di Anna Messia
Si è riaperta la sfida alle agenzie di rating americane. Per adesso non c’è stato un altro divorzio, ma la scelta diUnipolSai di chiedere un giudizio aggiuntivo sulla propria solidità finanziaria alla società di rating cinese Dagong, annunciata venerdì 27 novembre, suona come una nuova provocazione nei confronti di Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch. Era febbraio quando un altro big assicurativo italiano lanciò il guanto di sfida a una delle tre: dopo mesi di braccio di ferro Generali decise di dire addio per sempre a S&P rinunciando al suo rating. L’accusa al colosso americano era di confondere la stabilità di Generali con quella dei Btp. «In Italia una società come la nostra non può avere un giudizio che superi di due nochtes (ovvero due livelli, ndr) quello del debito sovrano», dichiarò il group ceo Mario Greco per motivare la rottura. Come dire che una banca o un’assicurazione può fare di tutto per migliorare la propria stabilità e avere la migliore situazione finanziaria possibile, ma paga pegno per avere sede nel Paese. «Un giudizio che viene dato basandosi su questo criterio è perlomeno scarsamente indicativo», aveva aggiunto Greco. Automatismi che ora hanno spinto anche Unipol a guardarsi intorno per ottenere una valutazione meno rigida e predeterminata da parte di società di rating diverse, in particolare da S&P e Moody’s (mentre i criteri di Fitch sono meno rigidi), trovando appunto risposta a Pechino. Dagong Europe, la società di rating europea attiva nel Vecchio Continente da giugno 2013 e affiliata a Dagong Global Credit (la principale agenzia di rating cinese), ha infatti assegnato a UnipolSai un giudizio tripla B+, di due livelli superiori a quello riconosciuto al debito sovrano italiano e a quello assegnatole da S&P. Mentre la holding Unipol Gruppo Finanziario ha ricevuto un BBB-. Ora, nonostante l’ingresso di Dagong nel mercato del rating italiano non sia una novità assoluta visto che da febbraio anche la Popolare di Sondrio ne ha chiesto i servizi (ricevendo BBB), gli scenari che si aprono sono interessanti. Il giudizio di una agenzia di rating cinese potrebbe per esempio facilitare in futuro l’ingresso di investitori asiatici nel capitale delle società italiane. (riproduzione riservata)