Viste come clienti, nel giro di 15 anni, le donne varranno per il mondo assicurativo 1.700 miliardi di dollari di premi. Ovvero circa il 20% del totale. Ma se si guarda ad esse come manager di compagnie la strada da fare è ancora lunga, specie in Italia, dove il divario appare ancora alto e crescente man mano che si sale di responsabilità.
La fotografia è emersa durante il convegno Women in Insurance, organizzato da Valore D, associazione di grandi imprese creata nel 2009 per sostenere la leadership femminile in azienda, insieme ad Axa Italia. «Come clienti le donne sono destinate ad avere un peso crescente nelle assicurazioni mondiali a causa dei cambiamenti nello status socio economico», ha dichiarato Gaelle Olivier, ceo di Axa Asia P&C presentando il report Sheforshield realizzato da Axa e Accenture. Un livello di istruzione scolastica sempre più elevato, la crescente partecipazione al mondo del lavoro e l’aumentata capacità di spesa delle donne «obbligheranno le imprese a rivedere la propria offerta per adeguarla meglio alla domanda femminile, con le donne che appaiono più consapevoli del rischio rispetto agli uomini e più propense a investire per proteggere se stesse e la propria famiglia», ha spiegato Olivier.
Le previsioni di crescita della domanda di polizze da parte della donne a livello mondiale sono sorprendenti: oggi l’ammontare globale dei premi annui che fanno capo al mondo femminile è pari a 770 miliardi di dollari, il 17% dei 4.600 miliardi complessivi, ma entro il 2030, secondo il report Sheforshield salirà a un valore compreso tra 1.450 e 1.700 miliardi di dollari. Uno sviluppo che riguarderà in particolare il ramo Salute, con le donne che oggi sottoscrivono premi per 43 miliardi di dollari ma, secondo le stime, la cifra salirà a 184 miliardi nel 2030, mentre il Vita e il Danni raddoppieranno, rispettivamente da 448 a 963 miliardi e da 279 a 554 miliardi.
Se si analizza il ruolo delle donne nelle imprese assicurative italiane, il loro peso sta crescendo, ma molto più lentamente rispetto ad altri comparti e appare evidente la difficoltà di arrivare al vertice. Se infatti come dipendenti complessivi del settore c’è ormai una sostanziale parità, con un 48% di donne rispetto al 52% di uomini (fonte Ania) il divario si fa decisamente più ampio quando si sale di ruolo. Nel middle management il peso delle donne scende al 24% e si assottiglia ancora al 13,6% se si guarda ai dirigenti, ovvero al top management. Un dato, quest’ultimo, in crescita del 10% rispetto al 2013, ma ancora basso. «Il settore assicurativo, e più in genere finanziario, è chiaramente quello dove le donne hanno avuto più difficoltà a entrare e a restare nei ruoli di vertice», spiega Claudia Parzani, presidente di Valore D e avvocato d’affari, è partner di Linklaters, oltre che consigliere di Allianz Italia, «Non solo per i pressanti orari di lavoro che non è facile conciliare con il ruolo di madre, ma anche perché in questo comparto contano molto la rete e le relazioni, e finora il settore è stato molto chiuso». Ora però anche il mondo delle polizze sembra essersi reso conto che avere donne nei ruoli di vertice migliora il business e i prodotti, vista anche la crescente domanda femminile. Ma spesso non è facile «trovare manager adeguate perché il settore, chiuso in se stesso, non le ha cresciute all’interno negli anni passati», aggiunge Parzani, «e non sempre si riesce a guardare ad altri settori vista la necessità di alte competenze e relazioni». L’alternativa è guardare a manager internazionali, ma in questo caso si devono mettere in conto costi più alti. Mentre l’altro divario ancora evidente tra uomini e donne che lavorano nel settore assicurativo è proprio quello salariale. «Una differenza che neppure nel nord Europa, dove le donne manager sono di più, hanno ancora eliminato», conclude Panzari, «e che in Italia sarà probabilmente più difficile colmare, anche quando le donne riusciranno ad avere più peso nei vertici aziendali». (riproduzione riservata)