hedge fund come Attestor Capital e un gruppo di investitori esteri assistiti dallo studio legale Paul Hastings. Già oggi potrebbe emergere un primo trend dell’operazione (ieri era ancora troppo presto) e domani il board dovrebbe disporre di un primo quadro complessivo. Proprio sulla base di quegli elementi gli amministratori potrebbero decidere di correggere il tiro, allargando il bacino dell’offerta e includendo anche il Fresh. Su tutta l’operazione vigilerà Consob che presterà particolare attenzione al retail al quale, in via marginale, è rivolta l’offerta della banca. In particolare, spiega il prospetto pubblicato ieri, Mps adotterà un comportamento «non proattivo» verso la clientela, astenendosi dal raccomandare o consigliare l’adesione all’offerta. Non sarà poi consentita l’adesione a chi non abbia profilo Mifid compatibile con il tipo di investimento prospettato. Il cliente che intende partecipare dovrà inoltre fare una dichiarazione «di aver aderito all’offerta di propria iniziativa, senza sollecitazione o erogazione di consulenza da parte dell’intermediario, e di aver ricevuto la sopra citata documentazione informativa».
La conversione sarà ovviamente seguita con grande attenzione anche dalle banche del consorzio. Il pre-underwriting agreement, come spiega il prospetto, prevede infatti che si possa arrivare a un consorzio di garanzia solo nel caso in cui le banche considerino «soddisfacente» l’esito della conversione dei bond, l’attività di pre-marketing e l’avanzamento del processo di deconsolidamento del portafoglio di 27,7 miliardi di sofferenze. Anche se di fatto le banche non hanno dato alcuna indicazione sulla «soglia» minima che conversione e pre-marketing devono raggiungere per poter essere considerati «soddisfacenti». La garanzia, inoltre, potrebbe venire meno in caso «di mutamenti nella situazione politica, finanziaria, economica o valutaria che, secondo il giudizio ragionevole e in buona fede della maggioranza delle banche pregiudicherebbero in modo sostanziale il buon esito dell’aumento». E il pensiero va subito dall’imminente referendum costituzionale italiano. (riproduzione riservata)
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