L’occasione di lavoro è sempre necessaria ai fini dell’indennizzabilità dell’infortunio in itinere.

È presupposto, infatti, che costituisce il criterio di collegamento dell’infortunio con l’attività lavorativa tale da giustificare la tutela differenziata, costituzionalmente garantita, rispetto ad altri eventi dannosi.

A stabilirlo la sentenza n. 17685/2015 della Corte di cassazione, sezioni unite, che così risolve il contrasto giurisprudenziale sul concetto di infortunio «occasionato» dal lavoro sviluppatosi all’indomani della riforma del 2000 (dlgs n. 38/2000).

L’infortunio sul lavoro. È infortunio sul lavoro ogni incidente avvenuto per «causa violenta in occasione di lavoro» dal quale derivi la morte, l’inabilità permanente o l’inabilità assoluta temporanea per più di tre giorni. Occorre, dunque, che ci siano «una causa violenta insieme a una occasione di lavoro». Sono esclusi da tutela gli infortuni conseguenti a un comportamento estraneo al lavoro, quelli simulati dal lavoratore o le cui conseguenze siano dolosamente aggravate dal lavoratore stesso. Sono invece tutelabili quelli accaduti per colpa del lavoratore, in quanto gli aspetti soggettivi della sua condotta (imperizia, negligenza, imprudenza) non assumono rilevanza per l’indennizzabilità dell’evento lesivo, sempreché si tratti di aspetti di una condotta comunque riconducibile nell’ambito delle finalità lavorative.

 

Infortunio in itinere. La tutela dell’infortunio in itinere è disciplinata dall’art. 12 del dlgs n. 38/2000 e prevede che l’Inail tuteli i lavoratori nel caso d’infortuni avvenuti durante il normale tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro. Il c.d. infortunio in itinere può verificarsi, inoltre, durante il normale percorso che il lavoratore deve fare per recarsi da un luogo di lavoro a un altro, nel caso di rapporti di lavoro plurimi, oppure durante il tragitto abituale per la consumazione dei pasti, se non esiste una mensa aziendale. Qualsiasi modalità di spostamento è ricompresa nella tutela (mezzi pubblici, a piedi ecc.) a patto che siano verificate le finalità lavorative, la normalità del tragitto e la compatibilità degli orari. Al contrario, il tragitto effettuato con l’utilizzo di un mezzo privato, compresa la bicicletta in particolari condizioni, è coperto dall’assicurazione solo se tale uso è necessitato. È prevista invece l’esclusione della tutela in «caso d’interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate», per tali intendendosi quelle non dovute a cause di forza maggiore, esigenze essenziali e improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti.

 

L’occasione di lavoro. Ai fini dell’indennizzabilità di un infortunio in itinere è necessaria la presenza di un’occasione di lavoro? Come detto (si veda articolo nella pagina precedente), la giurisprudenza ha fino avuto due diverse visioni in materia, una affermativa e l’altra negativa, in conseguenza dell’introduzione della disposizione dell’art. 12 del dlgs n. 38/2000. Le sezioni unite di Cassazione aderiscono alla posizione affermativa, ritenendo che la risoluzione del contrasto non può che rinvenirsi nel presupposto di richiesta della «occasione di lavoro», perché è esso a costituire il criterio di collegamento con l’attività lavorativa che giustifica la tutela differenziata, costituzionalmente garantita, rispetto ad altri eventi dannosi. In effetti, tale presupposto si è evoluto nel tempo in senso estensivo fino a ricomprendere nella tutela tutte le attività prodromiche e strumentali all’esecuzione della prestazione lavorativa, nonché tutte le condizioni, comprese quelle ambientali e socio -economiche, in cui l’attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore, indipendentemente dal fatto che tale danno provenga dall’apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore. Un solo limite è previsto, ed è quello del c.d. «rischio elettivo» (per «rischio elettivo» si intende un comportamento, contrario al buon senso, adottato dal lavoratore in conseguenza del quale si è verificato un infortunio sul lavoro. In pratica, l’infortunio è causato da un’azione volontaria, palesemente abnorme e svincolata da qualsiasi forza maggiore o necessitata attuata dal lavoratore). Spiega la Corte di cassazione che, l’art. 12 del dlgs n. 38/2000 ha espressamente ricompreso nell’assicurazione obbligatoria la fattispecie dell’infortunio in itinere già elaborata dalla giurisprudenza, inserendola nell’ambito della nozione di «occasione di lavoro» di cui all’art. 2 del dpr n. 1124/ 1965, di modo che è indubbio che il «comma aggiunto» non può che essere pur sempre letto nel quadro del sistema delineato dal citato art. 2, che al primo comma detta la norma fondamentale della materia, ossia che l’assicurazione comprende tutti i casi d’infortunio che siano avvenuti per causa violenta in «occasione di lavoro». In tale quadro, quindi, in primo luogo, anche con riferimento all’infortunio in itinere, già anteriormente al dlgs n. 38/2000 non era «possibile ignorare il preciso elemento normativo dell’occasione di lavoro» (principio questo che è valso a escludere l’occasione di lavoro, in particolare, per gli omicidi in alcun modo connessi con il lavoro, sul rilievo che la «mera presenza» dell’infortunato sul posto di lavoro e la coincidenza temporale dell’infortunio con la prestazione lavorativa, costituiscono soltanto un «indizio» della sussistenza del rapporto «occasionale» e non la prova di esso, posto che non può escludersi, specie quando trattasi di omicidio volontario, che l’evento dannoso sarebbe stato comunque consumato dall’aggressore, ricercando l’occasione propizia anche in tempo e luogo diversi da quelli della prestazione di lavoro. Tale complesso di regole e principi, poi, non risulta in alcun modo derogato per effetto dell’introduzione dell’ipotesi legislativa dell’infortunio in itinere perché il comma aggiunto dall’art. 12 del dlgs n. 38/2000 all’art. 2 del Tu Inail, alle condizioni specificamente previste assimila gli spostamenti necessari per recarsi sul luogo di lavoro all’esecuzione della prestazione, è chiaramente verificabile che non va a incidere sul requisito dell’occasione di lavoro, da riferire, in tal caso al nesso con la necessità degli spostamenti e dei percorsi. Per esempio, in tale prospettiva è stata ravvisata l’occasione di lavoro «nella rapina subita dal lavoratore in itinere e allo scopo di sottrargli il mezzo privato adoperato (motoveicolo), così individuando il collegamento con il lavoro nel possesso di un bene patrimoniale, quale strumento necessario attraverso il quale si realizzava l’iter protetto». Peraltro, aggiunge la sentenza n. 17685/2015 è stato pure affermato che «del resto, più in generale, va considerato che l’itinerario seguito e i mezzi di locomozione adoperati presentano sempre un nesso di occasionalità necessaria con episodi delittuosi diretti a colpire vittime casuali»; mentre, invece, tale nesso legittimamente (e con accertamento di fatto congruamente motivato) era stato escluso dal giudice di merito in un caso di omicidio del lavoratore, a opera di ignoti, nel tragitto percorso per recarsi al lavoro, caratterizzato soltanto da una mera coincidenza cronologica e topografica (costituente, appunto, un semplice indizio, e non una prova, del nesso di occasionalità, peraltro in quel caso anche smentito da altri indizi).

 

Le conclusioni. In conclusione, le sezioni unite ritengono di affermare il principio secondo cui «la espressa introduzione dell’ipotesi legislativa dell’infortunio in itinere non ha derogato alla norma fondamentale che prevede la necessità non solo della «causa violenta» ma anche della «occasione di lavoro», con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale in sostanza venga a mancare la «occasione di lavoro», in quanto il collegamento tra l’evento e il «normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione e quello di lavoro» risulti assolutamente marginale e basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica» (come nel caso in cui il fatto criminoso sia riconducibile a rapporti personali tra l’aggressore e la vittima del tutto estranei all’attività lavorativa e a situazioni di pericolo individuale, alle quali la sola vittima è, di fatto, esposta ovunque si rechi o si trovi, indipendentemente dal percorso seguito per recarsi al lavoro).

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