di Luca Gualtieri
In tempi non sospetti fu proprio il Wall Street Journal ad accorgersi che in Italia c’era un tesoro da conquistare. Oggi, quindi, non deve stupire l’interesse degli investitori internazionali per l’asset management tricolore, anche se l’offerta non vincolante da 1 miliardo presentata da Atlas Merchant Capital per Arca sgr ha riacceso ufficialmente i riflettori sul settore.
Partendo dai fondamentali, non c’è dubbio che gli appetiti dei fondi stranieri siano più che giustificati dalle performance.
A settembre l’industria ha raccolto 8,7 miliardi, in aumento rispetto ai 6,4 miliardi di agosto. In totale dalla mappa periodica di Assogestioni, emerge che da inizio anno i flussi nell’asset management sono stati di 120,2 miliardi, sempre più vicini ai 133 registrati in tutto il 2014. Il trend si spiega facilmente. I bassi tassi convincono un sempre maggior numero di famiglie a cercare nei fondi alternative di investimento dai rendimenti potenzialmente interessanti. Ecco perché per le banche il risparmio gestito è diventato una fonte di reddito molto più potente dell’intermediazione del denaro. Di qui la forte spinta da parte degli istituti bancari sul collocamento allo sportello di quote di fondi gestiti dalle rispettive sgr. In base alle stime di Barclays, nel primo semestre del 2015 i ricavi da commissioni delle principali banche italiane hanno raggiunto il 40% dei ricavi totali (circa il 50% fa riferimento al margine di interesse e circa il 10% al trading). E più di un terzo di queste commissioni fanno capo alle attività di risparmio gestito.
È pur vero che la geografia del comparto sta cambiando profondamente, con l’uscita delle grandi popolari, alle prese con le svalutazioni, e l’avanzata tra le protagoniste delle banche-reti specializzate in consulenza.
Attorno a questi player potrebbe giocarsi il risiko dei prossimi anni, partendo proprio dal dossier Arca. Anche se al momento sul tavolo delle banche azioniste ci sarebbe solo la lettera di Atlas, le banche d’affari starebbero sottoponendo il dossier anche a numerosi fondi di private equity. Una società come Arca sgr, ad esempio, potrebbe interessare a Cvc che nel 2014 era in lizza per il 50% di Pioneer Investments, l’asset manager di Unicredit (poi conquistato dal Banco Santander ). Il dossier potrebbe finire anche sulla scrivania di Clessidra che proprio all’inizio di quest’anno ha liquidato la partecipazione in Anima pari al 7,48% del capitale. Senza dimenticare che il fondo di Claudio Sposito si è recentemente aggiudicato un altro asset del mondo delle popolari in cordata con Advent e Bain, cioè l’Istituto Centrale delle Banche Popolari (Icbpi).
In aggiunta, il mercato scommette sulla discesa in campo di un altro big nazionale dell’asset management, cioèAnima . Il gruppo guidato da Marco Carreri e presieduto da Claudio Bombonato si è candidato da tempo al ruolo di polo aggregante del settore, pur non dedicando particolare attenzione a società di gestione di taglia medio-piccola. Proprio mercoledì 4 Mediobanca ricordava in un report che «le sinergie potenziali realizzabili con un partner industriale come Anima sono significativamente più elevate di quelle ottenibili con un fondo di private equity». Gli stessi analisti, però, riconoscono che il miliardo di enterprise value messo nero su bianco nell’offerta di Atlas è «estremamente generoso perché implica un rapporto prezzo-utili 2014 di 38, rispetto al p/e di 23 di Anima e un rapporto prezzo-masse gestite di 3,5».
Se insomma i pretendenti non mancheranno, la partita comunque non sarà semplice. Tanto per cominciare la gara si prospetta ipercompetitiva, perché la cifra messa sul tavolo da Atlas è assai generosa: una parte fissa per 740 milioni (pari a 11 volte l’ebitda 2015 di Arca, stimato in 66-67 milioni) più una parte variabile fino a 260 milioni, per la quale invece si dovrebbe attendere un periodo di 24 mesi. In più, secondo un operatore del settore, il problema principale della gara potrebbe essere rappresentato dal futuro della rete distributiva di Arca. Il risiko delle banche popolari, atteso per il 2016, potrebbe infatti ridisegnare in profondità questa componente del sistema bancario italiano che è poi il fondamentale network commerciale per i prodotti Arca. Resta infine da capire quali saranno le scelte degli azionisti della società milanese guidata dall’amministratore delegato e direttore generale Ugo Loser e presieduta da Guido Cammarano. Alcuni soci di peso, infatti, avrebbero preferito, almeno per qualche, mantenere ancora il controllo del gruppo e tenere il fondo in minoranza, ma evidentemente Atlas non è di questa opinione. (riproduzione riservata)