Nel Private il rapporto con la tecnologia è una medaglia a due facce: sì all’Internet Banking, ma il robo advisor non è ben visto
In un mondo tecnologico, nel quale web, Internet of Things, cloud, dispositivi wearable e smartphone sono sempre più diffusi, anche il settore del Private Banking si sta evolvendo dal punto di vista tecnologico: da una parte (soprattutto all’estero, molto meno in Italia) iniziando ad aprire al robo advisor, un servizio di consulenza robotizzata apprezzato soprattutto dai più giovani; dall’altra con un occhio sempre più attento al settore fintech, cioè quell’area di tecnologia finanziaria che consente di fornire prodotti e servizi finanziari attraverso piattaforme tecnologiche e sistemi «intelligenti» per la gestione del rischio e l’elaborazione di strategie d’investimento complesse.
In Italia, però, questa evoluzione è frenata non solo dalla diffusione ancora troppo blanda della banda ultralarga (tanto che il governo ha lanciato nel marzo 2015 il Piano strategico Banda Ultra Larga, con l’obiettivo di fornire entro il 2020 la copertura a 100 Mbps almeno all’85% della popolazione così da colmare il gap con gli altri Paesi europei), ma anche e soprattutto dal disinteresse che le fasce più anziane dimostrano verso il mezzo tecnologico.
Secondo l’Indagine sulla clientela Private in Italia dell’Aipb, infatti, la maggior parte (il 79%) dei clienti con oltre 64 anni di età (cioè proprio la fascia di clientela che più si serve di servizi Private) non prenderebbe nemmeno in considerazione l’ipotesi di avvalersi di un servizio di consulenza finanziaria online; e se man mano che l’età scende cresce la percentuale di interesse, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare solo il 41% dei 35-54enni si dice attratto da questo tipo di servizio. I clienti Private italiani, insomma, vogliono avere un rapporto personale con il proprio advisor: sarà poi lui, eventualmente, a servirsi di strumenti tecnologici avanzati per la gestione dei patrimoni dei clienti.
Se la consulenza online proprio non convince, infatti, è invece ormai diffusissimo l’Internet Banking, utilizzato dall’81% dei clienti Private, e anche l’app su smartphone è utilizzata nel 41% dei casi. Pochissimi, solo il 16%, leggono invece i commenti della propria banca sui social, «segno forse», commenta l’Associazione italiana Private Banking, «che i social network non sono ancora un territorio molto esplorato da questa industria». In generale, però, chi prova i servizi online ne trae una buona impressione: in particolare, visitare il sito web della banca risulta essere nel 34% dei casi un’esperienza positiva.
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