di Marcello Bussi
Chi si attendeva un ribasso delle borse dopo le stragi di Parigi ha la memoria corta. Eppure non è passato nemmeno un anno dall’attentato a Charlie Hebdo, avvenuto lo scorso 7 gennaio di mattina, quindi a mercati aperti. Ebbene, quel giorno la borsa di Parigi ha chiuso in rialzo dello 0,7%. E il giorno successivo, quando era ben chiaro il quadro della situazione e si poteva cominciare a ragionare a mente fredda, il Cac 40 ha fatto un balzo in avanti del 3,6%.
Certo, le dimensioni dell’attacco di venerdì scorso non sono paragonabili con gli eventi di gennaio. Eppure la reazione è stata simile: la borsa di Parigi ha chiuso in calo dello 0,1%. Lo stesso ha fatto Piazza Affari, mentre Francoforte ha guadagnato lo 0,1%. Cinica indifferenza o ammirevole sangue freddo? Qualcuno, come Alessandro Fugnoli di Kairos, sospetta che, vista la bassa volatilità della seduta, i mercati siano stati in qualche modo «governati», un po’ in stile cinese.
L’attacco di venerdì scorso è stato subito ribattezzato l’11 settembre dell’Europa, ma bisogna ricordare che il vero 11 settembre, quello del 2001, spinse la Federal Reserve, all’epoca guidata da Alan Greenspan, a una serie di tagli dei tassi d’interesse che hanno portato i Fed Fund dal 3 all’1% nel giugno 2003, livello al quale rimasero incollati per quasi un anno.
Non per niente, ieri Peter Cardillo, Chief Market Economist di Rockwell Global Capital in un’intervista a Class-Cnbc ha dichiarato che «gli eventi di Parigi potrebbero portare la Fed a ritardare il rialzo dei tassi nel 2016». Per non dire degli effetti sulla Bce: il rafforzamento del QE nella riunione del 3 dicembre è dato per certo. E potrebbe anche essere più forte del previsto. Il vice di Mario Draghi, il portoghese Vitòr Constancio, ha detto infatti che gli attentati di Parigi potrebbero avere conseguenze sulla fiducia e «ampliare» i problemi che già ci sono, per poi ribadire che la Bce continuerà ad acquistare asset «finché non assisteremo a un aggiustamento sostenuto del trend dei prezzi». E ieri l’inflazione in Eurolandia si è confermata al misero 0,1% di ottobre. Ieri è sceso in campo anche il membro del comitato esecutivo della Bce, Benoit Coeuré, affermando che l’istituto di Francoforte «non vede asset sopravvalutati», ma «ci sono solo piccole bolle in alcuni mercati».
Più chiaro di così. Sembra proprio che la Bce sia pronta a estendere i suoi acquisti anche ai bond emessi dagli enti locali, i cosiddetti muni-bond. Gli operatori, quindi, vedono in modo molto favorevole il futuro prossimo, con un rafforzamento del Qe in Europa e un possibile rinvio del rialzo dei tassi negli Usa. Questo conta per i mercati, e lascia sullo sfondo il drammatico proclama davanti al Parlamento francese riunito a Versailles, del presidente François Hollande: «Siamo in guerra». Il presidente ha annunciato che lo stato di emergenza verrà esteso di tre mesi e ha chiesto di modificare l’articolo 36 della Costituzione che lo riguarda per rafforzare la lotta all’Isis. Hollande ha poi rivelato che la portaerei nucleare Charles de Gaulle «partirà giovedì per raggiungere il Mediterraneo orientale. Ciò triplicherà le nostre capacità operative. Non ci sarà respiro né tregua». La guerra però non ha spinto al rialzo i prezzi del petrolio, come logica vorrebbe, soprattutto pensando che si tratta di conflitto in Medio oriente. Invece a Londra il prezzo del Brent è sceso dello 0,3% a 44,31 dollari al barile, mentre più volatile è stato l’andamento del Wti a New York, dove a un certo punto è persino sceso a 40,06 dollari per poi risalire a 41,53 (+1,9%). Niente di drammatico, quindi. Mentre l’oro è rimasto praticamente invariato a 1.081,90 dollari l’oncia. L’euro ha invece perso lo 0,7% a 1,0695 dollari proprio in vista del super Qe.
In definitiva, gli unici titoli che hanno sofferto sono stati quelli del turismo e del lusso: a Piazza Affari, Salvatore Ferragamo ha perso il 4,3%, Moncler l’1,4%; a Parigi Lvmh ha perso l’1,6%, ma l’unico ad avere davvero subito un brutto colpo è stato il gruppo alberghiero Accor (-4,6%). Secondo Lorenzo Alfieri, Country Head per l’Italia di JP Morgan Asset Management, «nel breve periodo l’effetto psicologico» delle stragi parigine «potrà creare maggiore volatilità. Ma il mercato in questo momento non ritiene, pur ovviamente nella gravità della situazione, che le dinamiche siano tali da determinare cambiamenti del quadro macroeconomico» e alterare componenti come «i consumi. Al momento l’attenzione resta sui dati macro, che non sembrano poter peggiorare. La vicenda per ora non influenza neanche le scelte degli investitori», è la conclusione di Alfieri. Concordano gli economisti di Credit Suisse, secondo i quali «nel complesso l’impatto economico» degli attacchi a Parigi in Europa «dovrebbe essere limitato» anche se nel breve termine «l’incertezza sui mercati finanziari potrebbe aumentare», ma in ogni caso, se la situazione dovesse peggiorare, la Bce sarà pronta a intervenire. Tutti in attesa del super Qe, quindi, dimenticando che, proprio ieri, il Giappone è tornato in recessione: nel terzo trimestre il pil è diminuito dello 0,8% su base annua. Alla faccia del mega Qe messo in atto dalla sua Banca centrale. (riproduzione riservata)