di Andrea De Biase
Nessun aumento di capitale o cessioni di asset di pregio, come Fineco o la polacca Pekao. Il nuovo piano strategico al 2018 di Unicredit , predisposto dal ceo Federico Ghizzoni e approvato ieri all’unanimità dal consiglio di amministrazione della banca, si basa principalmente su una forte riduzione dei costi operativi per recuperare efficienza e procedere a rafforzare il patrimonio (il Cet 1 è atteso al 12,6%), senza fare ricorso alle risorse dei soci ma in maniera organica attraverso la generazioni di utili, che dovrebbero raggiungere quota 5,3 miliardi a fine 2018 con un ritorno sul capitale tangibile (Rote) dell’11% rispetto al 5% del 2014.
Un recupero di efficienza, fortemente auspicato dai soci (cui è stato indicato un payout del 40%), che Ghizzoni intende raggiungere attraverso un’importante riduzione della forza lavoro, che scenderà di 18.200 unità (di cui 6.900 in Italia) nell’arco del piano, e una razionalizzazione dell’organizzazione del gruppo con la soppressione della subholding in Austria cui fanno attualmente capo le banche nell’Europa centro-orientale, che finiranno così sotto il controllo diretto della capogruppo Unicredit . Queste azioni di efficientamento, che hanno provocato la dura reazione dei sindacati, dovrebbero consentire all’istituto di risparmiare a regime circa 1,6 miliardi di euro l’anno, portando il cost/income ratio (uno dei principali indici di efficienza) al 50% dal 61 attuale. La riduzione dei costi sarà però accompagnata anche da 1,2 miliardi di investimenti cumulati fino al 2018 nelle attività di digital banking. Entro la fine del piano Unicredit ritiene che la quota di transazioni effettuata su canali remoti arrivi al 90%. Di conseguenza circa 1.500 filiali saranno chiuse o dotate di un format più flessibile.
Sul fronte dei ricavi Ghizzoni proverà a far leva ancora una volta sull’importante presenza internazionale del gruppo. Il piano prevede una maggior allocazione di capitale nell’Europa centro-orientale e in Polonia con l’obiettivo di aumentare i crediti verso clientela di 22 miliardi entro il 2018. La strategia sarà focalizzata sull’acquisizione selettiva di nuovi clienti nei segmenti retail e corporate, con circa un milione di nuovi clienti l’anno nel corso del piano. Allo stesso tempo sia nei mercati più maturi (Italia, Germania e Austria) sia nelle province dell’est Unicredit proverà a incrementare i ricavi da commissioni facendo leva su attività a basso assorbimento di capitale, come la gestione del risparmio, area presidiata dalla nuova joint venture tra Pioneer e Santander (ieri è stato sottoscritto l’accordo vincolante e il merger si completerà nel 2016), l’asset gathering, dove la quota di mercato di Fineco (considerata strategica e incedibile) è attesa in crescita, e il private banking. In termini numerici il management diUnicredit ritiene di poter incassare circa 2 miliardi di commissioni addizionali su un totale 9,6 miliardi di commissioni al 2018.
Per quanto riguarda invece le cessioni di asset, il piano prevede un attento monitoraggio delle attività bancarie del gruppo con l’impegno a cedere o ristrutturare quelle poco redditizie. Dopo la cessione della banca in Kazakhstan e il cantiere aperto su Ukrsotsbank in Ucraina, il management di Unicredit ha avviato valutazioni analoghe sulle attività retail in Austria e sul business del leasing in Italia. La banca, secondo quanto indicato ieri, «ritiene di realizzare la cessione o la ristrutturazione di tali business entro fine 2016».
Resta ora da capire quale sarà la reazione del mercato al nuovo piano strategico. Ieri, dopo la pubblicazione delle prime indicazioni, il titolo Unicredit aveva preso quota a Piazza Affari, bruciando via via tutti i guadagni (chiusura: -0,08% a 5,91 euro) dopo la presentazione del piano agli analisti, che oggi emetteranno i loro primi verdetti. (riproduzione riservata)