di Teresa Campo
Mutui meno cari che mai grazie alla felice combinazione fra tassi ai minimi storici (addirittura negativi per quanto riguarda l’Euribor) e spread in costante discesa. Anzi, dai massimi oltre 400 punti base del momento peggiore, gli spread (cioè la maggiorazione sui tassi di riferimento applicata da ciascuna banca) sono scesi quasi fino ai livelli pre crisi, prima cioè del crollo del mercato verificatosi nel 2012.
I risultati, del resto, sono sotto gli occhi di tutti. «I migliori spread offerti del mercato oggi si attestano infatti tra l’1,3% e l’1,5 per quanto riguarda i mutui indicizzati, ma lo stesso vale per quelli a tasso fisso, al massimo con una decina di punti base in più», spiega Roberto Anedda, direttore marketing del gruppo Mutuionline . Il tutto riferito a un finanziamento con loan to value del 50%, ovvero che copre solo la metà del costo dell’abitazione, e durata ventennale.
In questo quadro spiccano Intesa Sanpaolo che con la campagna promozionale lanciata qualche settimana fa ha portato il costo del mutuo a tasso variabile all’1,15% e appena più in alto quello del fisso, seguita sul variabile da Iwbank (tasso 1,4%) e Webank (1,45%) e sul fisso da Unicredit (2,5%) ed Hello bank! (2,65%). Di meglio c’è stato solo un periodo felice che è andato dal 2006 al 2008 quando gli spread medi di mercato si attestavano vicino all’1,10% e non erano rari i casi in cui si riusciva a scendere sotto l’1%, fino allo 0,8-0,9%.
Naturalmente, gli spread citati salgono all’aumentare della durata e soprattutto dell’Ltv, e questo perché le condizioni applicate dalle banche, come logico, peggiorano all’aumentare del rischio dell’operazione. Con Ltv fino all’80%, lo spread medio sale fino all’1,7-1,8%, mentre un’altra decina di centesimi di aggravio dei costi si ha spingendo le durate fino a 30-35 anni.
L’altro fattore positivo è però che oggi le banche sono veramente motivate a erogare nuovi mutui. Finora infatti l’erogato di ciascuna lievitava comunque grazie alle surroghe, ma si tratta di una componente destinata a esaurirsi, e in tempi abbastanza brevi, sia perché ormai molti l’hanno già fatto sia perché in futuro difficilmente si potranno vedere condizioni migliori delle attuali. Per impegnare la grande massa di liquidità messa a disposizione anche dal Quantitative easing della Bce, le banche devono perciò puntare su nuovi mutuatari.
Anche se gli spread non sono ancora ai minimi storici, tuttavia, ai minimi di sempre sono invece i tassi ufficiali (il tasso Bce è allo 0,5%) e quelli che i mutui prendono come riferimento, e cioè Euribor per quelli indicizzati e Irs per gli altri. Anzi, da diversi mesi l’Euribor (a uno e a tre mesi) è addirittura negativo. Non a caso, come mostra la tabella in pagina, nel caso dei mutui a tasso variabile spesso il tasso finito risulta inferiore allo spread applicato, e questo perché nella realtà la somma tra Euribor e spread è oggi diventata una sottrazione. Attenzione, però, perché questo approccio non vale in tutti i casi: proprio per evitare questo fenomeno, infatti, alcune banche applicano un floor all’Euribor, cioè un livello minimo (spesso zero) al di sotto del quale il parametro non può scendere. «Ma questo vale solo per i nuovi mutui e neanche sempre», avverte Anedda. «Su quelli già in essere non è possibile inserire ora un floor, a meno che non fosse già previsto da una clausola».
Spread e tassi ai minimi termini hanno reso particolarmente favorevoli soprattutto i mutui a tasso fisso, certo più cari di almeno un punto, un punto e mezzo, rispetto a quelli indicizzati, ma con la certezza di rimanere ai livelli attuali per sempre. Non solo: in termini di rata la differenza tra i due (presupponendo mutui di durata e Loan to value identici) è di 45-50 euro al mese, divario non enorme e che per di più si annullerà rapidamente al minimo rialzo dei saggi di interesse. (riproduzione riservata)