di Anna Messia
I loro affari li firmano ancora come i vecchi assicuratori di una volta, vis-à-vis, fissando il premio sul momento e valutando su misura il singolo rischio da coprire. I Lloyd’s di Londra, nati nel 17esimo secolo per assicurare le navi cargo inglesi, sono noti in tutto il mondo perché, grazie alle loro competenze, sono pronti a lavorare con i rischi speciali.
Ovvero quelli che altre compagnie non riescono a garantire perché non ci sono dati storici sufficienti per mettere a punto statistiche attendibili su cui poi calcolare i premi. Sono stati loro a offrire per esempio le prime polizze per le automobili, nel 1900, e sempre loro hanno assicurato i primi aeroplani, come anche i primi viaggi nello spazio. Sono insomma dei pionieri per vocazione e ora sono alle prese con coperture assicurative e rischi nuovi, che spesso non trovano ancora risposte altrove, come spiega Vittorio Scala, country manager Italia del Lloyd’s. Nella lista ci sono «le assicurazioni per attacchi informatici, quelle per i droni o anche le coperture delle auto senza guidatore», continua aggiungendo che «sono molte le aziende che operano nel settore tecnologico che spesso non riescono a commercializzare i propri prodotti innovativi perché non trovano compagnie per assicurarli». Lavorano quindi in un mercato ad alta specializzazione e grazie alle loro competenze sono in grado di assicurare un rischio che purtroppo sta diventando sempre più concreto in questi ultimi anni: quello legato al terrorismo. Proprio i Lloyd’s erano tra gli assicuratori delle Torri gemelle di New York colpite nel 2001 e tutt’oggi sono in prima linea nell’assicurare imprese e governi contro questi rischi. Presenti in 200 Paesi dove complessivamente raccolgono premi per 31 miliardi di sterline (di cui 518 milioni in Italia) i Lloyd’s valutano da vicino il rischio da coprire, anche quello legato al terrorismo, che viene poi assicurato da uno o più dei 94 sindacati che formano la compagnia e che materialmente offrono la garanzia, come fossero singole società di assicurazione, dotate di autonomia decisionale e spesso specializzate per rami di attività. In un incontro di fine ottobre a Piazza Affari con oltre 700 broker i Lloyd’s hanno parlato proprio dei nuovi rischi emergenti e tra questi c’era anche quello del terrorismo che in Italia sembrano però un po’ più contenuto e meno pericoloso per l’economia rispetto ad altri Paesi europei. Il dato emerge dallo studio City risk index, realizzato dalla compagnia insieme all’università di Cambrige che analizza i possibili effetti sul calo del pil di 301 città al mondo in conseguenza di 18 fenomeni come eventi naturali, tra cui maltempo, siccità o terremoti; ma anche a causa di fenomeni determinati dall’uomo, come potrebbe essere il crollo dei mercati, un attacco informatico o appunto un attentato terroristico. Secondo lo studio, a subire i maggiori danni economici per terrorismo tra le principali capitali europee potrebbe essere proprio Parigi, sede degli attentati dei giorni scorsi. Per la capitale francese il rischio viene considerato il decimo in classifica, con un possibile danno sul pil della città di 660 milioni di dollari. Seguono Londra, con un possibile danno di 580 milioni di dollari, Berlino (20 milioni, e Bruxelles (20 milioni). Mentre a Madrid, Roma e Milano il rischio su un calo del pil dovuto a un attentato terroristico scende a 10 milioni. In Italia sembra esserci però anche una minore consapevolezza del rischio crescente. «Per fare fronte alle aumentate richieste di coperture terrostiche in Germania, Francia e Spagna abbiamo dovuto creare consorzi di sindacati che insieme potessero sostenere gli impegni verso gli assicurati. Mentre ad oggi in Italia non registriamo né crescita dei massimali e neppure della domanda», aggiunge Scala. Il sintomo, forse, che la «cronica sottoassicurazione italiana, colpisce anche i nuovi rischi», conclude il country manager. (riproduzione riservata)