Circa 600 milioni a disposizione per lo shopping, che risultano sommando una posizione finanziaria più forte che mai di circa 350 milioni a una provvista di circa 250 ottenuta emettendo un’obbligazione convertibile che andrà al rimborso tra cinque anni. È il tesoretto su cui può contare Pietro Giuliani, numero uno di Azimut (società che, per inciso, si appresta a chiudere il 2015 con altri 250 milioni di utili), per partecipare al risiko bancario che si giocherà sul mercato italiano, dove molti gruppi si trovano per varie ragioni a dover fare cassa.
Quella cassa che Azimut , per l’appunto, ha in abbondanza e che pone il gruppo milanese del risparmio gestito nella conclamata condizione di compratore. Ma non di qualsiasi cosa e non a qualsiasi prezzo, come tiene a specificare il ceo.
Domanda. Tra i pezzi più ambiti c’è Arca sgr. Interessato?
Risposta. Direi che non fa al caso nostro. Azimut è un gruppo che unisce gestione del risparmio e distribuzione dei prodotti finanziari. Più che a un contenitore di masse da gestire siamo interessati ad accordi commerciali per rafforzare la rete distributiva dei nostri prodotti. Comprese le strutture bancarie, che sono il polmone per esempio di società come Arca. Su questi fronti il risiko bancario potrebbe cambiare gli attuali equilibri e far emergere opportunità.
D.Quali sono i target più interessanti per una società come Azimut ?
R.
Immagino che le integrazioni più semplici e più naturali sarebbero quelle con società che propongono il nostro modello: rete di distribuzione più eventuali società prodotto. Oggi molti gruppi bancari attivi in Italia, ma non solo di matrice italiana, hanno necessità di fare cassa. A questo punto una soluzione ragionevole sarebbe unire le forze con le nostre: noi potremmo contare su un canale distributivo in più per i nostri prodotti e la controparte a sua volta potrebbe avere a disposizione la rete dei nostri promotori e banker per distribuire i suoi prodotti, bancari e assicurativi, del risparmio gestito o altre tipologie di servizi finanziari.
D.È una soluzione che potrebbe richiedere l’acquisizione della struttura di vendita e anche di alcune società prodotto. Ma anche il fattore prezzo ha la sua importanza, giusto?
R. Molta importanza, infatti non siamo disposti a pagare troppo bensì il giusto; penso che un multiplo ragionevole potrebbe essere attorno a 12 volte gli utili. Perché il vero guadagno, anche per chi vende, in realtà è quello successivo, vale a dire il potenziale incremento della raccolta che entrambe le parti avrebbero a disposizione moltiplicando i canali di vendita.
D.Messa in questi termini, sembra fin troppo semplice. Perché non si riesce a concretizzare?
R. Per via delle solite difficoltà che intervengono quando ci sono in gioco vecchi equilibri da spezzare, altri che devono affermarsi, strutture di management che vogliono preservare le loro posizioni, la lentezza di tanti grandi gruppi nell’elaborare soluzioni e prendere decisioni. Gli stessi advisor, che pure conoscono bene questo settore, non mi sembrano molto dinamici su questo versante, secondo me il più ricco di potenziale. Mi auguro che il cosiddetto risiko dia un’accelerazione a questi processi di m&a.
D. Però per poter disporre della sua consistente liquidità Azimut deve completare la trasformazione da sim a sgr, perdere la qualifica di conglomerato finanziario e non avere più avere vincoli sul proprio patrimonio.
R. I passi formali di nostra competenza li abbiamo compiuti. A queste punto ci auguriamo che Banca d’Italia porti a termine il suo iter il più rapidamente possibile. (riproduzione riservata)