di Luca Gualtieri
Anche se il decreto di domenica 22 non ha fissato una scadenza precisa, i tempi per la dismissione delle quattro good bank nate da Banca Marche, Carife, Etruria e Carichieti saranno serrati. Già nelle prossime settimane potrebbero essere selezionati gli advisor per l’asta, attesa nei primi mesi del 2016.
Al momento comunque le modalità della procedura sono ancora tutte da definire, a partire dal metodo di valutazione dei quattro istituti di credito che finiranno sul mercato. Anche perché multipli e transazioni comparabili non sono molto indicativi in un caso assai particolare come questo. «Il fatto che le good bank siano state completamente ripulite dagli asset problematici potrebbe determinare perfino un certo premio sul book value, visto che si tratterà a tutti gli effetti di un’occasione di acquisto», spiega un analista a MF-Milano Finanza. Se insomma le quattro good bank potrebbero far gola a molti, chi potrebbero essere i potenziali compratori? In termini generali gli esperti puntano su operatori di medie dimensioni, con una vocazione essenzialmente retail e intenzionati a conquistare quote di clientela sul mercato italiano. L’identikit è quello delle banche popolari, che proprio in questi mesi stanno ragionando su possibili aggregazioni a seguito della riforma Renzi-Padoan.
Si sa per esempio che lo scorso anno la Banca Popolare dell’Etruria era finita nel mirino della Bper. In quel caso la manifestazione di interesse presentata per Arezzo non aveva avuto seguito, ma non è un mistero che l’istituto modenese guidato da Alessandro Vandelli punti a un’espansione mirata nelle regioni in cui non è ancora saldamente radicato e che, per il momento, non sembra avere in scaletta una fusione alla pari con altre popolari. La trattativa con la Bpm infatti si sarebbe arenata per questioni di governance e oggi Bper potrebbe essere alla ricerca di opportunità di investimento alternative. Una strada diversa per il gruppo modenese potrebbe essere rappresentata da un’acquisizione della Cassa di risparmio di Ferrara (Carife), che già in passato era finita nel radar. Per Banca delle Marche invece è ipotizzabile un interesse di Ubi, che nell’area adriatica è presente con la controllata Popolare di Ancona. Sempre che il gruppo lombardo guidato da Victor Massiah non decida di procedere nelle trattative con il Banco Popolare per la costituzione di un polo bancario sull’asse Brescia-Verona.
Anche Bpm potrebbe essere della partita, come ha garantito ieri il presidente del consiglio di sorveglianza Piero Giarda: «Ogni banca farà la sua parte».
Se le popolari potrebbero giocare un ruolo rilevante nelle acquisizioni, un intervento di Intesa Sanpaolo e Unicredit appare meno probabile. Anche se non bisogna dimenticare che la Ca’ de Sass ha oggi il 5,84% di Banca Marche e il 20% di Carichieti e che in passato è stata spesso indicata come un possibile cavaliere bianco dei due istituti. Quanto ai gruppi esteri, le reti delle quattro good bank appaiono troppo piccole per interessare a un soggetto non ancora presente in Italia. Diverse sarebbero le cose se la cessione avvenisse in blocco, visto che le reti commerciali di Banca Marche, Etruria e Carichieti formano una fascia omogenea che attraversa l’Appennino dal Tirreno all’Adriatico. Semmai è ipotizzabile un interesse di gruppi esteri già presenti nella Penisola, come il Crédit Agricole che con Cariparma-Friuladria presidia già territori attigui alle reti di Banca Marche e Carife.
In ogni caso per gli analisti l’intervento di soggetti esteri appare meno improbabile rispetto a quello di banche italiane. E Assopopolari arriva perfino a escluderlo con forza: «I provvedimenti del consiglio dei ministri e della Banca d’Italia allontanano scenari europei. Ancora una volta le banche private italiane, che non godono e non hanno mai goduto di aiuti di Stato, dimostrano la propria solidità e la propria capacità di affrontare tempestivamente le situazioni critiche», ha spiegato il presidente di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani. (riproduzione riservata)